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da "Il
Manifesto"
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04 Maggio 2001 Del Boca: "Quei gas sono ancora là" Intervista allo storico del colonialismo italiano. Che dà ragione all'Etiopia EMANUELE GIORDANA * Angelo Del Boca è uno degli storici più noti dell'Italia coloniale. Tra i suoi meriti c'è quello di aver squarciato il velo di resistenze e reticenze che, dal 1936, gravava su una delle pagine peggiori della storia patria: l'utilizzo di gas mortali e altre armi chimiche nella guerra contro l'Etiopia. La campagna durò sette mesi e si concluse nel maggio del '36. Durante quel periodo, Badoglio e Graziani, incaricati dal Duce della conquista dell'Impero di Hailé Selassié, usarono massicciamente centinaia di quintali di iprite e migliaia di proiettili armati con arsine, prodotto chimico meno micidiale ma comunque mortale. L'Italia fu condannata dalla comunità internazionale per l'uso di quelle armi ma si rifiutò di ammettere con completezza la verità sino al 1996 quando l'allora ministro della Difesa, generale Corcione, fece l'ammissione ufficiale allegando alcuni documenti che nel dettaglio riferivano dell'impiego dei gas. La vicenda, da cui Del Boca trasse il libro "I gas di Mussolini", era nata dalla testardaggine sua e di altri storici come Giorgio Rochat e da una polemica che Del Boca ebbe con Montanelli che, pur testimone oculare di quella guerra, non aveva visto mai utilizzare i gas e ne aveva negato l'esistenza. Invece i gas furono usati... Eccome se furono usati. Il documento che Corcione allegò alla sua dichiarazione, riferiva che Badoglio, tanto per fare un esempio, aveva utilizzato 45 tonnellate in una volta sola... Ma quanta iprite fu portata in Africa orientale? Lo sappiamo con precisione e sappiamo anche quanta ne fu utilizzata. Rimane certamente il capitolo di quanta ne sia rimasta. Questo, in un certa senso, è un terreno d'indagine ancora vergine Allora quanta e dove fu stoccata l'iprite? Gli italiani portarono prima della guerra contro l'Etiopia 700 tonnellate di materia bellica chimica: 600 vennero stoccate a Sorodoco, vicino all'Asmara. Altre cento vennero stoccate in Somalia. I generali si preparavano ad usarle. Come fecero. Quante ne utilizzarono e come? Sui due fronti dov'era impegnato il nostro esercito ne furono impiagate oltre 300 tonnellate per quel che riguarda l'iprite. 316 per essere precisi. L'iprite veniva lanciata dagli aerei che trasportavano bombe da 500 chili e che si aprivano a circa 300 metri di altezza. Chi finiva sotto il cono di azione della nube che si sprigionava dalle bombe moriva tra dolori terribili. Poi c'è il capitolo arsine: questa è un'arma meno micidiale ma comunque mortale, e che veniva sparata con proiettili di mortaio. Se ne spararono esattamente 1367 proiettili e la battaglia in questione fu quella dell'Amba Aradam. Ecco perché effettivamente quel ritrovamento di proiettili all'Amba-Alagi può far pensare che si tratti di quella partita Allora se facciamo i conti... Per fare bene i conti dobbiamo attenerci alle carte. Sappiamo che nel '36 ci fu il rimpatrio di 624 tonnellate di proiettili ad arsine e l'intenzione di rimpatriare l'iprite ma Mussolini disse no: "Sua eccellenza il capo del Governo - leggo testualmente da un documento del Ministero dell'Aeronautica - desidera si soprassieda per il momento alla rispedizione in patria di bombe con caricamento speciale inviate in Africa orientale e al rimpatrio delle squadre chimiche, messe a disposizione di questo ministero...". Mussolini voleva usarle, come fece, per fiaccare la resistenza etiopica. Di più: alla fine del '36, cioè a campagna finita, inviò altre mille bombe c500t, le più potenti, il che fa altre 50 tonnellate circa. E ancora: il 30 ottobre del '39, risultavano stoccate in Africa Orientale 2775 bombe c500t e 308 bombe c100b, le famose arsine... E secondo lei quelle bomba dove sono finite? Sono ancora lì: come faceva l'Italia a rimpatriarle nell'imminenza dell'entrata in guerra avvenuta nel giugno successivo e col timore che gli alleati avrebbero potuto usare armi chimiche? Non aveva senso portarle indietro. Che sia stato fatto durante la guerra lo escluderei. E se sia successo dopo non ne ho proprio notizia. Ma la Difesa dice che non risulta che l'Italia abbia lasciato qualcosa... Lo dimostri con carte alla mano e ci crederemo. Fino ad allora il dubbio rimane. La reticenza italiana su questa vicenda ha una storia troppo lunga perché sia sufficiente un comunicato. *Lettera 22
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