il manifesto - 09 Luglio 2002
L'ultimo rifugio dei sans papiers
Occupato a Lione il Centro di storia della Resistenza e della deportazione. Una scelta simbolica contro la politica sull'immigrazione del governo Raffarin
ANNA MARIA MERLO
PARIGI
Nel centro di Lione, sulla facciata dell'ex sede della Gestapo diventata luogo di memoria storica, è stato issato uno striscione: «in questo momento al museo resistenza e deportazione, oggi in Francia». All'interno, una cinquantina di sans papiers, algerini e dell'est europeo, sono rifugiati da sabato scorso. E' l'ultima tappa in ordine di tempo dell'epopea di un consistente gruppo di candidati all'asilo politico, una cinquantina di attivi che dicono rappresentare 209 famiglie. E' da un anno che i sans papiers di Lione cercano un rifugio. All'inizio, si erano accampati sulle rive del Rodano. Poi, con l'arrivo del freddo, erano andati a rifugiarsi in un albergo abbandonato, poi in un edificio di uffici vuoto, in seguito in un locale appartenente alle ferrovie e, in ultimo, una decina di gioni fa, nella chiesa Saint Nizier, un luogo simbolico perché negli anni `70, era stata il centro della rivolta delle prostitute di Lione. Più volte sono stati espulsi, anche con violenza. Si sentono traditi, sia dalla chiesa cattolica che dalla Prefettura, che per farli uscire da Saint Nizier aveva promesso loro un incontro. Ma l'incontro è stato breve: il prefetto ha comunicato loro che le situazioni verranno analizzate caso per caso, «nel quadro della legge». Intanto, alle famiglie con bambini sono state proposte sistemazioni «indegne», secondo l'associaizone Habitat et humanisme: camere insalubri, senza finestre, in cui si entra passando per una cantina. Per gli uomini celibi, neppure questo. Solo, come impone la legge, proibizione di lavorare in attesa di una risposta della Prefettura alla richiesta di asilo. «Occupiamo questo luogo simbolico - ha spiegato uno dei portavoce dei rifugiati nel Centro di storia della Resistenza e della deportazione - per resistere di fronte alla violenza del prefetto agli ordini del governo Raffarin-Sarkozy, che ci ha espulsi da tutti i rifugi che avevamo trovato da un anno a questa parte». E un altro portavoce aggiunge: «nessuno potrà espellerci di qui, perché, in caso contrario, sarebbe una vergogna per la Francia». Il Museo resta aperto al pubblico, ma la direzione è preoccupata: «ci sembra normale accoglierli, dal punto di vista umanitario - affermano - ma se decidono di restare prenderemo le nostre disposizioni». La situazione è bloccata. Il governo, che ha scelto la strada della mano forte contro l'immigrazione, potrebbe decidere l'espulsione con le forze dell'ordine, come fu il caso qualche anno fa, alla chiesa Saint Bernard di Parigi, quando al governo c'era Alain Juppé, il burattinaio del governo Raffarin.

Il governo tentenna, in questi giorni, anche rispetto al problema dei candidati all'asilo politico che sono rifugiati a Sangatte, vicino a Calais. Ruud Lubbers, alto commisario dell'Onu per i rifugiati, ha proposto a Francia e Gran Bretagna una «mediazione» per Sangatte, per cercare di uscire dall'impasse che da mesi sta creando tensioni tra Londra e Parigi, perché i rifugiati di Sangatte cercano di raggiungere l'Inghilterra. Il governo britannico ha risposto favorevolmente, ma i francesi fino a ieri non avevano fatto pervenire nessuna risposta. Il ministro degli interni, Nicolas Sarkozy, vuole chiudere Sangatte, ma con una visita-lampo sul posto si è reso conto che la cosa è molto più difficile da fare che da dire.