il manifesto - 04 Giugno 2002
«Diritto d'asilo negato»
Per i profughi in Italia cambia tutto. Parla Schiavone (Ics)
CINZIA GUBBINI
ROMA
Erano in molti a sperare che il governo cedesse almeno sulla parte della legge Bossi-Fini che riguarda il diritto d'asilo. Speranze riposte male: ha prevalso la linea dura. L'unica consolazione è la reintroduzione della protezione umanitaria e il finanziamento del «Piano nazionale asilo» per l'accoglienza. Ma il fondamentale emendamento sul "ricorso effettivo" è stato bocciato, cosa di cui si «rammarica» anche l'Alto commissariato delle nazioni unite per i rifugiati (Acnur). Il Consorzio italiano di solidarietà (Ics) parla invece di «diritto d'asilo negato», e lancia per il 20 giugno - giornata internazionale del rifugiato - manifestazioni in 200 città per raccogliere 100 mila firme. Ne parliamo con Gianfranco Schiavone, responsabile dell'Ics per l'immigrazione e l'asilo.

Il diritto d'asilo in Italia è sancito dall'articolo 10 della costituzione. Perché ora è necessario raccogliere firme per diefenderlo?

Il governo aveva annunciato nuove disposizioni in materia di diritto d'asilo con l'intento di limitare gli «abusi». In realtà ci ritroviamo con un articolo di legge che stravolgetotalmente la procedura per il riconoscimento dello status di rifugiato in Italia. Il tutto al di fuori di una legge organica, che avrebbe potuto conciliare da una parte il legittimo interesse dello stato a individuare correttamente l'ambito dei beneficiari, dall'altra i diritti inalienabili dei rifugiati. Il diritto d'asilo, è bene ricordarlo, è un diritto soggettivo, e come tale è fondamentale e inalienabile.

Tra le novità introdotte dalla legge c'è quella sul trattenimento dei profughi in "centri di identificazione" fino al pronunciamento della commissione. Qualcuno sostiene che non sia il caso di polemizzare con una forma di detenzione temporanea. Lei che ne pensa?

La legge stabilisce il trattenimento per chi entra irregolarmente in Italia, persino per coloro che si presentano spontaneamente in questura per chiedere asilo. Ora, normalmente il profugo è una persona che si allontana "clandestinamente" dal proprio paese, in cui viene perseguitato. Quindi non può entrare regolarmente nel paese in cui tenta di rifugiarsi. La logica di fondo del provvedimento è: chi arriva in Italia non te la racconta giusta, comunque. Con la legge Bossi-Fini avremo, di conseguenza, un periodo di trattenimento per circa 20-25 mila persone all'anno - tante sono infatti le richieste d'asilo che vengono rivolte all'Italia. Uno stato che si dota di un tale sistema "concentrazionario" dovrebbe porsi degli interrogativi. Le strade alternative c'erano, per esempio stabilire l'obbligo di dimora fino al pronunciamento della commissione.

La legge stabilisce che allontanarsi dal "centro di identificazione" equivale alla rinucia della richiesta d'asilo. Questa norma non è incostituzionale?

Ritengo di sì, l'allontanamento da un luogo non può far decadere un diritto soggettivo, al limite può causare una sanzione.

Un altro aspetto di dubbia costituzionalità della legge è quello sul ricorso.

Infatti. Il testo approvato al senato prevedeva - in caso di respingimento della richiesta d'asilo - il ricorso al tribunale ordinario, ma non contemplava l'effetto sospensivo. La persona sarebbe stata comunque espulsa. Ora è stato approvato un emendamento secondo cui il ricorso può essere presentato alla commissione territoriale - che nel rivedere il proprio giudizio sarà affiancata da un membro della commissione centrale. Davvero bizzarro: prima di tutto, nel caso di un diritto soggettivo, l'unico ricorso accettabile è quello giurisdizionale. E, comunque, quello approvato non è neanche un ricorso amministrativo gerarchico, perché a decidere sarà la stessa commissione che ha respinto la domanda.

Grazie alle "commissioni territoriali" si accorceranno i tempi per il riconoscimento dello status di rifugiato. Questo è un aspsetto positivo...

Indubbiamente. Ma il punto è: chi fa parte di queste commissioni? E' stato più volte richiesto che la legge indicasse i requisiti di competenza per le persone che ne entreranno a far parte (un funzionario della prefettura, uno della questura, uno degli enti locali, un rappresentante dell'Acnur, ndr), invece nel testo non c'è neanche una riga.