il manifesto - 12 Maggio 2002
DIVINO
L'Islam da Intesa
FILIPPO GENTILONI
Di testi sull'Islam sono piene le nostre librerie e la nostra stampa. Non se ne era mai parlato tanto. E' logico, dopo tutto quello che è successo, dal Golfo alle Torri, dalla guerra in Afghanistan e in Nigeria al disastroso conflitto israelo-palestinese. I toni, generalmente, sono ben lontani da quelli di Oriana Fallaci. Si cerca di capire, se non addirittura di abbracciare. Comunque di isolare gli aspetti estremisti dal resto dell'Islam che estremista non è e che, sotto molti aspetti, può andare d'accordo con le nostre democrazie. Così molti, ma non tutti. Come Roberto Formigoni: «I musulmani non distinguono fra fede e politica. E l'infedele resta sempre l'infedele». Penso, fra l'altro, alle distanze sul ruolo della donna nella società e alla diversa concezione del rapporto fra religione, stato, società. Non pochi pensano che l'Islam sia incompatibile con la democrazia, la libertà, la laicità, conquista irrinunciabile del nostro occidente. Ma non manca chi ammira l'Islam per non aver ceduto alla nostra ambigua modernità. Non è il caso di esagerare né in condanne né in abbracci spesso non privi di una certa ipocrisia. Valutare serenamente, cercare i punti di intesa, senza fretta di dare voti come a scuola. In questo senso vale la pena di sottolineare un documento preparato da Luigi Manconi e firmato da Scalfaro, Andreotti, Susanna Agnelli, Fiorello Provero e Andrea Riccardi (Sant'Egidio). Un bel titolo: «Condividere diritti e doveri per una intesa con i musulmani in Italia». Sono già più di mezzo milione: la seconda fede religiosa dopo quella cattolica; oltre alle tre moschee (Roma, Milano e Catania) 130 luoghi di preghiera; la comunità più numerosa è quella marocchina. (Per aderire all'appello: «A Buon Diritto. Associazione per le libertà», via di Villa Ada 10, Roma; abuondiritto@iworks.it).

«Noi crediamo che sia possibile convivere, nel reciproco rispetto: certo, comporta fatica, può determinare tensioni, richiede pazienza e intelligenza». Comunque nessuna nostalgia per una società monoculturale e monoreligiosa. Lo strumento per una possibile convivenza serena dovrebbe essere, secondo il documento, quella «Intesa» contemplata dalla nostra Carta e che già funziona con ebrei ed evangelici (quella con i buddhisti è stata raggiunta con il governo D'Alema, ma non è ancora stata approvata dal parlamento). Una Intesa con i musulmani, dunque. Soprattutto dopo l'11 settembre, per ragioni sociali, culturali e religiose «accogliere i musulmani all'interno di un sistema di rapporti e di vincoli, di doveri e diritti rappresenta una importante risorsa di `pacificazione'». Ne abbiamo bisogno pur senza nasconderci le difficoltà (come quella di individuare il vero e unico rappresentante musulmano in Italia; le organizzazioni a cui fare riferimento sono almeno quattro). Alla «pacificazione» il «divino» è direttamente interessato qualunque sia il nome che le diverse storie e tradizioni gli attribuiscono.