QUANDO I “CINESI” SIAMO NOI: LITTLE ITALY A NEW YORK, FRA PREGIUDIZI, OSTILITA’ E NOSTALGIE PERICOLOSE

a cura di Maurizio Corte - Verona, maggio 2007 
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Non merita neppure un’introduzione o un commento questo servizio dell’agenzia Ansa da New York, redatto lo scorso aprile. Basta e avanza da solo. Una domanda fa comunque sorgere: lo sanno i giornalisti italiani che quando scrivono di “cinesi”, di “rumeni”, di “albanesi” e di “marocchini” deviati o in pericolo di devianza scrivono degli specchi degli italiani emigranti? Non quelli che eravamo… ma quelli che siamo ancora.
USA: NY; LITTLE ITALY, SAN GENNARO SALVO ZONA CESARINI /ANSA GUERRA YUPPIE A ZEPPOLE E SALSICCE; NOSTALGIA COSA NOSTRA
(ANSA) - NEW YORK. San Gennaro ce l’ha fatta ma in zona Cesarini: il consiglio di quartiere di Little Italy ha in extremis dato luce verde alla popolare festa del patrono di Napoli che ogni settembre riempie le strade dell’ex enclave italo-americana di Manhattan. Il si a malincuore del Board, preceduto da un aspro dibattito che ha visto la prima ribellione aperta dei residenti della zona, ha lasciato l’amaro in bocca agli organizzatori della kermesse che da 79 anni per undici giorni inonda di aroma di zeppole fritte, salsicce, cipolle e di souvenir tricolori una delle ultime aree di Manhattan su cui gli yuppie hanno messo gli occhi addosso. «Ci discriminano perchè siamo italiani», ha protestato William Medici, presidente di una fondazione impegnata per la tutela delle tradizioni italo-americane e produttore di un documentario della Nbc su «Little Italy: passato, presente e futuro».
RESIDENTI IN GUERRA, È DISGUSTOSA - I residenti del quartiere che di italo-americano non ha quasi più niente non potrebbero essere meno d’accordo: «Chi ci abita attorno trova la festa disgustosa», ha detto Sean Sweeney, un componente del Board che vive su Greene Street, ex strada degli emigranti diventata da tempo una lussuosa appendice di Soho.
Quella parte del quartiere è «gentrificata» da tempo, come si dice a New York quando aree ex popolari diventano target della speculazione edilizia. Ma anche altre fette di Little Italy sono state di recente ’mangiatè da altre tribù urbane che hanno scacciato i discendenti della penisola: prima i cinesi di Chinatown, poi i giovani emergenti di Nolita che hanno fatto di Mulberry e di Elizabeth Street la nuova mecca del ’real estatè facendo salire alle stelle i prezzi delle case.
Secondo Joseph Scelsa, che insegna al Queens College, sono meno di mille gli italo-americani che ancora resistono a Little Italy. Nel 1920 erano in quasi 14 mila nel quadrilatero compreso tra Houston, Canal, Lafayette Street e la Bowery.
PARCO A TEMA ETNICO - Mentre la Little Italy italiana si contrae a vista d’occhio, la festa di San Gennaro cresce però altrettanto prodigiosamente, solo che un’occasione nata in nome di uno spirito etico religioso si è trasformata in «un parco a tema etnico» ad uso e consumo di curiosi e turisti, ha sostenuto lo studioso del folklore del Calandra Institute Joseph Sciorra. San Gennaro è una delle 175 fiere italo-americane delle Little Italy d’America: pochi dei 200 ambulanti abitano nel quartiere, mentre i residenti appena possono in quei giorni se la danno a gambe.
COLLUSIONI CON LA MAFIA - L’evento tra l’altro per anni è stato inquinato da accuse di collusioni con la mafia e ancora oggi lo stereotipo persiste: durante la riunione del Board un avversario della festa ha insistito che «la sagra era meglio organizzata quando Cosa Nostra aveva le mani in pasta».
In questo i nemici del Board e i promotori non potrebbero essere più d’accordo. Come il parroco della Chiesa di San Gennaro Fabian Grifone che c’è l’ha con l’ex sindaco Rudolph Giuliani per aver ripulito il festival su Mulberry Street da padrini e picciotti: «Allora la festa era all’insegna della famiglia, delle tradizioni e di un pò di gioco d’azzardo. Lui ci ha tolto i proventi, ma erano soldi che andavano solo e soltanto alla Chiesa».


Verona, 14 maggio 2007

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