da "Il Manifesto"

16 Giugno 2001

"Perché solo ora?"

Parla un familiare di due delle vittime

CINZIA GUBBINI

 

"Ho visto le foto, sono tornato di colpo a cinque anni fa". Mohammed Shabir Kan, pakistano, è una delle persone che ha cercato di far luce sulla tragica vicenda della Iohan, quando ancora nessuno credeva ai racconti dei sopravvisuti. Shabir è il presidente dell'Associazione lavoratori pakistani in Italia: "Era nostro dovere dare voce a chi non l'aveva", dice ora. Ma anche lui è una vittima del naufragio, in fondo al mare ci sono i corpi di due suoi parenti: Habib e Zahir. Ogni anno, Shabir spedisce una lettera via fax al presidente del consiglio, chiedendo giustizia per le famiglie delle vittime. Sei contento, ora che la verità è venuta a galla? Sono contento, certo. Ma sono anche molto arrabbiato. Continuo a chiedermi perché nessuno ci ha creduto, perché continuavano a dirci "Non c'è niente", perché il manifesto era l'unico giornale che parlava della vicenda. Pensavo che l'Italia fosse un paese civile, ma da quando è affondata la Iohan mi sono convinto che chi non ha soldi in Italia non conta nulla. Cosa avete fatto per cercare di farvi sentire? Appena ho saputo del naufragio, insieme a Dino Frisullo di Senzaconfine ci siamo messi in contatto con i naufraghi sopravvissuti, che si trovavano in Grecia. Loro chiedevano un aiuto, e da lì è iniziata la nostra battaglia. Arrivò in Italia il padre di una delle vittime, Zabiullha, esponente di un partito politico regionale pakistano. Con lui abbiamo iniziato le ricerche, e abbiamo scoperto delle cose importanti, che abbiamo riferito al giudice. Cosa avevate scoperto? Siamo stati in Grecia, e con molta fatica abbiamo ricostruito l'intera catena del traffico clandestino. Abbiamo detto al giudice chi aveva organizzato il viaggio, quanto era costato, da dove erano partite le navi, come venivano reclutate le persone. C'erano pesci piccoli e pesci grandi, forse questo ha ostacolato le indagini. Credevo che la giustizia funzionasse, ma forse dove arriva la politica non funziona più. Secondo te ora accadrà qualcosa? Non lo so, io mi auguro che almeno i dispersi vengano riconosciuti morti. Purtroppo lo stato pakistano non ha ancora emesso i certificati di morte, e così ci sono vedove che per lo stato non sono vedove, e lo stesso accade per gli orfani. E' una situazione molto dura, di cui, ovviamente, nessuno si preoccupa. Sono stato in Pakistan due mesi fa, e le famiglie stanno ancora aspettando. E' la cosa peggiore. Anche la tua famiglia aspetta di poter piangere Habib e Zahir. Sì, erano due ragazzi giovanissimi, pieni di vita. Entrambi erano già stati in Italia, e avevano lavorato al nero in agricoltura come clandestini. Habib aveva chiesto la regolarizzazione, e nel frattempo era tornato in Pakistan, perché la mamma era molto malata, e poi lì aveva una moglie. E' ripartito, per vedere se c'era la possibilità di mettersi in regola, ha sempre lavorato. Sua moglie era anche rimasta incinta, voleva aiutare la famiglia. Invece si è imbarcato sulla Iohan, e non ha potuto conoscere i suoi due gemellini. Che sono orfani, non riconosciuti.