da "Il Manifesto"

24 Febbraio 2001

DA NORDOVEST

A sangue freddo italiano

ALESSANDRO ROBECCHI

Dunque niente banda di efferati slavi e niente criminalità immigrata, nel "mattatoio" di Novi Ligure. I capannelli di cittadini indignati che gridano alla pena di morte e all'emergenza criminalità si sciolgono alla spicciolata. Ma che fosse una falsa partenza, quella dell'orrore che viene "da fuori", si era già intuito proprio dai pareri raccolti per la strada, che ormai stabilmente sostituiscono il giornalismo (il meduim è il montaggio): diradati, marginali. Non quelle belle impennate forcaiolo-populiste che conosciamo in tempi di campagna elettorale. Cambia lo scenario, come dal giorno alla notte: hai voglia a volere più polizia, più pattuglie, più sicurezza se tutto succede in casa, in famiglia. Resteranno gli ultras della xenofobia (a questo punto: pietà anche per loro) a gridare allo slavo, allo straniero. E lo sconcerto degli altri, invece, par di capire sta proprio nel non sapere per nulla a cosa gridare. Affari di famiglia? Vendetta? Pazzia? Marylin Manson o qualche altra stregoneria sciatta della cultura giovanile, come certo almanaccheranno i media? Ma ecco il peggio che avanza e che si è visto in filigrana nell'ultima cronaca dalla barbarie: ciascuno, per qualche ora, ha letto il mattatoio di Novi Ligure, questo A sangue freddo italiano, con la sua propria logica. Il leghista e il razzista "sperano" nello slavo, nell'albanese. E allo stesso schifoso modo il democratico, inconsciamente, "spera" nell'assassino feroce e implacabile ma italiano (e possibilmente non scarcerato anzitempo). Con questo illudendosi ognuno di accoltellare la tesi dell'altro, di portare acqua al proprio mulino ideologico, di rintuzzare le analisi e le tesi del nemico. Il dolore vero, il respiro mozzato per l'orrore, vengono archiviati presto, superati dalla lettura politica -peggio: elettoralistica - del fatto. Diventa visibile, quasi palpabile nelle paranoie del Paese (ma del nord in particolare), una forma suprema di cinismo. Si pensa in cuor nostro, vergognandosene appena un po', cosa ribattere al collega fascista che vuole la sedia elettrica, o al leghista che dice "via i negri". E si fa quindi dei cadaveri ancora caldi, orrendamente uccisi, motivo di dialettica, anche sottile, di polemica, anche aspra, di paravento alla paura. Suprema vergogna: un bambino ammazzato può diventare "un punto a favore" della destra trionfante. E la sinistra sta al gioco, terribile a dirsi, ma allo stesso gioco. Come quando, ai tempi altrettanto feroci delle "bombe intelligenti", ne sottolineava invece la stupidità con una sorta di malcelata e spaventevole soddisfazione: visto? Uccisi i civili! Ma non dovevate liberarli? Il sangue che cola diventa questo: furbizia del contingente. Come ribatterò al barista milanista, oggi che l'Inter ha perso ancora? Come rintuzzerò i colleghi di destra davanti a questo massacro? Tutto diventa battaglia teorica, nell'incapacità di affrontare il dolore senza orpelli e senza appigli, il dolore nudo. Ognuno fingendo di spiegare il fatto a suo uso, e con questo (o forse per questo) distogliendo gli occhi dalla barbarie. Ecco una vera, innegabile "ondata di violenza". Non è slava. E' nostra. Purtroppo.