il manifesto - 11 Aprile 2002
Il mega viaggio dei tamil
Una carretta sbarca a Soverato con 280 profughi a bordo. I cingalesi: siamo partiti a Natale
FILIPPO DIANO
SOVERATO (Catanzaro)
Island Glory persino il nome appare pretenzioso e un po' beffardo, di questa ennesima carretta del mare che ha partorito dal suo ventre di lamiere marce sulle coste dinanzi Soverato, nel mare Ionio calabrese, circa 280 esseri umani di nazionalità cingalese di etnia tamil, tra cui due sole donne. L'ultimo viaggio di «sland Glory» si è concluso sulle secche sabbiose alla foce del torrente Butramo, luogo funesto, ricordato per il disastro ecologico che provocò la morte di alcuni turisti ospiti nel camping «Le Giare» in una notte di tregenda del settembre 2001, quando perirono anche alcuni volontari dell'Unitalsi che assistevano proprio i portatori di handicap in vacanza. La notizia dell'arrivo del «naviglio sospetto» sulle coste calabre, stavolta, non è stata anticipata dalle fonti ufficiali, dai mezzi della Marina militare e delle Capitanerie di Porto che pattugliano il cuore del basso Ionio cercando di intercettare le navi contrabbandiere cariche di vite umane in cerca di pace e di una vita serena. Così, prima che il ministro «senatur» ed il suo entourage si attaccassero ai cellulari o ai microfoni dell'informazione radiotelevisiva pubblica per lanciare proclami contro il pericolo della «contaminazione della razza», i cittadini e i volontari soveratesi, da bravissimi italiani, hanno dato una mano ai carabinieri per soccorrere gli sbarcati e rifocillarli.

Tra quell'umanità in fuga, qualcuno parla la nostra lingua per avere lavorato a lungo a Palermo come domestico. Pulendran Vanniyasingam, 40 anni, fa da interfaccia tra i carabinieri della compagnia di Soverato ed i connazionali. Racconta che il viaggio è iniziato prima di Natale, quando, a piccoli gruppi, i cingalesi si sarebbero riuniti in Somalia, in attesa del disco verde dei negrieri per imbarcarsi alla volta del Mediterraneo. Da quale porto del Corno d'Africa sia salpata la «Island Glory» non è stato detto, ma la navigazione per i cingalesi è stata una vera tortura, ristretti con la forza nella stiva per schivare i controlli (quali?come? e di chi?) con poco cibo e poca acqua, per più di un mese.

Le condizioni generali dei clandestini sono buone e raccontano che ognuno di loro ha dovuto sborsare circa dieci milioni di vecchie lire per fuggire dall'inferno della guerra. «Ho due bambini che sono rimasti laggiù, nella mia terra - dice Pulendran Vanniyasingam - da soli, perché sono rimasto vedovo. Farò di tutto per portarli in Italia, perché oggi nello Sri-Lanka non ci sono le condizioni per vivere dignitosamente. In mezzo a noi - continua Pulendran - molti hanno fatto sacrifici per anni per risparmiare i soldi del viaggio, e oggi, pur stremati dall'emozione e dal viaggio, sono felici di potere ricominciare la loro vita serenamente».

Sul fronte delle indagini, i carabinieri stanno attivamente ricercando alcuni degli sbarcati che si sono sottratti ai controlli. Tra di loro vi sarebbero anche almeno due dei componenti l'equipaggio della «Island Glory», che avrebbero lasciato la nave poco prima dell'arenamento sulla foce del Butramo. Prima di darsi alla fuga, comandante ed equipaggio hanno provveduto ad istruire alcuni cingalesi su come condurre la nave sulla secca. Manovra riuscita alla perfezione, forse anche grazie all'aiuto di qualcuno che operava da terra.

Dall'inizio dell'anno, gli sbarchi in Calabria sono dieci per un totale di circa mille immigrati. .