da "Il Manifesto"

26 Aprile 2001

Medioevo al Cairo

L'obiettivo questa volta è Nawal El-Saadawi, nemica dei fanatici islamici

GIULIANA SGRENA

Questa volta nel mirino degli integralisti egiziani è finita Nawal El-Saadawi. La nota scrittrice femminista egiziana che da una vita - è ora settantenne - si batte per i diritti delle donne contro una visione fondamentalista dell'islam finirà sotto processo per eresia. Lo ha deciso il procuratore generale, al quale spetta la decisione di dare seguito a una querela per apostasia, dopo l'approvazione nel 1998 - per arginare le accuse contro intellettuali - di un emendamento alla legge che permetteva agli individui di intentare causa per eresia, nota come hisba. Ad avviare il procedimento è stato il noto avvocato integralista, Nabih el-Wahsh, che ha inviato al procuratore la richiesta di incriminazione di El-Saadawi con l'accusa di "derisione dell'islam e ridicolizzazione dei suoi principi fondamentali". Non solo, ha chiesto al marito di Nawal di divorziare dalla moglie in quanto apostata. Una prassi già utilizzata contro il professore di studi islamici Nasr Hamed Abu Zeid, anche lui accusato di apostasia e per questo la corte del Cairo, nel giugno 1995, aveva imposto alla moglie il divorzio. Da allora la coppia vive in esilio in Olanda. Il caso Nawal El-Saadawi è nato da una intervista che la scrittrice ha concesso al settimanale Al-Midan, all'inzio di marzo, nella quale ribadiva alcuni pilastri della sua battaglia femminista. Nawal El-Saadawi, in base alla sua interpretazione progressista dell'islam, sostiene che il velo non è obbligatorio, contrariamente a quanto afferma la maggior parte degli studiosi dell'islam che, secondo la scrittrice, "sarebbero ossessionati dal sesso". Tra le affermazioni incriminate vi è anche quella che definisce il pellegrinaggio alla Mecca - uno dei cinque pilastri dell'islam - come vestigia del paganesimo. Ma ha anche attaccato la legge islamica sull'eredità, in base alla quale le donne ereditano la metà di quanto spetta ai maschi. Una legge che dovrebbe essere abolita secondo El-Saadawi, visto che - sostiene - il 35 per cento delle famiglie egiziane dipendono dal reddito di una donna. Le prime accuse, dopo la pubblicazione dell'intervista erano arrivate dal gran mufti egiziano, Sheikh Nassr Farid Wassel, che ha inviato una lunga lettera al settimanale accusando Nawal El-Saadawi di eresia e di "porsi al di fuori dell'islam". Anzi, prima della pubblicazione, il mufti avrebbe ascoltato i nastri dell'intervista e avrebbe chiesto alla scrittrice di ritirarla. Lei si sarebbe rifiutata, ma ha accusato il giornalista di aver travisato le sue risposte nelle quali si limitava a ribadire fatti storici. La miccia era comunque innescata: al giornale venivano inviate lettere infuocate, una di quelle pubblicate sosteneva che "bisogna far saltare la testa di El-Saadawi con un colpo d'ascia". La stessa pena veniva invocata dall'avvocato integralista El-Wahsh che l'ha denunciata. A sorprendere la scrittrice, che si trova in Europa, non è tanto la denuncia dell'avvocato "mentalmente disturbato", ma la decisione del procuratore.Il marito Sherif Hetata, si è detto comunque sicuro che Nawal dopo il suo rientro in Egitto saprà far fronte alla questione, perché "è abituata a simili battaglie". Certamente questa decisione viene letta da molti come una licenza di uccidere. Nawal El-Sadawi, autrice di molti libri tradotti in numerose lingue, anche in italiano, ha pagato duramente il suo impegno a sostegno dei diritti delle donne e contro l'infibulazione. La circoncisione, quando avevo sei anni, è la cosa più dolorosa che ho dovuto subire, racconta in una sua autobiografia: "Da quando ero bambina, questa profonda ferita inflitta al mio corpo non si è mai rimarginata...". I suoi libri che denunciano l'oppressione della donna sono stati spesso banditi dalla fiera del libro del Cairo, tanto che spesso ha dovuto pubblicarli in Libano. Mentre per le sue attività politiche era già stata incarcerata nel 1981, ai tempi di Sadat.