il manifesto - 21 Luglio 2002
I fili intrecciati dell'Islam
Approda in Giordania la mostra itinerante L'Islam in Sicilia, che elabora le contaminazioni tra cultura araba e siciliana in chiave contemporanea. Il «Tappeto volante» degli Stalker, ispirato al soffitto della Cappella Palatina di Palermo, installato nell'edificio circolare della City Hall
TERESCA MACRI'
AMMAN
Amman non offre «né estasi né rapimenti» per dirla alla Brandi, alleggerita com'è dalla sua giovane struttura urbana e in cui sopravvivono dell'antico centro, simili a reliquie architettoniche, l'antica cittadella e il Teatro Romano. Brandelli di storia che la differenziano da qualsiasi capitale medio-orientale. Sulle sue ventilate jebel (colline) si assiepano squadrate villette bianche di pietra calcarea che sembrano confluire, simile a un moderno presepe, su una downtown modernissima. Un crocevia di grattacieli e imponenti hotel, minareti dalle forme e colori modernissimi. Una città multietnica vista la massiccia presenza di palestinesi, circassi, ceceni, beduini ben integrati nella vita cittadina. Tutto sommato piacevole e tranquilla ma drammaticamente colpita dalla crisi israelo-palestinese che ne penalizza, in primis, l'economia legata al turismo internazionale.

Nel cuore della sua moderna medina, all'interno dell'edificio circolare della City Hall, si è appena inaugurata, alla presenza della regina Rania Al Abdullah, la mostra itinerante L'Islam in Sicilia, organizzata dal ministero degli affari esteri in collaborazione con la Fondazione Orestiadi di Gibellina. La mostra che segue un'articolazione complessa e in progress ha già toccato le sponde della Tunisia e dell'Egitto per arrivare, dopo l'approdo giordano, in Siria. Nasce dunque da un desiderio di elaborare quelle contaminazioni che tra cultura araba e siciliana esistono da millenni di storia e che ancora sopravvivono come dato etnologico e lessicale. Si direbbe dunque un sentire comune che assimila le due culture e che le avvinghia nei ricorsi strutturali, sia architettonici che sentimentali.

In piú, come sottolinea il direttore artistico del gruppo degli Stalker, Lorenzo Romito, «la mostra è un dispositivo narrativo costituito da installazioni, ognuna delle quali è un lavoro autonomo dal forte carattere comunicativo e con un segno estetico fortemente attuale». Così l'esposizione si dispiega in una sorta di sovrapposizioni espositivi delle installazioni che si inseriscono e si riscrivono nella topografia del luogo che la ospita.

Ad Amman, infatti, L'Islam in Sicilia si reinventa moltiplicando le possibilità estetiche nella specificità architettonica della città. Il desiderio di cambiamento è reso dalla fluidità e modernità con cui le radici islamiche e mediterranee si compenetrano sia attraverso il linguaggio delle installazioni sia attraverso l'evoluzione espositiva nei diversi siti magrebini e mediorientali. Merito di ciò va soprattutto al complesso lavoro ideativo degli Stalker che, all'interno dell'intera mostra, coagulano il sincretismo culturale, creando un cortocircuito tra passato e presente, manipolandone una osmosi sempre imprevedibile.

Oramai affermatisi come il piú vivace gruppo di architettura comportamentale, legati alle complessità che l'architettura addensa con l' antropologia, l'arte e la fenomenologia del vivere quotidiano, gli Stalker impongono nella mostra di Amman una loro personale reinterpretazione della Sicilia islamica con un percorso che ne capta la pervasività. Il colpo d'occhio viene, ovviamente, rimandato dal loro Tappeto Volante installato nell'atrio circolare della City Hall. Dichiaratamente ispirato al soffitto ligneo della Cappella Palatina di Palermo, il Tappeto reinterpreta la preziosa tessitura a muqarnas attraverso una struttura di canapa che sorregge corde sospese terminanti con degli anelli di rame.

Frutto di una collaborazione con un gruppo di curdi ospitati nello spazio dell'Ararat di Roma, il tappeto è più simile ad una tenda aerea che sembra specchiarsi su cuscini posti sul pavimento e recanti le immagini serigrafate tratte dalla decorazione pittorica del soffitto del monumento palermitano.

Estremamente suggestiva poi, è la Carta dei toponimi che dà l'accesso alla mostra: è un tappeto ologrammatico-pavimentale che rimappa la Sicilia utilizzando le indicazioni dei toponimi in italiano e in arabo. La sala dedicata ad Al Idrisi, il piú famoso geografo arabo, rimanda anch'essa alla compenetrazione tra passato e presente.

Dentro una grande tenda circolare vengono proiettate panoramiche video a 360° dei luoghi descritti dal geografo nel «Sollazzo per chi si diletta di girare il mondo» ripresi nella loro trasformazione attuale. Un'altra monumentale installazione è quella della Biblioteca, in cui viene segnalata la presenza di poeti siciliani in lingua araba che cantano della terra natia: tra la penombra della sala emergono le fosforescenze dei leggii che contengono frasi scritte in arabo e le voci amplificate che le recitano.

L'oralità etnomusicale elaborata tra Sicilia e Magreb è attraversata dall'intervento di Mario Crispi, musicista degli Agricantus e di Halisah. Affondando nella ricerca etnomusicologica condotta da Diego Carpitella sulle sonorità tunisine e assimilandola a quelle siciliane, di origine popolare, Crispi ne ha incrociato le similitudini attraverso una installazione audio che consente di ascoltarne i soffi.

Si evince cosí l'affinità tra i ritmi dello stambali tunisino e la «danza delle spade» del «Taratati» di Casteltermini, tra il canto del cammelliere beduino e quello del carrettiere di Villabate, tra il grido del venditore di succo di palma di Thozeur e l'abbanniata dei venditori di Bagheria. Di recente è uscito un suo cd intitolato Soffi in cui si ritroveranno incroci sonori generati da strumenti «a vento» come i venti portatori dell'altrove.

«Corrispondenze» è l'ultimo tassello che compone la mostra e che disloca la simmetria culturale attraverso la collezione di arte e design siciliano della Fondazione Orestiadi di Gibellina presieduta da Ludovico Corrao e diretta da Enzo Fiammetta.

Fiammetta, che dirige il Museo delle Trame mediterranee dal 1996, ha assommato un numero cospicuo di oggetti e di opere che privilegiano lo sguardo mediterraneo attraverso l'analisi di contaminazioni molteplici e delle evoluzioni del tempo, restituendo così una centralità siciliana all'interno del bacino mediterraneo. Tra i vari oggetti esposti una fantasiosa tenda di lino ricamata con motivi derivati dalla zoologia fantastica medievale realizzata da Mariella La Guidara, il Pouf di Michele Argentino e Giuseppe Nicola, le scatole portagioielli Sesamo realizzate da Rosanna Nauta, l'Etnalemmo di Enzo Fiammetta la lampada di Paolo Vita. Tra le opere in mostra invece, anche quelle di Alighiero Boetti, Carla Accardi e Emilio Isgrò.