IL GIUDIZIO DI PIA COVRE
Il comitato per i diritti delle prostitute: "D'accordo. Legalizziamo il lavoro in casa. Ma poi pensiamo alle ragazze straniere"
ASSUNTA SARLO
da "Il Manifesto" del 06 luglio 2000

Al comitato per i diritti civili delle prostitute piace l'idea di esercitare la prostituzione al chiuso.

Pia Covre, era una vostra vecchia proposta quelle delle cooperative.

Noi siamo assolutamente d'accordo con la ministra Turco nel superare la limitazione di legge che vieta l'esercizio della prostituzione al chiuso, ma pensiamo a due, massimo tre prostitute che condividono una casa. Altra cosa è la cooperativa, sulla quale abbiamo avuto un ripensamento: ciò che si può condividere è la gestione, non certo il lavoro, che è un rapporto personale tra me e il cliente. E poi chi dice che non si inneschino meccanismi di sfruttamento? Mettere le mani su un gruppo di nove, dieci donne è un affare... Dobbiamo guardare a cosa è successo in Olanda, dove nei quartieri a luci rosse sono arrivati i trafficanti di donne straniere, che si sono accaparrati il mercato con ricatti e pressioni su chi prima faceva l'affittacamere. Noi diciamo: legalizziamo il lavoro in casa, troviamo soluzioni nelle città, come orari e aree pedonali. E pensiamo alle straniere.

Che cosa occorre fare per loro?

Renderle legali. Mi spiego: quando Turco parla di case in affitto, di cooperative, parla di una fetta piccolissima della prostituzione che potrebbe accedere a queste soluzioni. In strada il 90 per cento sono straniere e senza documenti. L'articolo 18 della legge sull'immigrazione, che consente programmi di protezione per le vittime della tratta che denuncino gli sfruttatori o siano in pericolo, è un ottimo articolo, ma le maglie sono troppo strette. Io lavoro in un progetto a Trieste con 25 donne colombiane. Non sono sfruttate, non hanno nessuno da denunciare e sono irregolari: alcune di loro vorrebbero cambiare il lavoro, ma non possono perchè sono senza documenti. Per lo stesso motivo altre non possono affittare una casa.

Per queste donne perchè non studiare una soluzione, come un permesso temporaneo?

Non si tratta di legalizzare la prostituzione, ma di regolarizzare le straniere, usando il parametro della capacità economica di vivere in Italia. Facile obiezione: un provvedimento di questo tipo incentiverebbe gli arrivi e richiederebbe una capacità della politica di andare controcorrente rispetto agli umori diffusi in materia di prostituzione. Bisogna dire che, se non fai nulla, non è che queste persone smettono di arrivare, e l'irregolarità incentiva lo sfruttamento. E poi: le ricette repressive le applica meglio la destra, non è così che la sinistra prende più voti. Non vogliamo spingere il governo al riconoscimento di questo lavoro, ma occorrono soluzioni innovative e non di stampo repressivo anche a livello locale.