il manifesto - 06 Luglio 2002
La mafia turca cambia rotta
Meno sbarchi in Puglia, complice la `Ndrangheta calabrese
ANTONIO ROLLI
Le origini delle grandi società criminali turche risalgono all'impero Ottomano, periodo in cui erano numerosi i cosiddetti "banditi d'onore". E sono ormai in molti a sostenere che il traffico di persone ha uno dei suoi principali centri di smistamento proprio in Turchia. Ad Istanbul, precisamente, dove la mafia di questo paese gestisce, in modo a dir poco scientifico, il passaggio di persone. Si fa "scalo" ad Istanbul per poi imbarcarsi in direzione dell'Europa, attraversando ovviamente l'Italia. In uno degli ultimi sbarchi avvenuti nel Salento, su poco più di 120 persone rintracciate si sono contate circa 20 nazionalità diverse. Elemento, quest'ultimo, che fa capire l'entità del fenomeno e il grande volume di affari che lo stesso riesce a muovere. Anche più di 700 milioni di euro ogni anno.

Ma le rotte sono in continuo mutamento, e se prima la mafia turca aveva stretto un patto con la criminalità albanese, oggi, a distanza di un anno a questa parte, preferisce invece «gestirsi in proprio». Da quanto emerge dalle inchieste portate avanti, infatti, l'accordo tra turchi e albanesi è saltato: a quanto pare questi ultimi sono "poco affidabili" dato che non ci pensano due volte a gettare in mare "il carico" umano e "colpire" spesso le forze dell'ordine che presidiano il canale d'Otranto (come molte volte è accaduto), compromettendo così non solo gli affari dei "banditi d'onore", ma anche facendogli perdere quella "credibilità" rispetto ai potenziali clienti che decidono di affidarsi alle cosche di Istanbul.

Sì, parliamo proprio di "credibilità" (criminale, s'intende), in quanto, a differenza delle altre organizzazioni malavitose che gestiscono i viaggi della speranza (come i clan di Valona, in Albania), la mafia turca adotta un altro metodo: il costo del viaggio - solitamente tra i 2mila e i 3mila dollari - non lo paga in anticipo il diretto interessato, ma un suo parente che vive all'estero e che fa da "garante". I soldi vengono riscattati dal capo clan di quel paese solo all'arrivo del "viaggiatore". Una sorta di tour operator del crimine che vuole dare maggiore garanzia e affidabilità per chi "viaggia". E' chiaro che nel momento in cui il profugo non dovesse raggiungere quel paese per il quale l'organizzazione si era impegnata a "trasferirlo", la stessa sarà costretta a perdere il suo guadagno. Anche per questo, a quanto è dato conoscere, la mafia turca ultimamente ha cambiato strategia optando per un'altra strada: quella di spostare la rotta verso la Grecia (anche se il governo di questo paese continua a smentire) e da qui verso la Calabria.

In questo caso, però, l'accordo sembra che sia stato siglato con alcune cosche della `Ndrangheta: licenza di sbarcare sulle coste calabresi immigrati in cambio di droga. Prevalentemente eroina di tipo T4 beige, che ha un principio attivo molto alto (circa il 20 per cento). Tuttavia gli investigatori sono sempre più convinti che ci sia una grossa organizzazione mafiosa turca, di caratura internazionale, che gestisce totalmente questi accordi criminali nel territorio calabrese. L'anno scorso, infatti, fu arrestato un tale Ayhan Ozbey, turco, entrato in Italia nel 1986. Ozbey faceva capo ad un grosso clan di Istanbul che, proprio da questa città, aveva il controllo di una grossa fetta del traffico di immigrati verso l'Italia. Purtroppo l'indagine si arenò dato che le "famiglie" mafiose turche ancora oggi sono gerarchizzate, obbediscono alla legge dell'omertà e sono improntate su una netta separazione tra i gruppi etnicamente omogenei. Lo scenario della geopolitica del cosiddetto smuggling (il traffico di esseri umani), sembra aver avuto un radicale cambiamento. Lo dimostrano anche i più recenti dati forniti in questi giorni dal ministero degli Interni, che hanno confermato il calo di sbarchi Puglia. L'80 per cento, infatti, continua a verificarsi in Calabria.