12 Marzo 2002
Sei immigrati muoiono nel mare di
Otranto Altri 22 salvati dalla Marina. La tragedia provocata da
un incendio ANTONIO ROLLI - OTRANTO
Ancora una volta è il canale d'Otranto il
teatro dell'ennesima tragedia dell'immigrazione. Sei morti,
forse quattro i dispersi e ventidue le persone tratte in
salvo. Tutto è iniziato alle 6 e 45 di ieri mattina, quando da
un cellulare sono state lanciate le richieste di soccorso. Un
gommone con a bordo circa trenta immigrati, partito intorno
alla mezzanotte di domenica da Valona, era completamente alla
deriva, con un mare forza sette e le onde alte tre metri. Due
elicotteri della marina militare, che per puro caso erano
proprio in esercitazione sul canale d'Otranto, sono
immediatamente giunti sul posto trovando il natante
completamente rovesciato e il carico di immigrati albanesi
scagliato in mare. Date le proibitive condizioni
metereologiche l'unico modo di avviare le operazioni di
soccorso è stato l'intervento via aerea, così i due elicotteri
della marina hanno imbracato ed estratto dalle acque agitate
ventidue persone, tra cui quattro donne e due bambini di
quattro e due anni. I corpi delle sei vittime sono stati
recuperati dalle motovedette della guardia costiera e
trasportati presso l'aeroporto militare di Galatina. Molti dei
superstiti avevano ustioni sugli arti inferiori: la più grave
è una donna di trent'anni ricoverata in sala rianimazione ed
un giovane di circa quindici anni con terribili ustioni alle
gambe investite dalle fiammate dei motori, ora ricoverato al
Centro Grandi Ustionati di Brindisi. "La donna - ha
spiegato il primario del pronto soccorso dell'ospedale di
Lecce - presenta delle gravissime condizioni generali, è in
stato di shock spinto, ed ha delle ustioni estese in tutto il
corpo. La prognosi è riservata". Secondo le primissime
ricostruzioni, i tubolari del natante sarebbero esplosi,
provocando il ribaltamento del gommone e la fuoriuscita del
carburante. "La zona di operazioni - dichiara il capitano di
fregata Alessandro Dionigi, comandante del gruppo di
eliccoteri della marina di stanza a Grottaglie - era a circa
20 miglia a sud-est dell'isola di Saseno, 30 miglia a est di
San Cataldo". Quando sono inisziate le operazioni, continua
Dionigi: "i naufraghi hanno capito da soli cosa afre. In pochi
minuti sette adulti e due bambini sono stati tirati su e
portati al sicuro. A un secondo elicottero è toccato il
compito più difficile, quello di recuperare i cadaveri". Non
vuole entrare nel merito del tragico sbarco di Lampedusa, il
comandante Dionigi, ma dice: "i nostri aereosoccorritori si
sono buttati sul nostro battello, semiaffondato, con mare 5 o
6, senza potersi legare, anche quando non c'era più nessuno da
trarre in salvo. C'erano solo sei corpi sommersi dall'acqua
che era giusto e doveroso recuperare". Il colonnello
D'Accolti, comandante dell'aereoporto militare di Galatina,
racconta invece l'arrivo del primo elicottero: "Intorno alle
otto e trenta abbiamo avuto un primo elicottero che è
atterrato in maniera del tutto inattesa. A bordo c'erano a
bordo nove naufraghi. Ci siamo subito resi conto - continua
D'Accolti - della gravità della situazione e abbiamo
immediatamente ricoverato i superstiti nella nostra
infermeria. Tutti si presentavano con ustioni più o meno
gravi, il che faceva presupporre che fosse scoppiato un
incendio a bordo. Abbiamo avuto notizia che di lì a poco,
altri naufraghi sarebbero arrivati e quindi abbiamo allertato
subito gli ospedali di Lecce e Galatina". Intanto nella
zona di mare interessata, per la ricerca dei dispersi è giunta
la fregata Perseo, che è salpata da Taranto, e l'aereo della
Marina militare Atlantic, per rilevare eventuali presenze in
mare. "Secondo quanto hanno dichiarato gli immigrati
interrogati dalla polizia - dice il maresciallo Ancora della
capitaneria di porto di Otranto - a bordo del natante c'erano
complessivamente ventotto persone, quindi non dovrebbero
esserci dispersi. Tuttavia continueremo le ricerche". Un
particolare terribile rende ancora più triste questa vicenda:
secondo quanto dichiarato dai soccorritori, tutte e sei le
vittime erano legate tra loro con una cima; forse alcuni
immigrati, prima di affrontare la traversata, avevano deciso
di legarsi per non cadere in mare. Ieri il ministro per le
pari opportunità, Stefania Prestigiacomo, ha visitato i due
bambini sopravvissuti al naufragio. Subito dopo si è recata
nella camera mortuaria dell'ospedale per rendere omaggio alle
sei vittime. La ricostruzione della dinamica della
terribile vicenda non è stata semplice da accertare. Poiché
questa tragedia arriva cinque giorni dopo quella di Lampedusa,
seguita dalle polemiche sui soccorsi, nella giornata di ieri
c'è stato un vero e proprio black out delle
informazioni; le capitanerie di porto di Bari e Otranto si
sono rifiutate di dare notizie ai giornalisti, dicendo di
rivolgersi direttamente alla marina militare. Chi non ha
risparmiato commenti, invece, è stato il mondo del
volontariato. Dice Vinicio Russo, responsabile del Centro Don
Milani, che da anni si occupa dell'accoglienza degli immigrati
che sbarcano sulle coste salentine: "I poveracci continuano a
pagare, a carissimo prezzo, lo scotto di scelte politiche che
colpiscono l'anello debole di una lunga catena di soprusi e di
violenze. Non è sufficiente - ha continuato Russo - esprimere
cordoglio e solidarietà nei confronti delle vittime e dei loro
parenti, occorre una riflessione forte e attenta sulle
politiche di accoglienza e di respingimento adottate dal
governo".
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