da "Il Manifesto"

09 Giugno 2001

Traffico di umani

BASSO La Fondazione svolge una ricerca sulle neo schiavitù. E apre un dibattito

GUGLIELMO RAGOZZINO

 

Ci mancava solo il traffico di esseri umani per fare del sistema mondo del nuovo millennio qualcosa di veramente schifoso. Meglio però non negare che la faccenda esista, o ingigantirla. Occorre piuttosto capire i fatti per prendere provvedimenti. A questo scopo è da segnalare la giornata di studio della Fondazione internazionale Lelio Basso, presenti molte persone dell'amministrazione statale e della società civile, parlamentari, ricercatori; tutti coinvolti, mente e cuore, nelle storie di tratta, di emigrazione, di libertà umana. La Fondazione Basso, con l'Istituto italiano per gli studi filosofici e il Formin, presentava la prima stesura di un'indagine in tema di traffico degli umani ("Lavoro servile e forme di sfruttamento paraschiavistico"). L'indagine prendeva di mira tre zone circoscritte del paese: l'area laziale (Roma e Latina) quella campana (soprattutto Napoli) e quella piemontese (in particolare Torino). L'interesse erano le forme di lavoro forzato, la tratta delle donne e dei minori, le forme di accattonaggio forzato. Della ricerca (e dell'intento etico e politico connesso) hanno parlato Enrico Pugliese e Francesco Carchedi, mentre i magistrati dell'antimafia e la senatrice Tana de Zulueta, tra gli altri, hanno descritto i tentativi di migliorare la legge e l'attività di contrasto per migliorare la vita delle persone coinvolte, da parte di autorità di polizia e magistratura. Al centro del dibattito due questioni formidabili: le cause della tratta umana e le sue modalità; ed è soprattutto sula seconda che si è imperniato un confronto teso e appassionato. Le cause della tratta sono in sostanza una sola: la povertà che colpisce come una epidemia intere plaghe del pianeta globalizzato; colpisce per esempio i paesi dell'est europeo. E' la fame, il freddo, la mancanza di tutto; è la guerra. Si vende di tutto, si traffica di tutto, il tabacco, le droghe, le armi, i corpi delle persone, soprattutto di donne giovani e bambini. Il procuratore nazionale antimafia Pier Luigi Vigna nota con una certa rassegnazione che per contrastare i traffici di tabacco esistono leggi severe che mancano invece per il traffico di bambini; e non è per caso se una legge sul traffico umano non la si è raggiunta nel corso della legislatura, nonostante maggioranza e opposizione si dicessero d'accordo. Il ministero dell'interno assicura di aver fatto tutto il possibile. Chi parla è Demetrio Messineo che distingue tra clienti e vittime dei trafficanti, e spiega il successo dell'articolo 18 della legge sull'immigrazione che offre protezione sociale a donne costrette a prostituirsi e che con questi programmi possono - per così dire - rifarsi una vita. Il rifarsi una vita è un po' un luogo comune, ma è anche il massimo che la società un po' classista, un po' razzista, possa prermettersi di offrire. E i bravi funzionari assicurano di servirsene nel modo più lieve e discreto. Vengono da più parti indicati i numeri delle donne riabilitande; nell'ultimo anno sono in corso 1.150 progetti di protezione sociale. Il caso migliore è quando si riesce a rispedire la poveretta a casa, con un gruzzolo di soldi e l'assicurazione che sopravviverà alle tensioni e alle violenze familiari, una volta rimpatriata. A questo punto è stato descritto un quadro di mafie potenti, soprattuto albanesi, ma indifferenziate, che rapiscono ingannano, tradiscono, violentano giovani donne per lo più slave, per buttarle sul marciapiede nelle città italiane. Pugliese, direttore della ricerca della fondazione Basso è di diverso parere; sono altre le modalità del traffico umano. in primo luogo la separazione tra contrabbando e traffico spiega poco. E' contrabbando o smuggling finché il contrasto alla frontiera è blando. Diventa traffico trafficking quando la repressione si fa violenta e ogni passaggio diventa pieno di pericoli e di conseguenza costoso. Parlare di "mercanti di carne" alla Oscar Luigi Scalfaro (naturalmente ieri nessuno ha usato certe espressioni) e costruirvi sopra una mitologia, vuol dire rinunciare a capire. A capire che i viaggi sono quasi sempre volontari, e che se ci sono decine o centinaia di persone private della libertà, che lavorano in modo forzato o devono prostituirsi o mendicare, ve ne sono migliaia di altre la cui vita grama, nel sospetto, fa comodo a tutta la cittadinanza. Almeno un milione di persone sono arrivate da clandestine; e così il loro lavoro, la loro prestazione sessuale costano meno. Sul tema della prostituzione ha lavorato Francesco Carchedi. Suggerisce di non insistere troppo sulla nozione di tratta che spiega i casi di un migliaio di donne su quarantamila straniere che svolgono l'attività in Italia. Consiglia di riflettere su quattro figure che sono presenti nel mercato della prostituzione: clienti, forze di polizia, criminali, operatori sociali. La donna sta in mezzo e i quattro hanno attività che si intrecciano tra loro. E' necessario che forze dell'ordine e operatori imparino, sappiano cogliere un punto di vista sociale. Quello di Carchedi è un "appello alla creatività". I clienti, per fare un esempio, oltre che rappresentare la domanda, possono a volte essere anche la via di fuoriuscita dalla prostituzione. E racconta di un caso recente. Una ragazza africana ha già pagato 60 milioni per uscire dal giro. Ha un innamorato in una città del nord, con cui ha un progetto di vita in comune. Ma c'è un ma. Un rito vodoo che non le consente di andarsene. Carchedi è sicuro che nella città del nord esista una persona capace di fare un contro-rito che soddisfi e tranquillizzi la ragazza. Il compito della polizia è trovare il personaggio e organizzare il rito. Poi, confetti per tutti.