il manifesto - 13 Giugno 2002
L'ateneo ai sin papeles
Cinquecento immigrati occupano l'università di Siviglia. E il ministro dell'interno si agita
ANDREA DE BENEDETTI
SIVIGLIA
In tutto sono cinquecento. Anzi: quattrocentonovantanove più una. Tra gli immigrati che da lunedì scorso occupano due padiglioni dell'Università «Pablo de Olavide» di Siviglia per chiedere la regolarizzazione c'è anche una donna, Adriana Covaci: viene dalla Romania, dove ha lasciato le sue due figlie, ma da circa un anno e mezzo vive - per modo di dire - in Spagna. Il suo compagno è un algerino: si chiama Aimeur Abderrazak, ed è francamente crudele che la lingua che usano per comunicare tra di loro sia la stessa con cui vengono scritte (e pensate) leggi che li discriminano, che li escludono, che li allontanano. Il loro codice comune, a parte la lingua, diventa dunque quello della sopravvivenza, che li porta ad annusare insieme il proprio futuro negli stessi luoghi: in una baracca di Huelva, in un frutteto di Lepe, in una asfissiante serra trasparente di El Ejido, adesso anche in un'Università, che è quasi certamente, e non per caso, il posto dove li hanno trattati meglio, almeno finora. Lì, infatti, la polizia non entra. Per adesso si limita a vigilare la zona cercando di impedire che altri immigrati si uniscano alla protesta e amplifichino un suono che per il governo spagnolo si sta facendo sempre più fastidioso, tanto da indurre il - peraltro solitamente composto - ministro degli interni Mariano Rajoy ad adottare un tono decisamente polemico nei confronti della rettrice della «Pablo de Olavide», colpevole, a suo dire, di non richiedere l'intervento della polizia per sgomberare aule e corridoi (costei gli ha elegantemente fatto notare come l'Università sia uno pubblico in cui le libertà di pensiero e di associazione sono le benvenute).

Il portavoce dell'organizzazione democratica degli immigrati e lavoratori stranieri (Odite), Decio Machado, ha denunciato il fatto che da lunedì scorso la polizia di Siviglia ha cominciato ad arrestare indiscriminatamente i sin papeles (sarebbero almeno una cinquantina quelli attualmente in stato di fermo presso la caserma di polizia), entrando persino a stanare due degli occupanti con un improbabile (e offensivo) ingresso a cavallo nel campus andaluso. Gli encerrados hanno comunque già fatto sapere che la loro protesta continuerà a oltranza, come accadde l'anno scorso con quella che ebbe luogo nella chiesa di Santa María del Pi di Barcellona e che si concluse con una sospirata sanatoria. Pur non essendoci prove, c'è il fondato sospetto che l'occupazione sia la prima (e sacrosanta) conseguenza della riforma della legge sull'immigrazione ventilata dal segretario di stato per temi di immigrazione Enrique Fernández Miranda, e poi smentita (ma solo parzialmente) dal Ministro Rajoy. Del resto la Ley de extranjería era già stata modificata due anni fa, e poi anche lo scorso anno con procedimento d'urgenza, e dunque non si vedeva né il motivo né l'impellenza di un ulteriore ritocco. Tuttavia le variazioni prefigurate da Miranda erano da far accapponare la pelle: tra le altre perle, si parlava infatti della possibilità di sopprimere ogni accenno al «radicamento sul territorio» e al ricongiungimento familiare come strade per ottenere la regolarizzazione.