E DIETRO IL KILLER DELLA STRADA COMPARE L'IMMIGRATO

a cura di Maurizio Corte - Verona, 14 agosto 2007


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Non vi è dubbio che, se le accuse formulate dalla polizia sono provate, il cittadino liberiano Roy Jakobson, 31 anni, che il 13 agosto ha ucciso in un incidente una neonata, a Napoli, va ad ingrossare la lista del "killer della strada". Quello che invece non supera l'esame critico del dubbio è il fatto che sia indispensabile sottolineare il suo status di "immigrato". E' una caratteristica indispensabile per presentare il protagonista del grave fatto di cronaca riportato con giusto risalto da tutti i media italiani? Aiuta a interpretare meglio quanto è accaduto? E' un tassello della "verità giornalistica" che serve ad illuminare il lettore su quanto è accaduto? O non è piuttosto il solito, ripetitivo "tic" dei giornali e dei giornalisti italiani, che ritengono di utilizzare l'espressione "immigrato" come un ulteriore "valore notizia" e come una linea di demarcazione fra ciò che è "italiano", ciò che fa parte della "nostra comunità", e ciò che italiano non è?
Se quell'automobilista-killer fosse stato originario di Catania, nel servizio dell'Ansa che riportiamo qui sotto sarebbe stato etichettato come "siciliano al volante"?
L'inutile insistenza sul suo essere "immigrato" non fa altro che connotare in modo ancor più negativo l'espressione stessa di "immigrato" e la categoria degli "immigrati".
Se si fosse trattato di un americano o di uno svizzero residente da anni in Italia, lo si sarebbe chiamato immigrato?
Cosa fare allora? Dobbiamo, noi giornalisti rinunciare a chiamare le persone… con il loro nome? No, no. La soluzione del buon giornalismo – prima ancora che del giornalismo interculturale – sta proprio chiamare le persone con il loro nome, sostituendo la parola "immigrato" con "uomo" o con "persona" o con "cittadino liberiano" o con il cognome dell'automobilista presunto killer.
Da sottolineare in positivo il fatto che, nel servizio dell'agenzia Ansa, l'automobilista sia presentato come un "cittadino liberiano". Meno comprensibile che il nome venga dato alla 35.ma riga. Infine, da evidenziare un aspetto molto importante, comune ai resoconti e agli articoli dei giornali italiani: quanto viene raccontato dalle forze dell'ordine è presentato come la verità fattuale, come ciò che è veramente accaduto, senza specificare che la versione dei fatti è comunque della polizia o dei carabinieri.
Nella stampa americana, ad esempio, ad ogni pie' sospinto si sottolinea, giustamente, che quanto riferito è stato reso noto dalla polizia.
Nel dispaccio su Valentino Rossi si pone, ed è scelta corretta, la vicenda sotto la luce del dubbio: perché Guardia di Finanza, carabinieri, polizia di Stato e polizia locale – senza nulla togliere al loro preziosissimo lavoro a difesa della legalità – sono solo “una parte”, e così il magistrato che fa le indagini. Non sono il tutto ed è nel loro stesso interesse non esserlo, per non apparire inutilmente arroganti e totalizzanti agli occhi della pubblica opinione.

INCIDENTI STRADALI: DROGATO ALLA GUIDA UCCIDE NEONATA/ANSA
IN CORPO COCAINA E ANFETAMINE. ANDAVA A 120KM/H, LIMITE ERA 30
(di Armando Petretta e Salvatore Falco)
(ANSA) - NAPOLI, 13 AGO - «Dov’è Annalisa? Devo
allattarla». «È in un altro ospedale a Napoli». Nella
pietosa bugia dei familiari che, d’accordo con i sanitari
dell’ospedale Pineta Grande di Castelvolturno, fino a sera hanno
tenuto nascosto alla mamma che la sua piccola di appena tre mesi
non ce l’aveva fatta, c’è tutto il dramma della famiglia
Filippone distrutta dall’incidente stradale provocato ieri sera
da un immigrato al volante imbottito di un micidiale cocktail di
droghe.
Un nucleo familiare di Napoli che nel primo giorno di ferie
del papà, operaio in un cantiere navale, si era concessa una
gita al mare. Una domenica spensierata, conclusa tragicamente
con l’impatto frontale provocato da un cittadino liberiano di 31
anni alla guida sotto l’effetto di un mix di droghe, cocaina,
anfetamine e metadone. Una miscela letale che unita all’alta
velocità, sembra oltre i 120Km/h in un tratto dove il limite è
fissato in 30 Km/h, ha trasformato la macchina in un missile.
Grave il bilancio: oltre la morte della piccola Annalisa, che
avrebbe compiuto tre mesi mesi giovedì, tutti gli occupanti
della macchina, i genitori Ciro e Grazia, le sorelline Angela e
Raffaella di 5 e 3 anni, e la cugina Sabrina di 16, hanno
riportato varie ferite. La situazione più preoccupante quella
Raffaella, ricoverata nel reparto di Neurochirurgia dell’
ospedale Santobono di Napoli. Tuttavia secondo il vice direttore
sanitario del nosocomio partenopeo, Edoardo Ruotolo, le sue
condizioni sono migliorate: i risultati della tac effettuata in
mattinata sono negativi e la bambina è in costante
miglioramento, nonostante la prognosi non sia ancora stata
sciolta. Nessuna preoccupazione anche per Angela, la sorella
più grande ricoverata in Ortopedia. Rimangono sotto
osservazione i genitori Ciro e Grazia Filippone. La donna ha una
contusione facciale con trauma cranico e una frattura al bacino,
il marito ha riportato fratture multiple costali che hanno
provocato una contusione polmonare.
È rimasto contuso anche Roy Jacobson, il liberiano alla
guida dell’auto killer: l’uomo, già arrestato e scarcerato in
passato per spaccio di droga, è stato arrestato ed è
piantonato dai carabinieri. È accusato di omicidio colposo e il
suo trasferimento in carcere non è stato ancora reso possibile
dalle sue condizioni. L’immigrato, infatti, è ancora confuso,
sotto gli effetti del micidiale cocktail di cocaina, anfetamine
e metadone assunto prima di mettersi alla guida.
Chiarita anche la dinamica dell’incidente: la Nissan di
Jacobson è uscita molto veloce da una curva che immette sul
Ponte Volturno. A causa delle velocità e della scarsa lucidità
dovuta alle droghe assunte, l’uomo ha perso il controllo del
mezzo andando ad invadere la corsia opposta rimbalzando contro
il guard rail che non ha però frenato la sua corsa terminata
circa 40 metri dopo contro la Fiat Punto della famiglia
Filippone che sopraggiungeva in direzione opposta in quel
momento. L’impatto, inevitabile, è stato molto violento.
Grazia Maiellaro, la madre di Annalisa, ha chiesto per tutta
la giornata di poter allattare sua figlia, fino alle 19 quando
lo psicologo dell’ospedale, insieme a sua madre Anna, le hanno
detto della morte di Annalisa. La donna è rimasta immobile
salvo scoppiare in lacrime.
«Combatterò per le altre due figlie», le parole di papà
Ciro a suo fratello Giovanni. Tra i parenti presenti in ospedale
c’è dolore e monta la rabbia verso chi ha tolto la vita alla
piccola Annalisa. E un altro zio di Annalisa denuncia ritardi
nei soccorsi:’ ’Sono arrivati 30 minuti dopo«.
Verona, 14 agosto 2007

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