QUANDO I MASS MEDIA FANNO... GLI "INDIANI"

a cura di Maurizio Corte - Verona, 15 luglio 2007
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L'impreparazione culturale di noi giornalisti è un problema serio, come possiamo vedere anche dalla ricerca condotta da M. Buonanno sui professionisti dei mass media ("L'identità incerta dei giornalisti italiani, ovvero una professione senza frontiere", in C. Sorrentino, Il giornalismo in Italia, Carocci, 2003). Un tempo definiti "gli storici di tutti i giorni", noi giornalisti mostriamo la presunzione di voler essere adesso - in una società complessa e multiculturale - "i sociologi di tutti i giorni". Leggevo, per fare un esempio, qualche giorno fa su un quotidiano locale i risultati di una serie di accertamenti condotti sugli automobilisti del sabato sera. Il risultato? Sette guidatori su 10 sono guidano drogati od ubriachi. E' un dato che un lettore normale è pronto ad accettare, dato che nello stesso periodo fioccano le notizie di ubriachi e drogati coinvolti in incidenti, come se il fenomeno fosse esploso solo adesso. Ebbene, se il cronista che ha steso l'articolo e colui che l'ha titolato avesse letto almeno il sunto di un libro di metodologia della ricerca, avrebbe avuto gli strumenti per farsi spiegare se quella ricerca condotta da una Asl era fondata o meno. Non basta infatti (si veda Bailey, Metodi della ricerca sociale, Il Mulino) fermare per strada un certo numero di persone in modo "casuale" per poter affermare che quel campione è rappresentativo dell'universo dei guidatori italiani (o anche solo veneti). Se il titolista avesse avuto un minimo di conoscenza dei metodi di ricerca si sarebbe guardato bene dal generalizzare all'universo degli automobilisti il dato, certamente scientifico se riferito alla tipologia di guidatori fermati in una certa ora e in certi luoghi della città, parziale raccolto dalla ricerca.
Questo è un esempio preciso e concreto dell'ignoranza dei giornalisti-sociologici.
Quanto accade con le persone di differente cultura non è meno grave. Quando vi sono fatti di cronaca nera che vedono i cittadini stranieri - o di differente cultura - essere protagonisti o in qualche modo coinvolti, assistiamo ad una lettura sociologica, antropologica e "culturale" delle notizie che non ha spesso fondamento alcuno. Senza alcuna preparazione sociologica, antropologica e pedagogico-interculturale, i cronisti e i gatekeeper" (i giornalisti che selezionano i fatti da trasformare in notizie) trattano fatti ed eventi puntando tenendo conto di due aspetti: a) i tradizionali "valori notizia" (si veda Wolf, Teorie delle comunicazioni di massa, Bompiani), con gli elementi di novità, di inusualità, di interesse del fatto da raccontare; b) il "valore multiculturale" della notizia, per cui i migranti, gli "stranieri", i "diversi" ("tossici", "zingari", "barboni", "gay", "mussulmani" e via dicendo), gli "extracomunitari" aggiungono un elemento di interesse fondamentale a quanto il giornalista vuole riferire.
A cosa assistiamo? Assistiamo ad una lettura sociologica e antropologica di ogni fatto che veda coinvolti cittadini stranieri o persone "diverse".
Una lettura che non vi è quando le stesse persone e gli stessi fatti accadono nei paesi di origine e non sono "filtrati" dalle lenti dei cronisti-sociologi. Ecco alcuni esempi: due fatti di cronaca accaduti in India e diffusi rispettivamente dall'agenzia di informazioni Ap (Associated Press) e Ansa.

 

INDIA/ SEPOLTA VIVA DALLA FAMIGLIA, NEONATA SOPRAVVIVE
Salvata da un contadino che ha visto sbucare una mano dalla terra
Hyderabad (India), 5 lug. (Ap) - Una neonata sepolta viva dalla
sua famiglia nel sud dell'India è sopravvissuta per due giorni,
prima di essere salvata da un contadino che ha visto sbucare una
sua mano dal terreno. La società indiana favorisce i maschi,
perchè non prevedono il pagamento di una ricca dote al momento
del loro matrimonio, che spesso manda in bancarotta le famiglie
più povere.
La bambina è stata sepolta viva dal nonno materno e dal
fratello, con il consenso della mamma. La polizia ha arrestato i
due uomini con l'accusa di tentato omicidio, mentre la donna è
incriminata per complicità. Il marito della donna è emigrato dallo
Stato dello Andhra Pradesh al vicino Maharashtra in cerca di
lavoro. La polizia ha fatto sapere che in famiglia si contano già
sette donne.
La bambina è stata tratta in salvo da un contadino che ha visto
sbucare una mano dal terreno, mentre stava arando i suoi campi.
La neonata è stata subito trasferita in ospedale. I medici hanno
fatto sapere che il suo peso è di 1,7 chilogrammi.


