DA NORDEST
Un moldavo nei cantieri del Veneto
GIANFRANCO BETTIN
da "Il Manifesto" del 13 giugno 2000

Sergio è moldavo, ha 26 anni. Vive in Italia da un anno e mezzo circa, ospitato insieme a una ventina di connazionali al "Rivolta" di Marghera, uno dei centri sociali autogestiti più grandi del nord. Sergio non ha ancora il permesso di soggiorno a causa delle procedure incredibilmente complesse previste dalla normativa italiana oggi contestata, tra l'altro, dagli industriali veneti che vorrebbero un aumento delle quote loro assegnate di forza lavoro immigrata.Sergio è uno dei molti che giungono in Italia e che si arrangiano come possono nei labirinti kafkiani delle normative e nelle giungle sociali e imprenditoriali dell'operoso Nordest. Ultimamente, il giovane moldavo ha lavorato in un cantiere edile a Venezia, alle dipendenze - in "nero" - di una ditta con sede a Mogliano Veneto di proprietà di una famiglia macedone, entrata nel cantiere in subappalto rispetto a una più grossa impresa milanese. Sabato scorso, avendo Sergio rivendicato il pagamento di quasi due mesi di arretrati, per un totale di poco più di due milioni (in cambio di una decina di dure ore quotidiane con pochissimi riposi: sabato Sergio stava appunto lavorando), è stato selvaggiamente picchiato e successivamente minacciato di morte da parte dei titolari della ditta. Rientrato al centro sociale, e terrorizzato, ha taciuto la sua disavventura, ma la domenica non ha potuto più nasconderla, date le sue condizioni. Mentre i militanti del "Rivolta" ieri mattina, lunedì, stavano predisponendosi alla denuncia del fatto, assistiti da un avvocato consulente del Comune di Venezia, al centro sociale è piombato il titolare della ditta. Dapprima promettendo un po' di soldi e poi, minacciando, ha cercato di far calare il silenzio. Inutilmente: Sergio e il "Rivolta" intendono andare fino in fondo, contando anche sull'appoggio del Comune che sta valutando la possibilità di costituirsi parte civile. La richiesta immediata è l'applicazione a difesa di Sergio dell'art. 18 della legge 286/98, che consente la regolarizzazione, e la tutela, di coloro che denunciano forme di sfruttamento, schiavitù e rackets, già applicata più volte con successo a Venezia nei confronti di donne che abbandonano il marciapiede e denunciano coloro che le costringono a prostituirsi. Il coraggio di Sergio, e la mobilitazione che sta crescendo intorno a lui, possono consentire di scoperchiare il verminaio di un mercato del lavoro che sullo sfruttamento selvaggio degli irregolari, cioè dei senza diritti, campa e s'ingrassa oscenamente, negando regole e diritti fondamentali e anche alterando la correttezza delle procedure d'appalto. Coloro che vincono, infatti, spesso provocano drastici abbassamenti del valore d'asta proprio perché ricorrono a manodopera sottopagata - costretta a esserlo perché ricattabile o minacciata anche fisicamente, come Sergio - creando così un sistema parallelo nel quale vengono meno principi di civiltà del lavoro, minimi salariali, vincoli di sicurezza, un regime nel quale la criminalità organizzata italiana e straniera s'infiltra facilmente. In quanti cantieri del produttivo Nordest viga questa situazione si può solo immaginare, data l'omertà che regna ovunque, e la convenienza che molti trovano in questo sistema. Il coraggio di Sergio, pieno di lividi, paura e orgoglio, può aiutare a compiere un passo in avanti importante.