da "Il Manifesto"

31 Marzo 2001

Per chi suona il campanile

Il contrasto tra un'immagine pre-capitalistica del Veneto e le effettive trasformazioni economiche in atto. Una geografia mentale del più consistente regionalismo italiano

SIMON LEVIS SULLAM

" Il Veneto è nazione storicamente indipendente... Il Veneto Serenissimo Governo definisce l'estensione della Veneta Serenissima repubblica... Il veneto popolo si riconosce nella religione cattolica cristiana... Il Veneto Serenissimo governo promuove l'immagine della qualità produttiva del Veneto nel mondo...". Sono proposizioni della Costituzione del "Veneto Serenissimo Governo", stilata dal gruppo che assaltò il campanile di San Marco, a Venezia, l'8 maggio 1997: una miscela di nazionalismo localistico, riattivazione mitica del passato, revival religioso, capitalismo d'accatto. Il documento è pubblicato ora, con altri di analogo tenore (tratti da volantini, libri, manifesti, canzoni, opuscoli e pagine web) in un'antologia che chiude il volume Venetisimi. Diario di un gruppo di studio sul Veneto contemporaneo. 1997-1999 (Cierre edizioni, Verona, pp. 211, L. . 28.000), curato da Alessandro Casellato, un giovane ricercatore che si muove tra l'Istituto per la Storia della Resistenza di Treviso e l'Università di Venezia. Casellato ha coordinato per due anni un gruppo di studenti universitari di storia, letteratura e scienze sociali che, all'indomani dell'assalto a piazza San Marco, delle proclamazioni di indipendenza della "Padania" a Venezia, dell'affermazione elettorale della Lega in molti centri soprattutto del Trevigiano, ha deciso di armarsi degli strumenti della ricerca per cercare di capire le trasformazioni culturali e politiche della propria regione, di interrogarsi sul fenomeno delle "piccole patrie", di decifrare le origini degli antagonismi secessionisti e razzisti. A poche centinaia di chilometri da loro, nella ex-Jugoslavia, infuria la guerra civile: nel gruppo di studio sul Veneto, si accendono da un lato i pur remoti timori di iniziative violente che possano far degenerare la situazione anche in Italia; dall'altro le inquietudini, più giustificate, circa la forza dirompente, talvolta tragicamente efficace, delle "comunità immaginate" più degenerate: i micro-nazionalismi che re-inventano ed esasperano le identità collettive e generano scontri talora sanguinosi. Nascono anche, però, alcuni interrogativi attorno ai bisogni e alle rivendicazioni che i vari "leghismi" esprimono; agli interessi che possono impadronirsene e manipolarli; alle storie che li hanno potuti produrre e, persino, ai loro possibili antecedenti. Il gruppo sui "Venetismi" si propone allora una raccolta e inventariazione di materiali e documenti prodotti dalla Lega Nord e da altre "Lighe" venete, da gruppuscoli politici, associazioni culturali, intellettuali locali, che riscoprono, inventano, esaltano il Veneto, la sua storia, la sua "identità": gli studenti di storia vogliono analizzarli e decostruirli alla luce di categorie e strumenti teorici delle scienze sociali, come l'"invenzione della tradizione" o l'"uso pubblico della storia". Il lavoro si sviluppa in diverse ricerche sul campo, in una tavola rotonda ed un convegno, in un fitto scambio di e-mail, cui finiscono per partecipare anche docenti universitari e storici di professione: il volume Venetismi raccoglie infine tutti questi materiali. I suoi giovani autori si muovono anche sulla scia del lavoro di alcuni dei loro maestri: sono passati circa quindici anni dalla pubblicazione del volume della Storia d'Italia Einaudi dedicato al Veneto tra Ottocento e Novecento, che aveva impegnato tra gli altri Silvio Lanaro, Mario Isnenghi, Emilio Franzina, Piero Brunello. Allora, la Liga Veneta faceva solo capolino nel capitolo conclusivo, come un "epifenomeno" meritevole di attenzione, ma probabilmente destinato ad esaurirsi: oggi i nuovi storici si trovano di fronte a un movimento molto più consistente, che sembra interpretare gli umori profondi della regione (soprattutto delle sue zone rurali) e, secondo alcuni, viene da lontano. Lo sostengono, ad esempio, Livio Vanzetto e Tiziano Merlin, due storici più esperti in dialogo con i più giovani. Secondo Vanzetto, il fenomeno leghista è la trasformazione di un "antagonismo popolare" che caratterizza storicamente le campagne venete, e le cui origini risalgono almeno alla fine dell'Ottocento, al rapporto conflittuale tra élite borghesi liberali e masse contadine cattoliche. Un "antagonismo... antiborghese e anticittadino", "capace di piegare alle proprie caratteristiche e alle proprie esigenze qualsiasi intervento politico-ideologico proveniente dall'esterno", che può esprimersi perciò, nel tempo, sia in un voto a sinistra che, più tardi, in un voto leghista. Merlin, che studia la conflittualità dei braccianti della Bassa padovana nel corso di tutto l'Ottocento, e vi legge una solidarietà non di classe, ma "di paese, di contrada,... di clan", vede nei braccianti che si fanno briganti a metà del secolo quasi i precursori degli odierni "ribelli" leghisti. Altri partecipanti alla ricerca sui "Venetismi" sottolieano invece le discontinuità. Il leone alato di San Marco, antico emblema della Repubblica di Venezia, è apparentemente un simbolo che non muta, continuamente riproposto a simboleggiare l'orgoglio della tradizione e l'indipendenza politica; in realtà esso ricompare, risemantizzato, in contesti storici e politici differenti, e rappresenta istanze e progetti diversi: è un leone giacobino, poi risorgimentale e patriottico, irredentista, fascista e, infine, leghista. Un'illustrazione del volume documenta, del resto, venti "leoni commerciali", cioè simboli di banche, associazioni, istituzioni, aziende, che utilizzano il felino alato come proprio marchio di riconoscimento. Il Veneto degli ultimi decenni si confronta in definitiva con fenomeni nuovi ed è in rapida e profonda trasformazione. Uno studio sul Gazzettino dei primi anni Settanta - grande collettore e produttore delle autorappresentazioni della regione - evidenzia da un lato il contrasto tra il persistere sulla stampa locale, ma anche nella retorica politica, di un immagine rurale e pre-capitalistica del Veneto e le effettive trasformazioni economiche in atto, dall'altro le strategie politiche e gli interessi che da questo contrasto traggono vantaggio. Un'analisi della rappresentazione dell'immigrato nei giornali veneti, illustra invece le tipologie di discorso che emergono nei media, nella politica, nell'associazionismo attorno agli stranieri, automaticamente associati con fenomeni di delinquenza, oppure stereotipicamente rappresentati, senza che, se non raramente, se ne mostrino le reali condizioni di sfruttati, di vittime di sopprusi, o di semplici lavoratori. Venetismi è dunque un'ampia mappatura delle geografie mentali di uno dei più consistenti regionalismi, o micro-nazionalismi, italiani, con sullo sfondo le grandi questioni dei rapporti città-campagna e centro-periferia, e della costruzione e invenzione delle identità collettive; ma è anche, e forse soprattutto, - attraverso le e-mail di discussione, le riflessioni circolate per lettera, le ricerche appena iniziate - l'autoritratto di un gruppo di giovani impegnati, colto nel confronto perplesso ed inquieto con la storia e con la crisi della politica. "Identici a chi?" è il tema dell'incontro promosso dall'associazione storiAmestre per contestare l'operato dell'assessorato alle politiche per la cultura e l'identità veneta. Oggi, alle 16.30, presso il municipio di Mestre