02 Marzo 2002
 
 
La restaurazione di Castelli
Si cambia: fuori gli esperti, e i minorenni non sono più soggetti di diritti
MAURIZIO GALVANI

Ministro fornisca le prove, la presunta colpevolezza dei giudici esperti (psicologi, assistenti sociali, neuropsichiatri infantili ecc.) a cui lei attribusice i mali dei tribunali dei minori non convince. Nasconde qualcos'altro e dimostra che si vuole scegliere la scorciatoia di fronte a problemi complessi, quali quelli che coinvolgono i minori. Primo errore: si demonizzano i collegi giudicanti penali e civili che hanno proprio la loro forza nella diversità di esperienze e di opinioni che rappresentano. Il "processo" sia esso penale che civile deve tenere conto di tanti aspetti e di tanti interessi in gioco, psicologici, sociali. educativi ed economico-ambientali. Qualsiasi decisione deve tenere presente che ci sono più diritti: quelli del minore che possono essere coincidenti o no con quelli dei genitori. Il decreto non è solamente un atto, cerca di prefigurare, di capire e valutare quali siano le risorse in campo. Il lavoro non è semplice, nei collegi le discussioni sono animose, non avvengono nel segno dell'unanimità ma l'intenzione comune - togati e onorari (esperti) - è tenere presente che la "materia" che si sta trattando riguarda soggetti in età evolutiva. Dove niente fin dall'inizio può essere scontato, nella consapevolezza che una decisione, però, può influenzare in un senso o in un altro l'intera vita di un minore.
La presunta "rivoluzione" (meglio chiamarla "restaurazione") del decreto legge del ministro Castelli intende proprio eliminare con un colpo di spugna questa complessità e specificità, non solo dei giudici esperti ma del minore in quanto tale. Non diversamente può essere letta l'intenzione di ridurre i tribunali dei minorenni ad una sottosezione dei tribunali ordinari. Quando un ministro afferma con tanta convizione (leghista) che ci vogliono pene più severe per adolescenti che non sono da consideare piccoli teppistelli ma criminali, l'obiettivo diventa chiaro. Si vuole eludere la differenza tra adulti sottoposti a giudizio e minori; si vuole adultizzare il processo penale minorile e cancellare la possibilità che un minore o un ragazzo sia in grado di riparare, di cambiare, di essere rieducato o come si diceva una volta "essere riacquistato alla società". Sono criminali senza più attenuanti ed hanno sbagliato tutti coloro - che nell' altro secolo - hanno cercato di dare una spiegazione e una giustificazione dell'antisocialità. La rottura di questa legge con il passato è completa e scollega tra di loro i piani di intervento. Ad esempio, quando, in ambito civile si cerca di mettere in atto una misura protettiva per un minore abbandonato o oggetto di maltrattamento l'obiettivo è prorio impedire che un adolescente problematico alla fine delinqua. La forza dei tribunali dei minorenni, della loro "specificità" è stata l'avere tenuto presente tutti gli aspetti di un minore ribadendo che ogni volta è soggetto di dovere e di diritto nell'ambito della propria famiglia.
Il tentativo del ministro Castelli e del governo può essere un altro: sull'onda dei singoli episodi, cavalcare lo sdegno per trarre dei profitti elettorali. Per questo è più semplice, tagliare un lato del problema (l'interesse del minore) e considerare l'interesse prioritario della famiglia. Simbolicamente la scelta di costituire una sottosezione per i minorenni, in un ambito ordinario, può voler dire questo. Meglio, i "panni sporchi lavarli in famiglia" senza considerare che è in famiglia che possono esplodere la violenza, gli abusi, l' incuria, la difficoltà di accudimento e di crescita dei minori. Non si tratta di essere contro, né tantomeno di volere demonizzare i genitori. Si tratta di tenere presente che esiste una complesità di situazioni, che esistono delle difficoltà reali che possono fare esplodere un conflitto intrafamigliare. Spesso il minore diventa oggetto della violenza e dell'incuria come soggetto debole del nucleo famigliare.
Volere affidare la materia ad un solo giudice pure se aiutato da un consulente esperto e, pare "perenno", è quanto di meno garantista. Forse nasconde la convinzione che più un giudice è factotum, più è manageriale e meno saranno ingolfate le procure e i tribunali. La fretta è cattiva consigliera e in materia minorile è meglio lavorare con prudenza, servendosi del massimo contributo. Prima di tutto di quello dei servizi sociali territoriali - che guarda caso sono sempre ad organico ridotto - e degli esperti che devono fare parte dei collegi, a garanzia di un'attività decretoria che non può essere assolutamente monocratica.