il manifesto - 06 Giugno 2002
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L'Europa egoista di Siviglia
Ossessionato Aznar: europei tutti insieme contro i migranti clandestini
ASTRIT DAKLI
Per José Maria Aznar è ormai una specie di ossessione: il suo semestre di presidenza di turno dell'Europa comunitaria deve concludersi con un successo in materia di lotta all'immigrazione clandestina. E' una materia utile a distogliere l'attenzione pubblica dalla terribile serie di dimostrazioni d'impotenza politica date dall'Unione europea negli ultimi mesi (basti pensare alla tragedia mediorientale). Ed è in realtà l'unica materia su cui il premier spagnolo può pensar di raccogliere un consenso generalizzato da parte di quindici governi che sono o già largamente contaminati da populismi xenofobi e un po' razzisti (Italia, Austria, Danimarca, Irlanda, Portogallo, Olanda) o fortemente preoccupati dall'avanzata di partiti di questo tipo (Francia, Svezia, Germania) in consultazioni elettorali incombenti, o infine semplicemente propensi a dare una risposta d'ordine, repressiva, a tensioni e problemi che turbano in profondità la propria opinione pubblica. Il guaio è che le ossessioni di Aznar e i problemi di politica interna di troppi altri leader rischiano di cambiare i già poco brillanti connotati dell'Unione europea, trasformandola in un super-stato poliziesco e ricattatore.

Il premier spagnolo, che concluderà il suo semestre alla fine di giugno passando la mano al collega danese Anders Fogh Rasmussen, sta preparando in questi giorni, con un vorticoso tour in quattordici capitali europee, il summit dei capi di stato e di governo che si terrà a Siviglia il 21 e 22 giugno. E sta facendo di tutto per ottenere che la questione «lotta all'immigrazione illegale» non solo sia al centro dei lavori ma li esaurisca completamente, lasciando in ombra le altre due questioni all'ordine del giorno (allargamento e riforme istituzionali) su cui sono prevedibili ben pochi progressi. Aznar indica - lo ha ripetuto anche ieri a Roma - un complesso programma d'azione con scadenze temporali vincolanti: per l'omogeneizzazione delle leggi nazionali in materia di immigrazione e asilo, per la creazione di un sistema di controllo delle frontiere esterne (è già in gestazione la polizia di frontiera europea), per il coordinamento delle procedure penali in materia e infine per il coinvolgimento degli stati da cui parte l'ultima tappa del viaggio degli immigrati (tipicamente Turchia, Egitto, Bosnia, Albania, Tunisia, Marocco). Verso questi stati, dice Aznar (con l'appoggio significativo di Tony Blair), occorre che la Ue riveda globalmente gli eventuali accordi di cooperazione e aiuto, nel caso in cui non sappiano o non vogliano impedire i movimenti migratori clandestini, o non accettino di riprendersi i migranti partiti dal loro territorio (anche se provenienti da altrove) e respinti da uno qualunque dei paesi Ue.

Una linea che rischia di creare una frattura profondissima nell'est europeo, con una nuova «cortina di ferro» tra Ue e paesi esterni (Russia in primo luogo); e che può provocare tragedie nell'area balcanica e del Mediterraneo. Non per niente la Commissione europea guidata da Romano Prodi ha manifestato negli ultimi giorni forti riserve su questa impostazione, giungendo a negare esplicitamente che si possano creare nessi di questo tipo: gli aiuti allo sviluppo «non sono uno strumento per premiare o punire rispetto agli standard europei sull'immigrazione».

Ma per Silvio Berlusconi, che ha appena fatto passare in parlamento, e con fatica, la legge Bossi-Fini e ha bisogno di dimostrare quanto il suo governo sia in sintonia con l'Europa, la nuova linea «egoista» europea è musica: ieri, dopo la tappa romana di Aznar, il presidente del consiglio ha ripetutamente fatto notare il suo pieno accordo con il collega e la totale condivisione dei «medesimi valori e principi»; e a Siviglia, si può esserne certi, sarà di nuovo protagonista.