da "Il Manifesto"

18 Aprile 2001

Merce d'importazione

METALMECCANICI

Intervista a Francesca Re David (Fiom-Cgil) "L'immigrato usa e getta è un'idea pericolosa e inaccettabile"

PAOLO ANDRUCCIOLI - ROMA

Come si prepara il sindacato ad affrontare l'allargamento dell'Europa e i relativi nuovi flussi di immigrazione di lavoratori dall'est europeo? E che cosa si sta facendo già oggi per reagire al nuovo tentativo di modificare, o magari distruggere gli schemi del diritto del lavoro? Abbiamo girato queste domande a Francesca Re David, della segreteria nazionale della Fiom. Che cosa pensi dell'editoriale del "Sole 24 ore" di ieri? E' una proposta isolata quella di chiamare in Italia gli "immigrati a tempo" in base alle esigenze stagionali della produzione? Io penso che la posizione di Tito Boeri pubblicata sul Sole 24 ore di ieri non sia affatto un'idea isolata tra gli industriali italiani. C'è invece putroppo un consenso diffuso tra gli imprenditori e basta pensare a quel che è successo sui contratti a termine per capirlo. E alla battaglia che sta conducendo la Cgil. Quello che è più grave in queste posizioni, secondo me, è la distinzione dei contratti di lavoro per "tipi", o per caratteristiche "soggettive". Non si tratta più di inquadrare i lavoratori in base a criteri "oggettivi" (la produzione, i risultati, la professionalità, ecc.), ma in base alle loro caratteristiche soggettive, magari al colore della pelle o alla provenienza geografica. Un lavoratore africano, allora, avrà certi diritti, uno slavo altri, uno tedesco altri ancora. E' una proposta molto pericolosa che incide sul diritto al lavoro e sui diritti soggetti delle persone. Il problema però, mi pare, è anche quello del tempo determinato. E del rapporto tra questi lavoratori e lo stato sociale.. Infatti, l'altro elemento di pericolosità di tali proposte sta nel carattere "usa e getta" di questi lavoratori, anche per quanto riguarda la contribuzione sociale. Nei primi anni di lavoro questi immigrati vanno bene perché contribuiscono con il loro lavoro allo stato sociale. Poi quando, si dovrebbe pensare ai loro figli e alle loro famiglie, allora diventano un peso e quindi vanno allontanati. Vogliamo insomma solo i vantaggi dell'immigrazione e allontaniamo tutti gli svantaggi. Troppo comodo. L'altro elemento che fa riflettere riguarda sempre il costo del lavoro: viviamo nel ricatto continuo delle aziende che vogliono andarsene dove il lavoro costa meno. Ora vogliono farlo arrivare a domicilio, ma solo quando serve. Per questo il nostro punto di riferimento deve rimanere il contratto di lavoro a tempo indeterminato. Il contratto a tempo può anche essere una scelta dell'immigrato. Ma deve essere una sua scelta perché magari decide di tornare nel suo paese e non un vincolo imposto a tutti. Che cosa pensa di fare il sindacato in questa situazione? Come si fa a evitare il dumping e lo scaternarsi di una nuova guerra interna che non farà che indebolire la classe lavoratrice? Purtroppo, onestamente, devo ammettere che i sindacati metalmeccanici europei stanno ancora indietro. A un anno dall'euro scontiamo un grosso ritardo. Noi abbiamo proposto alla Fem, la Federazione europea dei metalmeccanici, la creazione di un unico sindacato di tutti i metalmeccanici europei. Ma è solo una proposta, bisognerà lavorarci parecchio. Intanto dovremmo sviluppare la nostra capacità di proposta e di analisi per trovare obiettivi comuni, come per esempio l'armonizzazione delle richieste salariali.