da "Il Manifesto"

27 Aprile 2001

Alle urne senza discriminazioni

Blair e Hague firmano un impegno antirazzista. Molti deputati si astengono

ORSOLA CASAGRANDE - LONDRA

La commissione governativa per l'uguaglianza tra le razze non poteva avere idea migliore (o peggiore, a seconda dei punti di vista). In prossimità delle elezioni di giugno ha pensato di sottoporre ai partiti in corsa per le chiavi di Downing street un manifesto che è un impegno antirazzista, con una serie di principi da osservare in campagna elettorale e (possibilmente) anche dopo. Soprattutto considerato il fatto che la questione immigrazione è tra le più calde di questa campagna elettorale, con laburisti e conservatori che fanno a gara per proporre leggi più severe per limitare l'arrivo di stranieri in Gran Bretagna. Il documento della commissione non è nulla di rivoluzionario, è semplicemente una lista di buoni propositi per far sì che i candidati rappresentino "gli interessi di tutti gli elettori, a prescindere dalla razza, sesso, colore, religione o altri fattori di discriminazione". Per evitare classifiche, la commissione ha chiesto a Tony Blair e al leader dei Tories, William Hague, di firmare il documento nello stesso momento. Di fronte alle telecamere e a decine di giornalisti i due leader hanno ossequiosamente svolto il loro dovere. Tutto sembrava sotto controllo. Fino a quando la commissione non ha avuto l'idea di chiedere anche ai parlamentari di tutti i partiti di firmare l'impegno a non assumere atteggiamenti razzisti o discriminatori in campagna elettorale. In quello che il movimento antirazzista ha definito il "giorno della verità" è successo di tutto: patetici interventi, da parte di deputati conservatori soprattutto, per giustificare la loro decisione a non firmare. Il vuoto più rilevante è quello del ministro ombra del tesoro, Michael Portillo. Il nome la dice lunga sulle sue origini decisamente non inglesi, eppure Portillo si è reso protagonista di una delle pagine più tristi del partito conservatore, dal '97 in poi, cioè da quando è iniziata l'estinzione. "Sono entrato in politica per parlare in prima persona e sono determinato a utilizzare il mio linguaggio, le mie parole", ha detto Portillo nel dichiarare che non avrebbe firmato il documento della commissione per l'uguaglianza delle razze. Imbarazzatissimo il suo capo, William Hague, ha cercato di convincerlo ad aggiustare il tiro e ad ammorbidire i toni. Così Michael Portillo, il giorno dopo la bufera, ha detto che "non c'è bisogno che firmino anche i deputati: William Hague ha firmato per tutto il partito". Una volta stabilita che la linea di difesa migliore era questa, cioè Hague ha firmato per tutti, i Tories che non hanno sottoscritto l'impegno antirazzista della commissione sono passati all'attacco arrivando addirittura ad accusare la stessa commissione di aver "ricattato i partiti presentando quel documento". E nel sottolineare che "non firmare non significa essere razzisti", qualche ex ministro conservatore ha anche detto che "il documento è offensivo perché insinua che qualcuno tra i deputati sia razzista". La ministra ombra degli interni, l'oltranzista Anne Widdecombe ha firmato non prima di definire il documento "sciocco". E non sono mancati gli appelli alla purezza della razza inglese. Orrore, orrore, hanno gridato i laburisti e i liberal democratici certi di guadagnare consensi dallo squallido incidente. Tony Blair ha dichiarato che "la vicenda dimostra l'assoluta mancanza di disciplina di partito interna ai conservatori" e Charles Kennedy (leader dei Libdem) ha detto che "William Hague ha più di una gatta da pelare al suo interno". Per la cronaca, la commissione ha reso noto che su 417 deputati laburisti a firmare il documento sono stati in 269. Dei 160 conservatori hanno apposto la loro firma in 55 e dei 47 liberal democratici hanno firmato in 45.