da "Il Manifesto"

17 Giugno 2001

IL COMMENTO

Chi sono i veri fantasmi

 

Detto in tutta franchezza, sono surreali le reazioni suscitate dalle immagini del "naufragio fantasma" diffuse dal quotidiano la Repubblica. Qui, a costo di apparire rosi dal livore per un ottimo scoop altrui - il racconto dei pescatori di Portopalo, la videocamera inviata in mezzo al mare a filmare il relitto, i vestiti e le ossa - vorremmo semplicemente ma fermamente ristabilire la verità dei fatti. Non tanto per illuminare alcune meschinità del presente, quanto per pesare nel modo che meritano le gravissime responsabilità del passato sull'occultamento della morte di 283 persone affogate nel canale di Sicilia la notte di natale del 1996. La verità dei fatti è tragicamente una sola. Non è vero che per quattro anni e mezzo nessuno ha denunciato e documentato quanto era accaduto quella notte. Se così fosse le colpe di chi allora non ha reagito sarebbero gravi, ma non imperdonabili. Sono invece imperdonabili perché un quotidiano piccolo ma a diffusione nazionale e considerato autorevole - questo - ha scritto in quei mesi (e anche dopo) pagine e pagine, copertine, interviste, reportage, testimonianze pressocché inascoltate. Rarissime e perciò non meno preziose le eccezioni: qualche parlamentare, qualche associazione antirazzista, le comunità straniere. In quelle pagine stava scritto tutto quello che c'era da sapere per aprire un processo e tutto quello che c'era da sapere per cominciare a ipotizzare di restituire i cadaveri ai propri cari. Un processo è stato aperto, due anni dopo. Quanto alla possibilità di recuperare ciò che resta di quelle 283 persone se ne parla solo oggi, quattro anni e mezzo dopo, "grazie a Repubblica". Fantastico. Ora, alla luce di questa inconfutabile verità, provate a leggere con altri occhi le reazioni suscitate dalle immagini diffuse dai telegiornali. Meravigliosa quella di Romano Prodi: "Orrore, dolore, persino vergogna: ecco cosa provo guardando quella povera gente che cercava una speranza ed è finita così" dice l'attuale presidente della Commissione europea che ai tempi non produceva mortadella ma era presidente del consiglio della Repubblica italiana. Su quella vicenda, più volte sollecitato, non disse una parola. Non parlò neppure Livia Turco, allora ministro alla solidarietà sociale, che oggi invece afferma "Provo un dolore profondo, un senso di sgomento, non bisogna mai dimenticare che sono in gioco vite umane". Come sono stati zitti allora avrebbero potuto e forse dovuto tacere anche oggi. Chi invece, nonostante mille sforzi, davanti alle immagini diffuse da Repubblica non avrebbe proprio potuto far finta di niente è il formidabile circo dei media. Che allora - Repubblica compresa - se ne stette rigorosamente zitto (contribuendo così all'occultamento della verità) e che oggi - per venire alle piccole meschinità - si trova costretto a fare i salti mortali pur di non cedere del tutto il passo alla concorrenza. Il Corriere della sera apre una pagina interna con il seguente titolo: "Strage di immigrati, libero il capitano". Si riferisce al capitano della Iohan, la nave contro cui era andato a sbattere il peschereccio maltese prima di inabbissarsi, ma la notizia è vecchia di circa un mese. La Stampa si sforza appena di più: "Pescavamo i corpi e li buttavamo a mare" titola internamente riprendendo a una settimana di distanza lo scoop di Repubblica sui pescatori di Portopalo. Il tutto condito da frasi di circostanza e rammarichi: "Cinque anni di indifferenza". Possono essere svariati e avere diverso peso i motivi che stanno alla base di tanta indifferenza. Resta il fatto: piangete e fate oggi ciò che eravate nelle condizioni di piangere e fare quattro anni e mezzo fa.