Centro d'umiliazione
Roma,
immigrata spogliata e derisa dal medico di Ponte Galeria
TIZIANA BARRUCCI - ROMA
"Avevo presentato un'istanza di revoca
dell'espulsione per evitare tutto questo, vorrei solo che mi
dessero quindici giorni per permettermi di andarmene con i
miei mezzi, non voglio restare in Italia". A scrivere
questa lettera è una donna colombiana di 44 anni che
chiameremo Maria condannata nel nostro paese per droga e
costretta a conoscere le umiliazione del centro romano di
permanenza temporanea per stranieri in attesa di espulsione
Ponte Galeria. La sua storia - probabilmente simile a tante
altre di cui nessuno saprà mai nulla - ci è stata raccontata
dalla destinataria della missiva, suor Edita che da nove anni
lavora con le detenute del carcere romano di Rebibbia. Dopo
una brevissima telefonata rotta dai singhiozzi del pianto e
dell'umiliazione Maria decide di scrivere alla sua unica
amica: "Mi hanno portato a Ponte Galeria, lì mi hanno detto di
lavarmi e di non rivestirmi perché avrei dovuto passare la
visita medica. Mi hanno visitato, poi mi hanno allargato le
gambe, hanno visto le mie parti intime, non solo il dottore ma
anche l'altro uomo che era con lui. Se questo lo fanno con le
prostitute forse va bene, ma loro non sanno che la mia è una
situazione del tutto diversa. Che per la mia cultura questo
trattamento è una vergogna, una grande umiliazione". Tra le
mura di Rebibbia Maria ha trascorso tre anni per aver fatto il
corriere di droga, e proprio tra quelle celle ha conosciuto la
suora dell'ordine delle Adoratrici che è diventata un po' il
suo angelo custode. La settimana scorsa è finalmente uscita
dal carcere e suor Edita l'ha accompagnata in questura a
prendere il foglio di via, ma da lì a sorpresa è stata
accompagnata al centro di detenzione di Ponte Galeria. Qui
la brutta storia. Non era ormai consolidata la procedura per
cui le detenute - e nella realtà non dovremmo parlare
ufficialmente di carcere quando parliamo di Ponte Galeria -
vengano visitate da dottori di sesso femminile? Almeno quando
si tratta di visite di routine? "A parte la battuta sulle
prostitute, forse dettata dal panico, mi ha raccontato -
spiega suor Edita - che durante la cosiddetta visita l'hanno
toccata ripetutamente, prendendosi gioco delle sue reticenze.
Ho denunciato l'accaduto alla direzione di Ponte Galeria, ma
lo stesso medico mi ha deriso: "E se fossi stato un
ginecologo, che faceva, non accettava di essere visitata?". Ma
lui - continua la suora - non era un ginecologo, e poi la
ragazza aveva diritto a spogliarsi davanti a delle donne, non
aveva chiesto lei la visita, non aveva chiesto lei di essere
portata a Ponte Galeria". Anche questo un bell'interrogativo:
la legge prevede che dopo il primo foglio di via l'immigrato
irregolare possa lasciare il nostro paese da solo e soltanto
se ritrovato in Italia debba essere accompagnato nei centri di
permanenza temporanea per poi essere espulso, perché invece la
pratica diffusa è così diversa? Perché Maria non è potuta
andare all'aeroporto?
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