05 Luglio 2001
 
 
In 650 sulla nave dei disperati
Un peschereccio stracolmo di profughi curdi è approdato ieri Crotone. A bordo bambini e donne incinta
CINZIA GUBBINI

Il mayday è partito nella notte di martedì ed è arrivato dritto alla stazione radio di Palermo: un mercantile lungo trenta metri in difficoltà a cento miglia dalla costa jonica, in acque internazionali. Quando la nave della guardia di finanza è arrivata sul posto, si è trovata davanti una scena impressionante: seicentocinquanta persone ammucchiate su un vecchio peschereccio battente bandiera turca, che stava ormai imbarcando acqua. Il cargo si chiama "Amore", per uno strano scherzo del destino. I finanzieri sotto alla scritta hanno però trovato altri nomi, ripetutamente cancellati: un chiaro indizio del fatto che la nave ha trasportato in passato altri carichi umani.
I soccorsi, coordinati dalla Capitaneria di porto di Reggio Calabria, sono scattati immediatamente. Sette profughi sono stati caricati su una motovedetta e trasportati in ospedale. Una donna di trent'anni, incinta, è stata trasportata d'urgenza con un elicottero, ma purtroppo non c'è stato nulla da fare, e ha perso il suo bambino. Tra i ricoverati anche un'altra donna incinta, tre minori e un malato di diabete. Gli altri, invece, sono stati trasbordati - con una complessa operazione che ha occupato l'intera giornata di ieri - sulla fregata militare "Granatiere". Alla fine, il bilancio è questo: 146 bambini, 75 donne, 430 uomini di nazionalità kurda-turca, turca, e kurda-irachena. Seicentocinquanta persone in viaggio da almeno cinque, sei giorni, in condizioni indecenti ma pieni di speranza. Tutti hanno raccontato di non aver bevuto o mangiato per almeno tre giorni.
Nella comunità kurda già da qualche giorno si parlava di un enorme carico di profughi in partenza dalla Turchia, a quanto si è appreso dal porto di Izmir, sull'Egeo.
A parte gli otto ricoverati in ospedale, nella serata di ieri tutti i profughi sono stati trasportati nel centro di prima accoglienza di Sant'Anna, sull'isola di Capo Rizzuto. Quella che un tempo era una base militare adesso è principalmente un areoporto civile, adibito anche a centro di prima accoglienza. A disposizione ci sono 250 roulottes, potenzialmente in grado di ospitare 900 persone. Per tutta la giornata la Croce rossa, i volontari delle Misericordie, di Acer e Prociv, il comune di Capo Rizzuto si sono preparati all'arrivo dei profughi.La fregata "Granatiere" è approdata soltanto alle sei di sera nel porto di Crotone, per far arrivare il peschereccio, invece, c'è voluta tutta la notte. Ora si trova sotto sequestro. Inizialmente si è cercato di farlo ripartire, portando del carburante, perché l'"Amore" era completamnete a secco. Ma le condizioni dell'imbarcazione non lo hanno permesso, i motori non si sono riaccesi. Non si hanno notizie, per ora, dei membri dell'equipaggio i quali, secondo gli agenti, si nasconderebbero tra i migranti. Con quello di ieri sera arrivano a sette gli sbarchi di questo mese in Calabria. Lo scorso 27 maggio arrivarono 124 persone a Crotone, il primo giugno ne sbarcarono 62 a San Lorenzo, a Cirò Marina il 3 giugno furono avvistate 18 persone. Ben 430 persone approdarono a Isola Capo Rizzuto il 4 giugno, mentre il 24 è stata di nuovo la volta di Crotone, dove arrivarono 199 migranti. Infine, il 25 giugno, a Botricello sbarcarono 24 persone. Un vero e proprio rincorrersi di drammi, perlopiù provenienti dalla Turchia. Un chiaro segnale del precipitare della situazione politica turca (vedi articolo di Dino Frisullo a pagina 11). Lo stesso vale per i kurdi-iracheni, che a centinaia si riversano sul confine con la Turchia, cercando di raggiungere il porto di Istanbul per imbarcarsi verso l'Europa.
Di pochi giorni fa è la notizia che nella città turca di Van, dove un terzo della popolazione è composta da profughi, è stato ufficialmente vietato qualsiasi tipo di aiuto agli immigrati kurdi-iracheni che hanno superato la frontiera illegalmente (e, spesso, pagando la polizia turca). Non è migliore la situazione dei turchi, soprattutto i giovani che - come ha rivelato un progetto dell'associazione Papa XXIII sull'obiezione di coscienza - pur di non fare il servizio militare, che dura 3 anni ed è rischioso, scelgono di fuggire e di imbarcarsi sulle carrette del mare.

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