Dà fuoco alla baracca: due morti
Milano,
l'autore dell'incendio confessa. In fiamme anche due campi rom
a Genova e Roma CINZIA GUBBINI - ROMA
Fuoco a Roma, fuoco a Genova e fuoco a Milano.
In meno di 24 ore tre incendi hanno devastato due campi rom e
una delle tante baracche abiatate da stranieri nell'hinterland
milanese. L'ultimo episodio, in ordine di tempo, è avvenuto
ieri a Trezzano del Naviglio, a pochi chilometri da Milano.
Poco dopo le quattro di mattina, le fiamme hanno avvolto una
baracca uccidendo i due uomini marocchini che vi dormivano.
L'autore dell'incendio - anche lui un marocchino - si è
autodenunciato, spiegando alla polizia la sua storia di
disperazione. Mohammed - così si chiama l'uomo - ha raccontato
di essere lui il "proprietario" della baracca incendiata, i
due marocchini - che lui avrebbe ospitato - avevano deciso di
cacciarlo. Così, visto che in questi limbi "clandestini" non
esistono sicurezze, Mohammed ha pensato di farsi giustizia da
sé cospargendo la baracca di benzina. Poche ore prima, intorno
alle 1 di mattina, il fuoco avvolgeva un campo di roulotte,
baracche e alloggi ricavati in un'ex fabbrica dismessa a
Rivarolo, nella periferia di Genova, in cui vivevano circa 120
rom. In una baracca di legno dormiva Brudlij Bujor Sau, 14
anni, per lui non c'è stato nulla da fare nonostante il padre
abbia cercato in tutti i modi di salvarlo. Sembra che alcune
candele abbiano incendiato delle carte, e che da lì sia
scoppiato l'inferno. "L'incidente è stato scatenato dalla
negligenza dei rom - ha affermato il vicesindaco di Genova
Claudio Montaldo - era un'area di sosta provvisoria ma
dignitosa, con acqua, luce e servizi igienici". "Non è così -
ribattono le associazioni antirazziste della città - c'era
solo l'acqua, per questo erano costretti a usare le candele".
Più volte le associazioni avevano denunciato la pericolosità
del campo, ma gli anni sono passati senza interventi
rilevanti. E arriviamo a Roma, dove alle 18 di giovedì un
incendio ha completamente devastato il campo rom di via dei
Gordiani. Qui, per fortuna, non è morto nessuno. Ma la storia
del campo è - suo malgrado - un drammatico parametro delle
"politiche" migratorie schizofreniche e disastrose. Per i
lettori del manifesto il campo di via dei Gordiani è
abbastanza conosciuto. All'epoca della giunta regionale di
centrosinistra era stato elaborato un bel progetto, che
puntava a realizzare case popolari per i rom nell'ambito di
una generale ristrutturazione del quartiere. Un progetto che
non vide mai la luce, fermato dalla giunta comunale guidata da
Francesco Rutelli, che riteneva il progetto troppo "avanzato"
per essere approvato proprio a pochi mesi dalle elezioni
regionali, quelle vinte da Storace. Il quale, ovviamente
affossò il progetto, tanto che Marsilio di An organizzò un
brindisi in piazza per festeggiare. Intorno all'idea delle
prime case popolari per i rom era partita un'iniziativa
politica appassionata che vedeva protagonisti gli stessi rom e
tante associazioni, singole persone, studenti, operatori
sociali e alcuni esponenti del circolo di Rifondazione del
quartiere. Manifestazioni, cortei (come quello che fermò il
brindisi di An), incontri con le scuole del quartiere,
concerti e un appello firmato da Ovadia, Bregovitc, Saramago,
Esquivel e tanti altri. Alla fine Storace fu costretto a dare
l'autorizzazione per la costruzione di un campo attrezzato. Ma
di nuovo le elezioni politiche e amministrative ritardarono i
lavori. Che - fino all'incendio - erano ancora bloccati. Forse
è per questo che i rom, mentre bruciavano le baracche con
tutta la loro vita dentro, guardavano con sufficienza gli
sperticati omaggi di solidarietà da parte dei politici di
destra e di sinistra. Ora Veltroni ha promesso: "entro 60
giorni sarà costruito il campo attrezzato". "E' andata come
doveva andare", commentavano i rom di fronte alle fiamme. E
fra sessanta giorni?
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