il manifesto - 14 Giugno 2002
Un piano anti-immigrati
L'Unione europea vara norme più severe per chiudere le proprie frontiere
ALBERTO D'ARGENZIO
BRUXELLES
Nel cammino per Siviglia i 15 vanno scegliendo le armi da utilizzare nella guerra all'immigrazione illegale. Ieri a Lussemburgo si sono riuniti i ministri degli Interni e della Giustizia per definire i nuovi strumenti per aumentare il coordinamento tra le polizie e per coinvolgere nell'azione, a forza di minacce e ritorsioni, anche i paesi di origine e transito dei migranti. Per costruire la fortezza Europa l'Unione chiama così a collaborare anche le nazioni che non hanno fin qui dimostrato necessario zelo. I 15 hanno ribadito ieri la strategia, articolata su tre fronti principali: rafforzamento del controllo delle frontiere esterne (soprattutto quelle marittime e gli aeroporti), miglioramento delle pratiche di espulsione e potenziamento della collaborazione (coatta) con i paesi di origine e transito dei flussi migratori. E per ogni fronte le armi adatte. Scajola annunciava ieri che partiranno rapidamente le prime iniziative per la creazione di centri di controllo negli aeroporti, un programma da realizzarsi congiuntamente in Italia, Francia, Spagna e Germania. Italia in prima linea anche per quel che riguarda la gestazione della polizia di frontiera comune, sulla cui fattibilità il nostro governo ha presentato uno studio il passato 30 maggio. Nell'attesa di battezzare questo nuovo corpo, i 15 hanno previsto il lancio di programmi di formazione congiunti, la creazione di équipe di investigazione e intervento specializzate contro le mafie che gestiscono il traffico di esseri umani e un maggiore coinvolgimento di Europol. Ma è soprattutto sul controllo delle coste e del mare che si concentrano gli sforzi dell'Unione. Miglioramento dei sistemi di identificazione di imbarcazioni e potenziamento per quelli di allerta, formazione di unità di pattugliamento, realizzazione di operazioni congiunte tra stati membri e infine rafforzamento dell'attività di intelligence nei paesi di origine e transito.

Quest'ultima iniziativa ci porta direttamente al di là del mare, ed è lí che l'Europa sembra voler trasportare le sue mura. La presidenza spagnola della Ue ha proposto ieri un piano che prevede «una reazione politica rapida contro i paesi di imbarco, partenza o transito di immigranti illegali che, in maniera ingiustificata, non adottino misure per lottare contro questo fenomeno». Queste ritorsioni rapide scatterebbero in «circostanze particolarmente gravi», come potrebbe essere il caso degli arrivi sulle nostre coste di imbarcazioni con centinaia di persone, o «per incidenti minori reiterati», formula che potrebbe alludere alle carrette che attraversano quotidianamente lo stretto di Gibilterra. Di fatto si inserisce il controllo dei flussi migratori come «aspetto importante» al momento di negoziare accordi con i paesi terzi. Tutti si sono detti d'accordo su questo principio, ma manca l'identità di vedute sul come renderlo operativo. Scajola senza tentennare promette «assoluta fermezza verso i paesi che non collaborano e non contribuiscono a fermare l'immigrazione illegale», abbracciando di fatto la proposta inglese di condizionare gli aiuti allo sviluppo alla politica di vassallaggio. Il commissario per la Giustizia e gli Interni, il portoghese António Vitorino, sposta un po' la prospettiva e sostiene che è necessario stabilire un «partenariato positivo», ampliando l'intervento oltre confine anche al miglioramento delle condizioni delle popolazioni. Toccava allora alla Svezia ricordare ai partner che «non spetta agli xenofobi fissare la nostra agenda dei lavori», un invito prontamente raccolto da Nicolas Sarkozy, ministro degli interni francese: «Non si può convincere un paese terzo a riprendersi i propri emigranti sotto minaccia di sanzioni. Non possiamo accusare e sanzionare il mondo in via di sviluppo solo perché degli sfortunati che non hanno nessuna speranza di sopravvivenza a casa loro vogliono venire da noi». La stessa posizione francese è stata espressa ieri dalla maggioranza del Parlamento europeo, con l'importante eccezione dei popolari, d'accordo con Londra e Roma. La questione finirà adesso sul tavolo dei ministri degli esteri riuniti lunedí a Lussemburgo, ultimo passaggio prima del vertice di Siviglia del 20 e 21 giugno.