da "Il Manifesto"

24 Febbraio 2001

Il caso è aperto

LIVIO QUAGLIATA

Bisognerebbe limitarsi ai fatti, ma quasi mai i fatti parlano nell'immediato con cristallina chiarezza. Inoltre quel poco che dicono lo dicono sulla morte, e noi sappiamo sempre troppo poco persino della vita. "Il caso per noi è chiuso", ha affermato ieri pomeriggio il magistrato che indaga sul "massacro di Novi Ligure". Va da sé che il caso per tutti noi si è appena aperto. Erika De Nardo, 16 anni, mercoledì in prima serata avrebbe ucciso a coltellate sua madre e suo fratello di quattro anni più piccolo. Lei, come fanno molte ragazzine, a quell'ora stava ascoltando la musica in cuffia. Interrogata avrebbe poi cercato di dare la colpa, come fanno molti adulti, a un albanese. Perché avrebbe ucciso non si sa. Forse oggi o forse domani i magistrati - che ieri sera hanno disposto il fermo di Erika e del suo fidanzato per omicidio volontario - illustreranno alla stampa un possibile movente, un plausibile svolgimento dei fatti. Ma è assai probabile che il nostro bisogno di capire, i nostri desideri più morbosi, rimarranno irrimediabilmente delusi. Questo non è un thriller, e il plausibile svolgimento dei fatti è un dipinto tecnicamente perfetto che non ci racconta un bel nulla. Pochi giorni fa, a Padova, un ragazzo poco più che ventenne ha ucciso a colpi di pietra suo padre, poi ne ha bruciato il cadavere. Perché? Il babbo, severo docente universitario, aveva appena scoperto la colpa del figlio, falsificare un voto d'esame. Possibile? Evidentemente sì. Soddisfatti? Probabilmente no. Possiamo sociologicamente spiegare la lucidità imprenditoriale di un Pietro Maso. E automobilisticamente immaginare il raptus feroce che spinge a uccidere il concorrente di parcheggio. Dovremmo anche distinguere, e accettare la pazzia come sofferta e malata componente della vita, e della morte altrui. Ciò che però non riusciamo ad agguantare è l'abisso, la sproporzione tra il fatto e la reazione. E sì che di "futili motivi" sono piene le nostre giornate, come pure i verbali delle questure. Non sappiamo perché Erika avrebbe ucciso, però sappiamo dove il delitto si è consumato. In quella stessa casa in cui nel 1978 la giovane Doretta Graneris sterminò la famiglia con l'aiuto del fidanzato. Tra quelle stesse mura che quotidianamente macchiano con poche gocce di sangue piccoli trafiletti in cronaca. E' sempre accaduto, accade ogni giorno, eppure nell'ultimo Rapporto sulla stato della sicurezza in Italia il Viminale non spende una sola parola, né un numero, sui delitti commessi in famiglia. In generale si limita a promettere più polizia. Dappertutto, ma non in salotto. PRECEDENTE INIZIO SUCCESSIVO HOME INDICE