12 Marzo 2002
 
 
"Quei corpi pescati in mare"
Lampedusa. l'ex comandante della capitaneria: "Il Canale di Sicilia è un cimitero "
MASSIMO GIANNETTI -

Ripubblichiamo un'intervista realizzata l'11 novembre 1998, poco dopo un ennesimo naufragio nel Canale di Sicilia. Salvatore Orani, che è stato comandante della capitaneria di porto di Lampedusa fino al 1 agosto 2001, descriveva il Canale come il cimitero del Mediterraneo. Oggi ricorda: "Finché sono stato comandante a Lampedusa i pescatori continuavano a trovare cadaveri in mare e noi continuavamo a ricevere chiamate da parte dei parenti di immigrati che si erano imbarcati e non erano mai arrivati a destinazione".




Neppure il mare li tollera più di tanto. Spesso, quando è calmo, li lascia passare dondolando le fragilissime barche sulle quali viaggiano. Se è agitato, spesso non dà scampo agli immigrati, che affondano negli abissi. Questo è il Canale di Sicilia, il Canale della morte per chissà quanti uomini che l'attraversano dall'Africa per arrivare a Lampedusa. "Più del 10% di quelli che partono non arriva a destinazione, muore in mare. Proprio così: dodici barche su cento affondano", scandisce le parole il comandante della Capitaneria di porto dell'isola, Salvatore Orami, aprendo per la prima volta gli archivi di quella che appare come una immane tragedia. Ma come fate ad essere così sicuri, che prove avete? "Le prove, a nostro avviso, sono le molte telefonate che ci arrivano dai paesi da cui partono gli immigrati, di familiari che ci chiedono notizie dei propri figli spariti nel nulla. Le nostre prove sono inoltre i soccorsi, spesso inutili, che facciamo a barche in avaria. Sono, infine, tutti i resti umani che, un po' alla volta, vengono recuperati".

+I pescatori di Lampedusa già in passato ci avevano raccontato di scheletri umani impigliati nelle loro reti insieme ai pesci. Ma le dimensioni della tragedia, stando al capitano, sarebbero molto più drammatiche di quanto non dicano le fosse comuni allestite nel cimitero del paese, dove finiscono le vittime anonime del mare. Il Canale di Sicilia è noto per essere imprevedibile: le correnti soffiano da tutte le parti e i tempi di preavviso delle tempeste sono molto più veloci della carrette che trasportano i clandestini. Può accadere che queste partano con il mare calmo e che a metà tragitto incontrino il finimondo. Questi pericoli i traghettatori li conoscono benissimo, e spesso li conoscono anche gli immigrati (...).

Orami tira fuori dall'armadio una sorta di cartella degli orrori. "Le faccio vedere una cosa - dice mostrandoci alcune fotografie shock - questi sono solo una parte dei cadaveri ripescati negli ultimi anni. Come vede sono corpi che hanno differenti stati di decomposizione. Alcuni hanno ancora i vestiti, sembrano manichini; altri invece, come questo, potrebbero essere annegati diversi mesi prima del ritrovamento. Il corpo è infatti solo in parte scarnificato. Quest'altro ...". Va bene, basta così chiediamo (...). Avete mai fatto un calcolo delle persone che potrebbero aver perso la vita durante il viaggio? "Potrebbero essere centinaia, se non di più. Oltre a quello che le dicevo prima, deve tenere inoltre presente che molti resti umani, ormai scheletriti, vengono portati a galla dai pescatori che fanno uso di reti a strascico. C'è però una vasta area marina in cui questo tipo di pesca, che trascina tutto ciò che trova nei fondali, è vietata. Chissà là sotto cosa potrà mai esserci. Di recente un mio amico subacqueo ha avvistato in quei fondali un'imbarcazione con targa tunisina. Ma crediamo che non sia l'unica". Ricevete mai richieste di aiuto? "Raramente. Una però la ricordo bene. Era il giorno di Capodanno di quattro anni fa. Via radio ci arrivò una richiesta di soccorso, una delle poche volte in cui il trasportatore si è autodenunciato. Il mezzo imbarcava acqua. Ci dissero che erano in trentacinque e stavano affondando. Urlavano, pregandoci di correre, di andarli a prendere. Quel giorno si mosse anche un elicottero della Marina di Malta, che di solito si spinge oltre le proprie acque territoriali solo in casi eccezionali. Con la nostra motovedetta ci recammo nel punto da cui era partito il segnale di aiuto, a 35 miglia dal Lampedusa. Saranno state le 13, li cercammo per ore, ma inutilmente".