28 Agosto 2001
 
 
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Sbarco movimentato nella notte
CROTONE Oltre trecento profughi kurdi approdano sulla costa calabrese. La finanza dà la caccia agli scafisti in mare. Arrestati undici trafficanti turchi
FILIPPO DIANO - CROTONE

I nuovi negrieri, stavolta, sono rimasti impigliati nella rete della Guardia di finanza. Undici contrabbandieri turchi sono stati inseguiti e fermati a 45 miglia al largo di Crotone, mentre tentavano di sganciarsi dall'inseguimento delle Fiamme Gialle.
La notte di domenica, al limite delle nostre acque territoriali, avevano da poco tagliato la cima di traino della solita carretta del mare strapiena di 354 kurdi, afghani, cingalesi e senza patria, in fuga dalla fame, tra cui 35 donne e 42 bambini, per poi allontanarsi nella notte buia. Un piano più volte messo a frutto con successo, ma che adesso è saltato. Che la base logistica di preparazione degli sbarchi in Calabria fosse la Turchia e, in particolare, la città di Izmir (Smirne), non v'erano ormai dubbi. Agli inquirenti lo aveva raccontato Ramazan Ozluk, 28 anni, contrabbandiere anche lui, arrestato dalla polizia lo scorso giugno a conclusione di uno dei tanti sbarchi. Il giovane marinaio aveva deciso di collaborare con i giudici crotonesi, rivelando particolari inquietanti sulla pericolosità di quelle gang turche disposte anche a far uso delle armi pur di trasbordare in Italia, a suon di migliaia di dollari, quei "dannati della terra". I contrabbandieri chiedevano solo un anticipo alla partenza, ed il saldo della somma pattuita veniva versato dai parenti dei profughi con rimesse dai paesi europei dove vivono e lavorano.
In questi ultimi quattro mesi, si sono contati in Calabria nove sbarchi per quasi tremila persone. Da dove siano partiti i nuovi arrivati per giungere a Crotone non è assolutamente certo, ma l'ipotesi di Smirne come luogo di imbarco è quella a cui gli investigatori credono di più. In quell'area - stando al racconto di Ramazan Ozluk - i nuovi negrieri contattano quanti vogliono scappare in cerca di migliore fortuna. Stabilito l'accordo con il concorso delle famiglie già residenti in nord Europa, i contrabbandieri riempiono un natante di profughi e lo rimorchiano fino a raggiungere il limite delle acque territoriali italiane. Lì, dopo l'sos, la cima di traino viene tranciata e il battello con donne, uomini e bambini, lasciato in balia del mare. Insieme ai profughi rimane qualcuno dei contrabbandieri per rassicurarli, fino ad incrociare una nave militare italiana, la certezza di un aiuto e la speranza di una nuova vita.
Nella notte di domenica, a bordo della carretta del mare erano rimasti Karatas Ercan e Erodgar Mair, entrambi turchi, di 27 anni, individuati grazie alla testimonianza dei profughi. Il loro compito tra gli "scappati" durante la navigazione era quello di tenere a bada eventuali liti o controversie. Gli altri undici corsari, loro compagni di avventura, sono stati bloccati a bordo della nave-madre in fuga.
Nel centro di S.Anna, per tutta la giornata di ieri decine di giovani del volontariato laico e cattolico, della Croce Rossa, delle Misericordie, hanno assistito i profughi, rifocillandoli e, soprattutto, rassicurandoli sulla loro sorte. Sono rimasti per mare circa sette giorni, il loro destino appeso ad una gomena, senza essere notati, in un tratto di mare che pure è solitamente battuto da naviglio militare e commerciale dotato di strumenti di intercettazione e riconoscimento all'avanguardia. Sette giorni ed almeno sei notti all'addiaccio, con pochi viveri, acqua razionata, gli occhi fissi al punto di orizzonte Est-Nord-Est, verso Crotone.
Orlando Amodeo, medico della polizia di Stato, non è nuovo a simili esperienze. E' il primo sanitario che sale a bordo delle carrette che raggiungono l'Italia. "Non è possibile - dice - non è giusto che uomini e donne e bambini viaggino in queste condizioni". Ma gli occhi di quelle donne, di quei bambini, di quegli uomini sono lucidi di felicità, di emozione. Per loro è una grande fortuna essere riusciti a sfuggire alle persecuzioni delle truppe di Saddam Hussein ed alle pulizie etniche dei militari turchi. Il Kurdistan è ormai lontano, ma dimenticarlo è impossibile.

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