da "Il Manifesto"

10 Giugno 2001

"Islam e democrazia"

Intervista a Ataollah Mohajerani, ex ministro della cultura, consigliere di Khatami e bestia nera dei conservatori

SEYED FARIAN SABAHI - TEHRAN

 

Ataollah Mohajerani è consigliere di Khatami e presidente dell'Organizzazione per il dialogo tra civiltà. Dal 1997 al 2000 ha ricoperto la carica di ministro alla cultura e guida islamica, poi è stato costretto a dimettersi sotto la pressione dei conservatori (anche per questo non è facile intervistarlo). Ma è rimasto in prima linea, a fianco di Khatami. E' un personaggio di grande rilievo e di grosso spessore. Che in molti, nei settori più aperti e democratici, sperano possa essere in futuro, magari fra quattro anni, il prossimo presidente della repubblica islamica. Per questo ci sarà tempo. Per ora parliamo del plebiscito per il presidente del presidente della repubblica uscente. Che significato ha la vittoria di Khatami? Avrà finalmente la forza permettere in atto le riforme? Il risultato elettorale rende Khatami più forte nei confronti della destra: potrà portare avanti il proprio programma con maggiore determinazione. Nel 1997 fu accusato di aver vinto solo perché la gente aveva votato contro il conservatore Nateq Nuri e non per Khatami. In questi quattro anni gli iraniani hanno avuto modo di conoscerlo e hanno quindi votato per lui e per le riforme. Si parla di rimpasto di governo? Sì, il ministro dell'economia cambierà. Dovremo innanzitutto risolvere i problemi economici: l'inflazione è al 20%, la disoccupazione al 16% e l'80% delle entrate dell'Iran dipende dal petrolio, un fattore che rende l'Iran particolarmente vulnerabile alle oscillazioni del prezzo del barile. In secondo luogo, il governo dovrà concentrarsi sulla politica estera e migliorare le relazioni diplomatiche con i paesi arabi e l'Europa. Per risolvere il contenzioso con gli Stati uniti, Washington dovrà cambiare atteggiamento e smettere di usare due pesi e due misure nei confronti di Israele e dei palestinesi. Come vanno i rapporti tra Italia e Iran? Me ne sono occupato soprattutto sotto il profilo culturale. Durante la visita di due anni fa in Italia notai una statua del poeta Firdousi e proposi al ministro Giovanna Melandri di organizzare un evento culturale in Iran su Dante Alighieri. Pur non essendo più ministro alla cultura, ricopro comunque la carica di consigliere del presidente e tutti i componenti del ministero sono stati miei subalterni. L'attuale ministro, per esempio, è stato il mio vice. Tra i vari strumenti di scambio culturale, il cinema rimane tra i più efficaci. A proposito di cinema, perché "Il cerchio" di Jafar Panahi, Leone d'oro a Venezia, è vietato in Iran? La decisione non dipende dal ministero della cultura ma da una speciale commissione religiosa i cui membri ritengono che la pellicola di Panahi dia un'immagine negativa e deformata dell'Iran. Rispetto ad altri film, le ultime scene di "Il cerchio" non danno infatti alcun messaggio di speranza. Torniamo a parlare di politica: prrevede di essere reintegrato nel governo? Preferisco rimanere consigliere di Khatami e presidente dell'Organizzazione per il dialogo tra civiltà. Prima di accettare questo incarico ho ricoperto la posizione di ministro alla cultura per quaranta mesi consecutivi. Prima ancora, sono stato vice presidente per otto anni, vice primo ministro per cinque e deputato nella prima legislatura. Ho bisogno di qualche anno di tempo per leggere, scrivere e pensare, poi sarò di nuovo pronto per ricoprire la carica di ministro o qualche altra posizione di rilievo. In questi quattro anni i conservatori l'hanno attaccata a più riprese. vero che ha dovuto dare le dimissioni per salvare sua moglie Jamileh Kadivar, coinvolta nel cosiddetto processo di Berlino? Sì, i conservatori hanno messo sotto pressione sia me sia il presidente Khatami, ma in un paese come l'Iran non si tratta di eventi inaspettati. Per ora il problema è risolto, sono consigliere del presidente e responsabile dell'Organizzazione per il dialogo tra civiltà, mentre mia moglie Jamileh è deputato ed è stata molto impegnata in questa campagna elettorale. La sua famiglia ha pagato un prezzo nella transizione verso la democrazia. Secondo lei, la democrazia è compatibile con l'Islam? Per noi iraniani democrazia e Islam sono fondamentali. Per me e Khatami questi due concetti sono legati in modo indissolubile alle richieste e alle aspettative della gente. Ma altri la pensano diversamente. Ventidue anni dopo, l'Iran sta cercando di uscire da una rivoluzione religiosa: quali misure sono necessarie? Tutte le rivoluzioni hanno qualcosa in comune: nella prima fase si vorrebbe diffondere un messaggio al resto del mondo. Poi, nel giro di una ventina d'anni, emergono i problemi economici, sociali e culturali e la leadership è obbligata a soffermarsi sulla politica interna. Uno dei problemi dell'Iran riguarda la suddivisione dei poteri: il presidente e il parlamento sono riformatori ma sono contrastati dai conservatori, e cioè dal leader supremo, dal Consiglio dei guardiani e dall'Assemblea degli esperti. Ad agosto, per esempio, il leader supremo Ali Khamenei aveva impedito ai deputati di discutere una riforma della legge sulla stampa. Che cosa può fare Khatami per eliminare questa dicotomia? Il problema è radicato nella costituzione della Repubblica islamica il cui articolo 110, per esempio, definisce i compiti del leader supremo: nomina i membri dell'Assemblea degli esperti, il capo delle forze armate e i giudici della Corte suprema. Per superare l'ostacolo legislativo, Khatami ha bisogno di tempo e deve cambiare la Costituzione. Quali mosse possiamo attenderci dai conservatori? Sono obbligati a cambiare strategia: finora hanno fatto orecchie da mercante, ma l'afflusso alle urne ha dimostrato che non ci sono alternative: i politici devono ascoltare le richieste degli iraniani. Il presidente Khatami ha un sorriso accattivante, piace alla gente e ha contribuito all'apertura dell'Europa verso l'Iran, ma nel primo mandato non ha fatto granché. Rappresenta l'establishment ed è infatti imparentato con la famiglia dell'imam Khomeiny. Secondo lei tra quattro anni gli iraniani andranno alle urne per eleggere un laico o sarà ancora la volta di un religioso? E' troppo presto per dirlo. Dobbiamo aspettare e vedere cosa succederà in questi quattro anni.