17 Luglio 2001
 
 
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Crotone, sbarcano a centinaia
Ennesima carretta carica di profughi. In 40 giorni in Calabria ne sono arrivati diemila
FILIPPO DIANO - CROTONE

Primo avvistamento, anche stavolta, a circa trenta miglia direzione Sud-Sudest di Capo Spartivento, nella locride. Per il comandante e l'equipaggio del pattugliatore d'altura della marina militare "Sagittario", che da qualche mese incrocia stabilmente in quelle acque, l'ennesima conferma. Dal profondo Ionio emergeva sulla linea dell'orizzonte il solito scafo di circa venti metri stipato fino all'inverosimile di umanità in fuga dalla fame e in cerca di speranza. Su quella tolda surriscaldata dal sole impietoso, uomini donne e bambini, in tutto 320 persone, di etnia curda, irakena ed afghana, si sbracciavano in cerca di aiuto, e, soprattutto, di acqua.
Lentamente, a non più di quattro nodi di velocità, il battello senza bandiera ha proseguito la sua rotta puntando più a nord-est, verso Isola Capo Rizzuto, fino ad arenarsi a "Le Cannelle", un'oasi protetta. Anche stavolta chi era al timone del piccolo peschereccio ha preferito tenersi al largo di Roccella Ionica, porto più vicino, ma distante un centinaio di chilometri dal centro di raccolta profughi di S. Anna, proprio vicino a Isola Capo Rizzuto, dove sono ancora in attesa del visto per il nord Europa altri 390 profughi giunti con gli sbarchi dei giorni scorsi.
Trecentoventi persone, stavolta, tra cui 57 bambini e 37 donne, che sono riuscite a guadagnare "l'America", pagando alcune migliaia di dollari e marchi tedeschi alla mafia turca ed ai loro compari della 'ndrangheta calabrese per scrollarsi di dosso la miseria, le malattie, la fame, gli embarghi decisi dagli strateghi del Pentagono per piegare il regime di Saddam Hussein. Negli ultimi quaranta giorni, sono approdati in Calabria in più di duemila, soprattutto curdi, irakeni, afghani. Ma anche cingalesi, indiani e pakistani. Fuggono dai regimi militari, dalle pulizie etniche che nessun organismo internazionale ha voglia di contrastare. Perseguitati nelle loro terre, clandestini in Calabria, in attesa del visto di riconoscimento dello "status" di rifugiato politico. Un timbro su un documento, sigillo di libertà, che gli consenta di raggiungere gli altri, il resto della famiglia che magari già vive in Francia, in Germania o in Austria. Come i loro compagni di sventura che li hanno preceduti nella traversata del Ionio, anche quest'ultimo gruppo non sembrava in condizioni di salute particolarmente gravi. Qualcuno di loro, in inglese stentato, ha provato a spiegare a polizia, carabinieri, guardia di finanza e marina militare, che laggiù, a una quarantina di miglia Sud-Sudest da Capo Spartivento incrocerebbe la "nave madre" dei novelli negrieri che ha il compito di proteggere la rotta delle barche più piccole, pronta a intervenire in caso di avverse condizioni meteo. Del battello, però, neppure l'ombra. Eppure è assolutamente difficile, forse sarebbe esatto dire, impossibile, che un'imbarcazione, anche di piccole dimensioni, che incroci in un triangolo ideale di mare compreso tra Catania, Spartivento e Cefalonia, possa sfuggire alla vista acuta dei radar delle marinerie militari le cui flotte solcano continuamente il basso mediterraneo e l'Egeo, soprattutto di questi tempi, per lo stallo della crisi mediorientale.
Dalla "Sagittario", si è alzato nelle ultime ore in volo un elicottero alla ricerca della nave "blu e arancione", la nave madre "fantasma", appoggiato via mare da due motovedette della Capitaneria di porto di Crotone.
Sulle coste turche, intanto, sarebbero già pronti in centinaia per la traversata, o forse sono già per mare. Il barometro segna beltempo su tutto lo Ionio e l'Egeo: forza, si parte verso "l'America".

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