13 Marzo 2002
 
 
Salvate due bambine
Solidarietà sul gommone affondato nel Salento
ANTONIO ROLLI - OTRANTO

Sono tre i presunti scafisti sottoposti al fermo di polizia giudiziaria dopo il naufragio di lunedì scorso nel canale d'Otranto. I tre albanesi che sono accusati di omicidio plurimo, disastro colposo e favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, sono stati trasferiti dall'ospedale Fazzi di Lecce alla casa circondariale del capoluogo salentino.
L'identificazione degli scafisti è stata resa possibile grazie alla testimonianza di alcuni dei sopravvissuti al naufragio che, di fronte al pubblico ministero Paola Gugliemi, hanno raccontato di essere giunti tutti dallo stesso paese, Has, un villaggio di montagna ai confini tra il Kosovo e la Macedonia. Un particolare, questo, che aveva subito insospettito gli inquirenti, visto che i tre uomini arrestati erano gli unici ad essere albanesi. Non solo, già durante le operazioni di soccorso, gli elicotteristi della marina militare avevano notato alcuni uomini che impartivano ordini agli altri naufraghi, almeno sul come disporsi nel tentativo di non far rovesciare il natante in balia della tempesta. Inoltre, a tradire gli albanesi, è stato anche il fatto che erano gli unici a possedere i cellulari, gli stessi utilizzati per chiamare i soccorsi. A nulla è servito che uno di loro, inizialmente, si fosse spacciato come padre delle due bambine che per prime erano state fatte salire a bordo del velivolo. Dopo poche ore si è appreso che era stato il padre ad affidargliele perché le mettesse in salvo.
Intanto, le forze dell'ordine stanno completando le procedure d'identificazione dei profughi e delle sei vittime, tra cui un giovane di circa trent'anni. Proseguono, infatti, gli interrogatori per stabilire l'esatta dinamica dell'accaduto e per tentare di risalire agli organizzatori.
Secondo quanto hanno dichiarato alcuni profughi, su quel gommone c'è stata una vera e propria gara di solidarietà tra disperati, nel tentativo di salvare almeno le donne e i bambini. "Avevamo a bordo due bambine molto piccole - racconta uno di loro - e cercavamo di passarle di mano in mano per proteggerle da quell'inferno di vento ed acqua". "Siamo partiti da Valona - racconta una donna in gravidanza - e da subito abbiamo capito che il viaggio non sarebbe stato semplice. C'era un forte vento - ha spiegato la donna - e il gommone, appena preso il largo, è stato costretto a rientrare per far scendere tre persone, poiché era troppo carico".
Incuranti della tempesta, gli scafisti hanno proseguito la loro corsa con i motori che da subito hanno dato i primi segni di cedimento, fino al completo spegnimento a circa venti miglia da Otranto. "Imbarcavamo acqua dappertutto - hanno raccontato - gli scafisti ci hanno detto di svuotare il gommone e per farlo, uno di loro ha scaricato in mare una tanica di carburante per usarla come secchio. Tutto è stato inutile perché la tempesta riportava nello scafo acqua e benzina insieme. Poi un'altra tanica si è completamente rovesciata all'interno del gommone". Migliorano, intanto, le condizioni dei ricoverati negli ospedali del Salento, fra i quali tre donne e due bambine. "Le bambine - ha spiegato il primario di pediatria Enrico Corvaglia - stanno meglio. Erano arrivate in stato di shock, ma adesso è rientrato ed hanno avuto la possibilità di incontrare il padre ricoverato nel reparto di dermatologia". Una ragazza, invece, ricoverata all'ospedale di Galatina, continua a chiedere notizie di un suo compagno di viaggio, che durante la traversata è riuscito a scaldarla mentre stava per morire assiderata. Nessuno dei volontari ha avuto il coraggio di dirle che era fra le sei vittime annegate.