PROSTITUZIONE
Forzare la legge non risolve il problema
NELLO ROSSI *
da "Il Manifesto" 12 Settembre 2000

Venerdì 7 settembre la notizia, crudele, del suicidio di un giovane di Treviso, Antonello P., denunciato per favoreggiamento della prostituzione dopo l'incontro con una prostituta. Il dramma solleva polemiche, suscita prese di posizione e di distanza. Ma la vicenda istituzionale era cominciata prima, nel clima distratto dei primi giorni di agosto, quando la Questura e la Procura della Repubblica di Perugia avevano inaugurato la cosiddetta linea dura nei confronti dei frequentatori delle prostitute ed il Gip perugino aveva disposto il sequestro "preventivo" delle auto usate per gli incontri. Dopo le reazioni immediate il momento di qualche interrogativo più puntuale. In che contesto nasce questa iniziativa? E' giuridicamente fondata ed compatibile con uno Stato democratico di diritto? A che efficacia può aspirare? Il mondo che ruota intorno alla prostituzione è sempre stato molto duro e violento, oltre che popolato di sordide figure. Ma nell'ultimo decennio, in questo mondo vi è stato un impressionante salto di qualità criminale. Molte delle donne che popolano i marciapiedi delle città sono state letteralmente "comprate" e "vendute" , vivono segregate, sono spostate come merci da un luogo all'altro e sottoposte a ricatti di ogni tipo. Ed il racket della prostituzione ha assunto una potenza economica ed una ramificazione sul territorio che sarebbe colpevole ignorare o sottovalutare. E' questa realtà drammatica che ha ispirato una scelta apparentemente risolutiva: puntare tutte le carte sulla deterrenza, punire il consumatore del sesso a pagamento trattandolo come un favoreggiatore (pena prevista: da due a sei anni di reclusione) e sottoponendolo al sequestro dell'automobile, qualificata come mezzo per la commissione e per la reiterazione del reato. All'origine di tutto sta, dunque, una buona intenzione. Solo che essa, per il modo in cui si è tradotta in atto, può ben essere il lastrico di una via che conduce - se non all'inferno - al di fuori dei principi di uno Stato di diritto. Perché nella nostra legge penale (che non ammette l'analogia) il cliente resta figura radicalmente diversa dal favoreggiatore e dallo sfruttatore; e perché la gravità assunta dal fenomeno del racket non può riflettersi meccanicamente nel rapporto tra il cliente e la prostituta, trasformandone la natura sociale e giuridica. In realtà la legge Merlin riserva severe sanzioni ad un lungo elenco di soggetti che in vario modo organizzano e sfruttano la prostituzione: gestori e locatori di case di prostituzione, reclutatori et similia. E poiché nessun elenco di questo tipo può aspirare alla completezza, la legge stessa, con una formula di chiusura, commina le stesse pene anche "a chiunque in qualsiasi modo favorisca o sfrutti la prostituzione altrui". Ma è evidente (soprattutto lo è stato per oltre quarant'anni) che anche questa norma incriminatrice più ampia si riferisce a figure analoghe a quelle in precedenza elencate, a figure, cioè, che nel mondo della prostituzione svolgono un ruolo di sistematica agevolazione, organizzazione e reclutamento. Non al cliente, quindi, al di là di ogni giudizio morale sulla sua condotta. La cosiddetta linea dura appare perciò il frutto di una torsione interpretativa che dà vita ad una norma incriminatrice non conosciuta prima e non prevedibile dai cittadini. Un risultato francamente incompatibile con i principi di un ordinamento penale liberale. E' bene che lo si comprenda presto e che si prenda atto che nella lotta serrata nei confronti del racket della prostituzione (da condurre come già è stato fatto anche contestando il reato di riduzione in schiavitù) non sono praticabili scorciatoie di questo tipo. Del resto l'illusione della soluzione globale ed indiscriminatamente repressiva di una grave patologia sociale è già stata messa alla prova nel nostro paese. E' stato nel 1990 quando la legge sugli stupefacenti, con la buona intenzione di eliminare in radice il fenomeno droga, pretese di introdurre le sanzioni per i consumatori. Devo ricordare che fu un grave errore e che fu necessario un referendum popolare per rimediarlo? Magistrato, componente del Consiglio superiore della magistratura