da "Il Manifesto"

28 Febbraio 2001

DA NORDEST

La terra feconda dei killer

GIANFRANCO BETTIN

Bisogna farsi strada tra mostri, serial-killer, delitti di famiglia per risalire a qualche variabile strutturale che spieghi, almeno in parte significativa, una serie di episodi e un clima generale improntati alla cupezza che, soprattutto nelle ultime settimane, si sono prodotti da queste parti (ma, con la vicenda di Novi Ligure e non solo, anche ben al di là del Nordest). L'aria serena del Nordest, per parafrasare il titolo di un bellissimo film di Silvio Soldini, trasporta in realtà germi velenosi, a volte criminali. Il campo di raccolta di tali germi è lo stesso nel quale è avvenuta la grande trasformazione degli ultimi vent'anni. Per certi versi, è anzi quella stessa trasformazione a soffiare nell'aria particelle e atomi nocivi, distruttivi, omicidi. E' una trasformazione avvenuta in modo selvaggio, senza regole, senza scrupoli. Ciò è ben visibile sul piano ambientale e territoriale, con la distruzione del paesaggio storico, di quello agrario e naturale, con l'infinita colata di capannoni, asfalto, cemento, con la selva di cartelli commerciali, con la miriade di discariche, cave, fogne a cielo aperto, abusi edilizi, disseminati ovunque, con la spada di Damocle di ulteriori progetti e piani per devastare a oltranza, in nome di qualche affare, il territorio. La grande, scriteriata trasformazione è visibile anche nei suoi effetti sociali, ad esempio con la rivoluzione demografica che ha fatto del Veneto, già "meridione del nord", il luogo al mondo in cui oggi si nasce di meno, nonché la regione che, da epicentro da cui s'irradiava l'emigrazione italiana, è divenuta centro di attrazione tra i maggiori dell'immigrazione planetaria. Lo specifico veneto, in particolare, il modo peculiare in cui qui si è vissuta questa transizione - in sé ovviamente non circoscritta a questa regione - riguarda proprio quell'assenza di regole, quel vuoto di indirizzo e quell'oltranzismo liberista, nel senso della più grande libertà lasciata al mercato e alle forze dello sviluppo più brutali. Su queste premesse, e con tale assenza di una sia pur minima forma di regolazione della trasformazione, sulla società locale si è abbattuta una bufera che non si è voluto vedere nei suoi effetti di straniamento e di sconvolgimento, abbagliante com'era nei suoi record produttivi e nelle sue performance economiche. Le contraddizioni aperte nel corpo vivo della realtà, e nelle sue cellule più intime, così si sono rese visibili, ai più, soltanto per effetto di episodi traumatici. La compenetrazione tra economia legale ed economia illegale, ad esempio, ancorché ampiamente documentata, viene tuttora rimossa, con l'esito di rendere inintelleggibili fin troppi episodi. E la caduta di capacità educativa e formativa da parte della comunità, della famiglia in primis, viene registrata solo emotivamente e a rimorchio di certi tragici fatti. Salvo dimenticarsene in fretta, beninteso, tornando a gioire come idioti della nostre sorti senz'altro "magnifiche e progressive", se non fosse per quegli alieni che insidiano la nostra sicurezza.