il manifesto - 05 Giugno 2002
EUROPA
Meno Ue per gli immigrati
Aznar prepara il vertice di Siviglia. Oggi è a Roma Tedesco obbligatorio per chi vuole lavorare in Austria
ALBERTO D'ARGENZIO
BRUXELLES
Il premier spagnolo José Maria Aznar, presidente di turno dell'Unione europea, è oggi a Roma, una delle 14 tappe per le capitali dei partner per preparare al meglio l'ormai prossimo vertice di Siviglia del 21 e 22 giugno. Un periplo condito da una grande ossessione, la lotta all'immigrazione illegale, su cui far convergere la medesima unità d'intenti raccolta nella lotta al terrorismo. Oltre le formule oratorie con cui stimola i colleghi europei, Aznar cerca infatti di coagulare per la vigilia del vertice un consenso sufficiente a sbloccare la lotta contro l'immigrazione clandestina, mentre sorvola sulle direttive sui regolari che giacciono da mesi sui tavoli dei 15. Dopo aver toccato Finlandia, Svezia, Germania, Olanda, ieri pomeriggio a Bruxelles Aznar si è lanciato in un primo bilancio del viaggio assicurando di «aver raccolto il pieno sostegno di tutti i paesi finora visitati» nella lotta all'immigrazione illegale. Un sostegno che è arrivato anche da parte di Romano Prodi a nome della Commissione europea. In una lettera inviata al presidente del governo spagnolo e girata anche agli altri leader dell'Unione, Prodi si felicita della decisione di porre la lotta all'immigrazione illegale al centro dell'agenda sivigliana, per ricordare poi la necessità di «iniziare a fare i primi passi» soprattutto nella gestione comune delle frontiere.

A facilitare i lavori dei 15 accorrono anche le statistiche fornite da Bruxelles in cui si disegna un'Europa che trema di fronte all'ondata migratoria e che pertanto chiede più rigore. L'80% dei 16.000 cittadini (su 300 milioni) intervistati da Eurostat assicura che i governi dovrebbero fare della lotta all'immigrazione illegale la priorità della loro azione politica, mentre il 55% boccia la Ue per inefficacia in questa materia. Ed una mano viene anche dalla cronaca con le nuove leggi approvate in Italia, Austria (di ieri l'obbligo di corsi di tedesco legati al permesso di soggiorno), le proposte di Tony Blair contro l'asilo facile e per la marina contro le carrette del mare, quelle franco-tedesche volte a indurire la politica migratoria in occasione delle scadenze elettorali e quelle ventilate dal futuro governo olandese, ancora in fieri, che mirano a rivedere lo spazio di Schengen per potersi riappriopiare del controllo delle frontiere. Infine la Danimarca, tra un mese presidente di turno dell'Unione, ha approvato venerdí scorso una nuova legge sull'immigrazione che restringe l'accesso ai richiedenti asilo, impone nuove condizioni per la nazionalità ed il ricongiungimento familiare e ritarda a 7 anni la concessione di aiuti statali agli immigrati.

Ma se ognuno a casa sua professa fermezza per gli immigrati, regolari e non, le cose si complicano quando i 15 devono mettersi d'accordo per fare in pratica quanto deciso a Tampere nell'ottobre 1999, cioè armonizzare la politica di immigrazione ed asilo. Alla fine di quell'anno, la Commissione proponeva il progetto per il ricongiungimento familiare, nel marzo 2001 quello per la concessione dello statuto di residente di lunga durata a chi si trova da più di 5 anni in regola, e nel luglio dello stesso anno quello per la gestione congiunta di flussi migratori che prevede i permessi temporanei. Su questo terreno l'accordo è ancora lontano e non verrà quasi sicuramente raggiunto a Siviglia.

Ma per essere sicuro di poter vendere il vertice come un successo, Aznar ha già puntato tutto sulla polizia di frontiera comune, di fatto già prospettata il 30 maggio scorso a Roma. Un iniziativa che se crea problemi per la necessità di creare un fondo comune tra i 15, dall'altro non tocca argomenti sensibili come le normative per gli immigrati regolari o l'asilo, temi bloccati da Austria, Olanda, Danimarca e dalla Germania in vista delle elezioni di settembre. Ma a Siviglia si ratificherà l'accordo, già raggiunto il 25 aprile scorso, che prevede il castigo per gli stati terzi che non collaborano nel controllo dell'immigrazione mentre è già una realtà Eurodac, il rilevamento delle impronte per chi è irregolare e ha più di 14 anni o per chi chiede asilo.