17 Marzo 2002
 
 
"Subito la verità su Lampedusa"
TRAPANI La proteste del Social Forum siciliano dopo l'ennesima strage di immigrati
MA.GI.

"No alle stragi di Stato", "Verità per Lampedusa e Otranto", "Libertà di circolazione". Erano alcuni degli slogan scritti sugli striscioni dei militanti de Social forum che ieri, ultima tappa di una serie di manifestazioni nell'isola, hanno presidiato la prefettura di Trapani contro la proposta del sottosegretario all'interno D'Ali di costruzione un mega centro di permanenza per stranieri nel capoluogo siciliano. La manifestazione, come si evince dalle parole d'ordine dei promotori, ha voluto però anche ricordare le troppe stragi avvenute in questi anni nei mari italiani, da quella di Portopalo nel `96 a quella di Otranto l'anno successivo, fino all'ultima, la settimana scorsa, al largo di Lampedusa sulla quale i manifestanti sollecitano la magistratura a fare piena luce sugli aspetti meno chiari della vicenda, in particolare sul presunto ritardo nei soccorsi da parte della Marina miliatare.
Ma Trapani, come è noto, ospita anche il centro di permanenza temporanea "Serraino Vulpitta", teatro, tre anni fa, di un'altra tragedia che ha avuto come vittime sei immigrati rimasti uccisi nel rogo scoppiato durante la protesta di alcuni detenuti che tentavano di fuggire. Come siano andate le cose quel giorno non vi sarebbero più misteri: gli stranieri, dopo la rivolta, furono chiusi a chiave all'interno di una cella, che di lì a poco, per un incendio provocato sembra da un detenuto, si trsformò in rogo. Il processo, cominciato nel novembre scorso, vede imputato l'ex prefetto di Trapani Leonardo Cerenzi per omicidio colposo plurimo. "Siamo qui - dice Fulvio Vassallo, avvocato esponente dell'Associazione studi giuridici sull'immigrazione, nonché del social forum siciliano - perché vogliamo che tragedie come quella del Vulpitta, di Lampedusa e di Otranto non accadano più, protestiamo quindi contro leggi ingiuste come la Bossi-Fini che, invece, schierando le navi militari per `bloccare' gli immigrati, non fanno che aumentare i rischi di altre stragi".
Giovedì la protesta del Social forum siciliano - dopo la contestazione di martedì del ministro dell'interno Scajola ad Agrigento - aveva toccato Palermo, con un sit-in davanti alla Capitaneria di porto, dalla quale erano state coordinate le operazioni navali successive (e forse precedenti) al naufragio di Lampedusa. Venerdì un gruppo di manifestanti si è invece recato nel centro di accoglienza di Racalmuto, dove da alcuni giorni sono ospitati dieci degli undici (uno è ancora ricoverao all'ospedale) sopravvissuti del disastro nel canale di Sicilia.
L'inchiesta della magistratura agrigentina "sarà a tutto campo", ha ribadito l'altro ieri al manifesto il procuratore capo Ignazio De Francisci. Si indaga innanzitutto per omicidio colposo plurimo e naufragio colposo, ma nell'inchiesta è stato ufficialmente aperto anche il capitolo sui soccorsi. E qui entra i gioco inevitabilmente il pattugliatore della marina Militare, "Cassiopea". Ha fatto davvero il massimo per evitare il peggio? Perché è arrivata con molte ore di ritardo nel luogo in cui venne lanciato l'Sos? A che distanza era la nave della Marina quando la barca carica di persone (forse più di settanta) si è rovesciata mentre veniva trainata dalla motopesca mazarese "Elide"? "Noi non vogliamo assolutamente emettere sentenze contro nessuno - dice ancora l'avvocato Vassallo - chiediamo solo che la magistratura faccia al più presto chiarezza. Sulla vicenda ci sono molti punti oscuri che potranno essere chiarirli soltanto acquisendo le bobine che hanno registrato le conversazioni tra l'Elide (ha soccorso per prima la barca degli immigrati in avaria) e la Cassiopea e tra questa e i vertici della Marina".