il manifesto - 19 Luglio 2002
Rispediti nell'inferno di Woomera
Profughi in Australia Il governo Blair nega l'asilo a due bambini afgani fuggiti dal campo di detenzione australiano. Avevano chiesto aiuto al consolato britannico di Melbourne ma sono stati consegnati alla polizia
VITTOTIO LONGHI
Il governo inglese ha rifiutato senza appello le richieste d'asilo che due piccoli rifugiati afghani avevano presentato, giovedì mattina, al consolato britannico di Melbourne, in Australia. I due fratellini, Alamdar e Muntazer Baktiyari, di 13 e 12 anni, erano riusciti a scappare il mese scorso dal centro di detenzione di Woomera, nel deserto meridionale, insieme ad altri trenta rifugiati e con l'aiuto di alcuni attivisti. Alamdar e Muntazer erano rinchiusi lì da 18 mesi, dopo essere arrivati dall'Indonesia, richiamati dal padre, insieme alla madre e alle tre sorelle minori. Il segretario degli esteri britannico, Jack Straw, non ha esitato a riconsegnare i ragazzini afghani nelle mani della polizia federale, rispedendoli subito, tra le lacrime e la disperazione, nel più vicino centro di detenzione di Maribyrnong. «Non possiamo prendere in considerazione la richiesta, perché l'Australia è uno dei paesi che hanno sottoscritto la convenzione Onu per i rifugiati e chiedere asilo in Gran Bretagna da lì non è legalmente possibile» ha dichiarato un portavoce da Londra. Infatti, la decisione di Straw è arrivata dopo appena sette ore dalla presentazione delle domande. Il rifiuto, inoltre, è stato comunicato all'avvocato per i diritti umani Eric Vadarlis e ai suoi due assistiti con un ritardo di oltre due ore, proprio quanto è bastato per evitare un ricorso. «Penso sia stato fatto intenzionalmente - ha dichiarato Vadarlis - i nostri avvocati a Londra erano pronta a fare appello e avevamo chiesto anche una proroga, ma ogni azione ci è stata impedita». Il legale si è detto molto deluso del «no» del governo inglese che, così facendo, ha dimostrato di sostenere il sistema «malato» dell'Australia, nel quale si possono abbandonare per anni, in queste vere e proprie carceri, ragazzi nella piena età dello sviluppo, compromettendone seriamente l'equilibrio psichico.

Ora, i due fratelli verranno fatti passare a Maribyrnong per incontrare il padre e poi saranno riportati nell'incubo di Woomera, dove uno di loro aveva tentato il suicidio nei mesi scorsi. Insieme alla madre, Roquiah, i figli maggiori avevano partecipato allo sciopero della fame di gennaio, quando oltre 150 persone rimasero con le labbra cucite per 15 giorni. Il padre, Ali Asqar Baktiyari, afghano di etnia hazara, era arrivato in Australia nel `99 ed era riuscito a ottenere un visto temporaneo già da un anno e mezzo. Si era sistemato a Sidney e aveva richiamato la moglie e i cinque figli sperando di riunire la famiglia, per poi spostarsi proprio nel Regno Unito. Ieri, però, il ministro dell'immigrazione australiano, Philip Ruddock, ha fatto sapere che intende revocargli il permesso: «mi sono già attivato per la cancellazione del visto» ha dichiarato. Secondo Ruddock, infatti, la famiglia sarebbe pachistana e non afghana come dichiara, pertanto non avrebbe diritto all'asilo. In realtà, i Baktiyari vengono da un piccolo villaggio dell'Afghanistan centrale, Tcharach, da cui sono dovuti scappare in Pakistan, dopo che i Talebani hanno preso il potere e perseguitato la minoranza etnica sciita a cui la famiglia appartiene. Dal Pakistan, sono arrivati in Indonesia e da lì si sono poi imbarcati per l'Australia. Il caso è riuscito a destare anche le critiche della tiepida opposizione democratica. «Dovremmo vergognarci che due piccoli rifugiati vadano a cercare protezione al consolato britannico» ha commentato il senatore democratico Andrew Bartlett. Attaccando Ruddock per la politica dell'immigrazione e per le condizioni in cui vivono i detenuti nei centri come Woomera, ha aggiunto: «nessun altro paese nel mondo occidentale potrebbe trattare in questo modo degli esseri umani, eppure noi lo facciamo». Infatti, nonostante la comunità internazionale abbia richiamato più volte, attraverso l'Acnur e altre organizzazioni, l'amministrazione di Canberra per la sua politica, il primo ministro liberale John Howard ha detto che non intende affatto cambiare il sistema. Proprio riguardo quest'ultima, drammatica vicenda, ha dichiarato: «sono appena stato in Europa e posso dire che la nostra politica non è affatto criticata lì, anzi è tutto il contrario». Il governo di Tony Blair non sembra dargli torto.