LA DIVERSITA’ NEGATA, PUNITA O ESALTATA: “L’AFFAIRE GAY”LE

a cura di Maurizio Corte - Verona, aprile 2007 
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Il “mondo gay” rappresenta un affare economico per il mondo della pubblicità. Non è un caso se la “fiction” televisiva propone in più occasioni storie, intrecci e vicende in cui compaiono donne e uomini omosessuali. Diverso è invece l’atteggiamento dell’informazione. In prima serata, sul Tg, molto difficilmente – e a prezzo di chissà quali reazioni – potremo mai vedere la storia d’amore di una coppia omosessuale.
Vi è anche un “uso politico” dei diversi orientamenti sessuali. Il mondo dell’omosessualità è oggetto di attenzione sia da parte della sinistra, che da parte della destra. Come per la diversità etnica, anche la diversità sessuale “fa notizia”. Ha riscosso molto interesse, agli inizi di aprile, la notizia del suicidio di un ragazzo – figlio di un padre italiano e di una madre filippina – che non sarebbe riuscito a sopportare l’etichetta di essere “gay” appiccicatogli dai compagni di scuola.
Il fatto che il ragazzo potesse essere stato oggetto di atti di bullismo a causa del suo orientamento sessuale ha subito catalizzato ed esaltato l’attenzione dei mass media. Non si è tentato di capire e di approfondire l’aspetto “personale” del caso; di verificare se si è trattato davvero di un caso di bullismo o se vi sono aspetti legati alla condizione adolescenziale e familiare. La denuncia della madre, che ha innescato una polemica sui rischi dell’omofobia, è stata presa per oro colato e ha dato la stura ad una serie di considerazioni di tipo politico. Vi è stata una speculazione di tipo politico, come spesso accade quando nell’informazione si tratta dell’omosessualità.
Possiamo dire che la “diversità sessuale” trova cittadinanza nella fiction come “affare commerciale” – è noto che il “mondo gay” è oggetto di politiche di marketing specifiche già da tempo negli Stati Uniti. La diversità sessuale viene affrontata dall’informazione con il taglio della polemica politica. Mentre un serio dibattito sull’omofobia e sulla condizione delle persone omosessuali non trova sufficiente spazio nei telegiornali e sui giornali.
Come per la diversità culturale, anche per i cittadini e le cittadine gay e lesbiche i mass media ricorrono spesso ad espressioni e a rappresentazioni stereotipate e pregiudiziali, rivelando un’insufficienza nella capacità di rappresentazione e di interpretazione di una parte della società che (come spesso accade alle minoranze), viene esagerata e strumentalizzata in occasione di polemiche e di scontri politici; e viene negata e passata sotto silenzio là dove non “fa notizia”.
Ecco di seguito un servizio dell’Ansa sul caso del ragazzo suicida e sulla polemica per l’omofobia a scuola; ed un dispaccio dell’Ansa con la protesta di Arcigay per come i telegiornali abbiano ignorato il problema dell’omofobia e della discriminazione verso le persone di diverso orientamento sessuale.
Lo spazio che Arcigay è riuscita ad avere da parte della maggiore agenzia d’informazioni italiana, è un esempio di come vi sia la possibilità – pur con molta fatica – di dare voce a chi spesso non ha voce. Vi sono aree della società civile, legate al mondo dei migranti, che chiedono di essere rappresentate e ascoltate in modo adeguato. Un giornalismo che sia interculturale si cura anche di questo: di attuare il diritto di parola delle minoranze etniche e culturali.
Deboli a livello di potere economico e contrattuale verso i giornali, quelle minoranze possono tuttavia impegnarsi per essere rappresentate ed ascoltate dai mass media: entrando nella logica e nei limiti dei media, il giornalismo interculturale può sfruttare quella logica e quei limiti per far sentire voci alternative.

