il manifesto - 29 Giugno 2002
AUSTRALIA
In fuga da Woomera
39 rifugiati asiatici scappano dal campo di detenzione. Chiedevano da mesi asilo politico
VITTORIO LONGHI
Più di trenta rifugiati, detenuti nel campo australiano di Woomera, sono riusciti a scappare con l'aiuto di alcuni attivisti. Giovedì notte, un gruppo di persone si è avvicinato al centro con auto e furgoni e ha forzato le grate facendo uscire 39 immigrati afgani, iraniani e iracheni. La polizia ne ha subito catturato cinque, uno a Woomera e quattro a Coober Pedy, a 300 chilometri. Altri dieci sarebbero stati avvistati, ma tutti gli altri si sono dileguati negli 80mila chilometri quadrati di pieno deserto nel sud australiano. Il ministro dell'immigrazione, Philip Ruddock, ha immediatamente scatenato la caccia all'uomo mobilitando le autorità locali con posti di blocco ovunque, fino a un raggio di 450 chilometri dal campo. Ora, tutta l'area è sorvolata da elicotteri. Quattro sono gli attivisti arrestati e accusati di avere organizzato la fuga. Secondo Ruddock, l'evasione sarebbe stata preparata solo per quindici detenuti e gli altri si sarebbero aggregati: «Non si tratta di gente che all'improvviso decide di scappare - commenta il ministro alla radio 3AW di Melbourne - questa è un'azione deliberatamente organizzata da qualcuno che era in contatto con i rifugiati». Pertanto, la punizione si annuncia pesante per i quattro che hanno osato sfidare uno dei governi più duri nelle politiche di immigrazione. Lo stesso premier John Howard tuona: «Non ci sarà il sostegno dell'opinione pubblica per un simile comportamento, chi ha progettato l'evasione merita un processo». L'avvocato che assiste i detenuti di Woomera, Dave McKay, invece accusa la direzione del campo di scarsa vigilanza. C'erano solo tre guardie dell'Australian correctional management quando sono arrivati le macchine e i furgoni. «Non ci vogliono molte persone per sopraffare tre agenti - dice McKay - a Pasqua è successa la stessa cosa e le guardie stavano sedute a guardare mentre cinquanta detenuti passavano i cancelli».

Attualmente, a Woomera sono 210 i richiedenti asilo che aspettano da mesi risposte alle loro domande, continuamente rimandate con i più pretestuosi motivi burocratici. La fuga, infatti, è avvenuta al quinto giorno di sciopero della fame, iniziato lunedì, da 162 persone, tra cui 17 bambini e una donna incinta. Si sta ripetendo così il gesto dei cento disperati che a gennaio smisero di mangiare e bere per due settimane, cucendosi le labbra con ago e filo. Allora, il governo promise che avrebbe sveltito le pratiche, anche su pressione dell'Acnur, della Croce Rossa internazionale e di diverse associazioni per i diritti umani. Ma questa politica ha i suoi vantaggi per l'amministrazione di Canberra e non va cambiata. «E' già da alcuni mesi che non abbiamo più sbarchi di clandestini», si vanta il premier. Howard pensa che rinchiudere gli immigrati in carcere e costringerli ad aspettare anni in condizioni disumane nei campi come Woomera, sperando di ottenere lo stato di rifugiato, sia un ottimo deterrente per le migliaia di persone che ogni giorno scappano dalle guerre del Medio Oriente e dei paesi asiatici. Il centro di detenzione, ex base militare dell'Australia meridionale, è solo una delle cinque strutture dove vengono deportati quelli che riescono a sbarcare. La maggior parte delle altre navi viene infatti regolarmente dirottata dalla Marina sulle isole intorno, secondo la Pacific solution. L'accordo prevede che il governo australiano paghi le amministrazioni di queste isole, per lo più povere, in cambio dell'allontanamento degli immigrati.