15 Marzo 2002
 
 
Centro d'umiliazione
Roma, immigrata spogliata e derisa dal medico di Ponte Galeria
TIZIANA BARRUCCI - ROMA

"Avevo presentato un'istanza di revoca dell'espulsione per evitare tutto questo, vorrei solo che mi dessero quindici giorni per permettermi di andarmene con i miei mezzi, non voglio restare in Italia".
A scrivere questa lettera è una donna colombiana di 44 anni che chiameremo Maria condannata nel nostro paese per droga e costretta a conoscere le umiliazione del centro romano di permanenza temporanea per stranieri in attesa di espulsione Ponte Galeria. La sua storia - probabilmente simile a tante altre di cui nessuno saprà mai nulla - ci è stata raccontata dalla destinataria della missiva, suor Edita che da nove anni lavora con le detenute del carcere romano di Rebibbia. Dopo una brevissima telefonata rotta dai singhiozzi del pianto e dell'umiliazione Maria decide di scrivere alla sua unica amica: "Mi hanno portato a Ponte Galeria, lì mi hanno detto di lavarmi e di non rivestirmi perché avrei dovuto passare la visita medica. Mi hanno visitato, poi mi hanno allargato le gambe, hanno visto le mie parti intime, non solo il dottore ma anche l'altro uomo che era con lui. Se questo lo fanno con le prostitute forse va bene, ma loro non sanno che la mia è una situazione del tutto diversa. Che per la mia cultura questo trattamento è una vergogna, una grande umiliazione".
Tra le mura di Rebibbia Maria ha trascorso tre anni per aver fatto il corriere di droga, e proprio tra quelle celle ha conosciuto la suora dell'ordine delle Adoratrici che è diventata un po' il suo angelo custode. La settimana scorsa è finalmente uscita dal carcere e suor Edita l'ha accompagnata in questura a prendere il foglio di via, ma da lì a sorpresa è stata accompagnata al centro di detenzione di Ponte Galeria.
Qui la brutta storia. Non era ormai consolidata la procedura per cui le detenute - e nella realtà non dovremmo parlare ufficialmente di carcere quando parliamo di Ponte Galeria - vengano visitate da dottori di sesso femminile? Almeno quando si tratta di visite di routine? "A parte la battuta sulle prostitute, forse dettata dal panico, mi ha raccontato - spiega suor Edita - che durante la cosiddetta visita l'hanno toccata ripetutamente, prendendosi gioco delle sue reticenze. Ho denunciato l'accaduto alla direzione di Ponte Galeria, ma lo stesso medico mi ha deriso: "E se fossi stato un ginecologo, che faceva, non accettava di essere visitata?". Ma lui - continua la suora - non era un ginecologo, e poi la ragazza aveva diritto a spogliarsi davanti a delle donne, non aveva chiesto lei la visita, non aveva chiesto lei di essere portata a Ponte Galeria". Anche questo un bell'interrogativo: la legge prevede che dopo il primo foglio di via l'immigrato irregolare possa lasciare il nostro paese da solo e soltanto se ritrovato in Italia debba essere accompagnato nei centri di permanenza temporanea per poi essere espulso, perché invece la pratica diffusa è così diversa? Perché Maria non è potuta andare all'aeroporto?