 

STUDENTE SUICIDA: OMOFOBIA A SCUOLA, SCOPPIA POLEMICA
(ANSA) - ROMA, 5 APR - L’omofobia è sbarcata a scuola e scoppia la polemica politica. Il fatto è drammatico: un giovane di 16 anni, studente di un istituto tecnico torinese, non ha retto alle derisioni ed alle prese in giro dei compagni sulla sua presunta omosessualità ed ha deciso di suicidarsi.
M.P., 16 anni, figlio di un italiano e di una filippina, ha così messo fine agli scherni dei compagni che lo apostrofavano dicendogli ’sei un gay’, lo chiamavano Jonathan, il personaggio de ’Il grande fratello’, dichiaratamente omosex. Martedì scorso si è lanciato nel vuoto ed ha affidato a due biglietti le motivazioni del suo gesto. «A scuola - è il senso dei messaggi - non mi accettano perchè mi vedono diverso da loro. Non mi sento integrato. Scusate».
L’adolescente è descritto come il «migliore della classe» ma più volte aveva espresso del disagio per quell’appellativo che lo umiliava. «Perchè me lo hanno trattato così? Non aveva fatto niente di male, era tanto buono», si dispera la mamma, Priscilla: «i compagni lo isolavano, lo lasciavano solo, come se non fosse uno di loro, come fosse uno diverso».
Il tragico suicidio apre un fronte nella polemica politica. C’è chi chiede l’intervento del governo, chi accusa la Chiesa per le uscite contro l’omosessualità. Il diessino, Franco Grillini, ha presentato un’interrogazione al ministro Fioroni. «Il suicidio del ragazzo torinese perchè perseguitato dai compagni in quanto gay impone - afferma il parlamentare - una riflessione sulla condizione degli omosessuali adolescenti a scuola e nella società». «Meditino bene - sostiene Pino Sgobio (Pdci) - coloro che hanno soffiato, spesso e volentieri strumentalmente, sul fuoco della polemica sui ’dico’: la morte di questo giovane ragazzo sia di monito per affrontare il tema dei diritti civili in maniera meno ideologica e più improntata alla concretezza». Per il senatore dei Verdi, Giampaolo Silvestri, il ragazzo è vittima dell’omofobia che «attraversa, con sempre maggiore pericolosità ed arroganza, la nostra società. Serve un intervento immediato da parte del governo».
«È gravissimo - afferma Maria Burani Procaccini (Fi) - che un ragazzino si suicidi perchè accusato di essere gay come se fosse una colpa, ed è gravissimo che questa scuola martoriata non sappia prevenire e respingere il bullismo e le sopraffazioni». Titti De Simone (Prc) chiede al ministro Fioroni di indagare sulla scuola. «Le Chiesa si interroghi - sostengono i Giovani Socialisti - sulla relazione tra il tragico suicidio e la giornaliera campagna di odio in atto contro gli omosessuali». Il ministro Giuseppe Fioroni esprime «dolore profondo» per la morte del giovane e ritiene che la strada da seguire per evitare tali episodi richieda la partecipazione di scuola, famiglia, mass media e società.
Per il ministro della solidarietà sociale, Paolo Ferrero, quanto avvenuto è da ricondurre all’«inciviltà di una società che tende sempre più a beccare il più debole». In memoria del ragazzo suicida, alcuni siti (fra i quali gayhelpline, argicaysport.com) saranno listati a lutto per dieci giorni a partire da domani. Secondo Gay Help line il 35% delle telefonate ricevute dal numero verde sono di studenti che lamentano atti di bullismo.

 

STUDENTE SUICIDA: ARCIGAY, INDIGNATI DA RETICENZA TG RAI
(ANSA) - ROMA, 5 APR - Arcigay si dice indignata per «la reticenza sul bullismo anti-gay in cui i telegiornali Rai si sono espressi, oggi, nel trattare il caso del sedicenne di Torino che si è suicidato perchè i compagni di scuola lo deridevano dicendo che era gay ed effeminato». «Anche di fronte a un caso così eclatante in cui la mamma trova il coraggio e la forza di parlare apertamente e raccontare le confidenze del figlio - accusa il presidente nazionale di Arcigay, Sergio Lo Giudice - quello che emerge dai servizi giornalistici dei tg della televisione pubblica è che il povero studente era vessato dai compagni di classe perché‚ era il più bravo e che forse per questo (sic!) gli dicevano che era gay».
«Quali acrobazie - continua - per negare che ci sono ragazzi effeminati o che vengono percepiti come omosessuali, e che per questo, non per altro, vengono perseguitati e tormentati tra i banchi di scuola, spesso nell’incomprensione o nell’indifferenza degli adulti». «L’ipocrisia della ricostruzione dei telegiornali di oggi - conclude Lo Giudice - è la stessa che impedisce in tante scuole italiane di parlare apertamente del pregiudizio e del bullismo anti-gay e fa sì che tanti, troppi ragazzi e ragazze continuino a soffrire nel silenzio generale di cui, l’abbiamo visto a Torino, si può anche morire».


Verona, 13 aprile 2007


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