da "Il Manifesto"

03 Gennaio 2001

LETTERA

"Quel silenzio sulla Iohan"

Nella notte di natale del 1996 ci fu un gravissimo incidente nelle acque tra l'isola di Malta e la costa meridionale della Sicilia. Nel disastro, secondo le testimonianze dei sopravvissuti e dei parenti delle vittime, perirono 289 persone, quasi tutti cittadini pachistani, indiani e srilankesi (morirono anche i componenti dell'equipaggio del peschereccio maltese che avrebbe dovuto portarli fino alla costa italiana). La notizia, confermata da un magistrato greco, fece il giro del mondo, ma fu quasi ignorata in Italia. Con la lodevole eccezione de il manifesto, che la pubblicò con il dovuto risalto. Nel riferire nel numero del 30 dicembre 2000 sul grave silenzio con il quale sia i giornali che la maggior parte dei responsabili politici hanno continuato ad ignorare uno dei più gravi disastri marittimi degli ultimi anni, avete però omesso di menzionare l'azione che con costanza ho tentato di portare avanti sin dai primi di gennaio del 1997. Depositai un'interrogazione appena la notizia fu ripresa sia dalla agenzia Reuters che da il manifesto, firmata da almeno cinque senatori del gruppo Ds. La risposta del governo, anche a mio giudizio, non fu all'altezza della gravità dell'evento, ma per quanto mi riguarda ho continuato a tentare di richiamare l'attenzione dell'opinione pubblica sul disastro, sostenendo la ricerca di giustizia e verità dei parenti delle vittime. Ho scritto un articolo su Repubblica, prevedendo che l'enormità del fatto avrebbe spinto i familiari delle vittime a venire in Italia alla ricerca almeno della verità. Ho dato ampio spazio all'accaduto in due relazioni pubbliche presentate come componente della Commissione antimafia, una a Milano nel 1998 e un'altra nell'introduzione al convegno sul ruolo della criminalità organizzata nel traffico dei esseri umani che si è svolto a Napoli, presso l'Istituto per i Studi Filosofici, a maggio del 1999. Ho firmato una relazione sul traffico di esseri umani approvata dalla Commissione antimafia a dicembre dell'anno scorso in cui il disastro della Yohan viene ampiamente citato come esempio estremo di sfruttamento della richiesta di ingresso clandestino in Europa, nonché del prezzo pauroso pagato in termini di vite umane e diritti negati come conseguenza del traffico. Questo cosiddetto "naufragio fantasma" (ma il processo, come solo il manifesto riporta, è in corso) è anche un esempio dell'inadeguatezza degli strumenti di cooperazione esistenti nella lotta al traffico. Sono tuttora in contatto con i familiari delle vittime, in particolare con il comitato costituito nel Punjab, regione di provenienza di buona parte dei morti nel naufragio. Li sto attualmente informando sull'andamento del processo. Infine, sto studiando, insieme ad un consulente del comitato costitutivo della Corte di giustizia internazionale, la possibilità di depositare una denuncia presso la corte nel momento della sua costituzione.

Con cordialità Tana de Zulueta (senatrice Ds)