-- NOTA. In questa lettura abbiamo una spiegazione "economica" - che spessoè quella corretta - del fatto di cronaca e del gesto compiuto dai familiari di una donna che ha partorito: siccome i figli maschi dati in matrimonio non costano, perché non portano una dote, si è deciso di uccidere
la bimba femmina. Se lo stesso fatto fosse accaduto in Italia, all'interno di una famiglia indiana, si sarebbe addebitato l'intento criminale di uccidere
una neonata femmina alla "cultura" di quella famiglia indiana. Si sarebbe sottolineata la "diversità culturale" di quella famiglia, la sua "estraneità"
(che fa rima con "inconciliabilità") rispetto alla "nostra" cultura. Si può ben capire che se si uccide per interesse economico e finanziario,
indiani, italiani, marocchini e statunitensi hanno molto in comune: si uccide o si violenta o si imbroglia per un'eredità o per un tornaconto
finanziario in India, in Italia, in Marocco e negli Usa, e sempre con la stessa violenza. Se invece si uccide - secondo la versione data dai mass media - per "ragioni culturali", allora la diversità fra "noi" e "loro" è inconciliabile.
O la si fa passare per tale dagli stessi giornalisti-sociologi che spesso non sanno neppure di che cosa stanno parlando.

 

INDIA: SEMINUDA PER STRADA PROTESTA CONTRO MARITO, ARRESTATA
(ANSA) - NEW DELHI, 5 LUG - Una ragazza indiana ha camminato
seminuda per le strade della sua città, creando lo scompiglio
generale, per protestare contro le molestie sulla dote da parte
del marito e dei suoceri.
Pooja Chaudan, di 22 anni, ha percorso seminuda le strade di
Rajkot, nello stato nord orientale del Gujarat, per protestare
contro suo marito e i suoi suoceri che l’accusano di aver dato
pochi soldi di dote e di non essere stata in grado di partorire
un maschietto ma una figlia femmina. La polizia ha bloccato la
ragazza e l’ha messa agli arresti per atti osceni in luogo
pubblico, ma non ha preso nessun provvedimento contro la sua
famiglia acquisita. Pooja è stata arrestata dopo che
«scioccati» vicini, come li definisce la televisione indiana,
l’hanno vista camminare per la trafficata e centrale Race Course
Road in mutandine e reggiseno brandendo una mazza da baseball.
Secondo quanto racconta la stampa indiana, Pooja ha sposato
Chauhan tre anni fa e da qualche mese la sua famiglia acquisita
le chiede un aumento della dote. Non potendola concedere, la
donna è stata sottoposta a continue umiliazioni che sono
aumentate quando la ragazza ha partorito una bambina otto mesi
fa. Le cose per Pooja sono peggiorate sempre più e la ragazza
cinque mesi fa ha abbandonato la casa coniugale e si è
trasferita in un’altra casa con sua figlia. L’intento di Pooja
era quello di marciare fino al’ufficio del capo della polizia,
ma sulla via è stata bloccata. In India le donne devono portare
tanta dote quanta richiesta dalla famiglia dello sposo e sono
moltissimi i casi di donne malmenate o abbandonate perchè non
hanno concesso anche in un secondo momento i soldi che
chiedevano lo sposo e la sua famiglia. Proprio per questo
motivo, le famiglie indiane non vogliono figlie femmine, tanto
che le pratiche dell’aborto selettivo e dell’infanticidio
femminile sono molto diffuse. Da qualche anno, solo nelle grandi
città, alcune donne hanno cominciato a ribellarsi alla pratica
della dote, denunciando i mariti al tribunale.


-- NOTA. Questa notizia conferma quanto abbiamo osservato sopra. Nella protesta, clamorosa e coraggiosa, di una donna indiana, non vi
è nulla di "culturale": è una protesta "femminista" che è comune a tutte le latitudini, sempre che ve ne sia il coraggio. La donna protesta
non contro la "cultura" di una famiglia che la mette in croce per aver partorito una femmina anziché un maschio, ma contro l'interesse
economico di quella famiglia. Anche qui, non vi è inconciliabilità, ma vi è molto in comune fra la violenza alle donne compiuta in India
e quella compiuta (in altro modo, talvolta subdolo) in Italia.
Vi è poi un particolare curioso, o che può suonare curioso se non si inquadrasse in un ambito tragico: la famiglia della donna che protesta
non sa o non vuole sapere che sono i maschi (chi feconda) a determinare il sesso del nascituro, non la femminile (la partoriente); così come i giornalisti non sanno spesso che sono loro a dare una lettura "culturale" di inconciliabilità e di conflitto alle relazioni fra le persone di differente nazionalità, e che non è la realtà dei fatti a rendere conflittuale la relazione e la comunicazione fra i soggetti.
Verona, 15 luglio 2007

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