IL BAR DEI “ROMENI” E LA BANDA DEI “BULLI VIOLENTI”

a cura di Maurizio Corte - Verona, 10 ottobre 2006
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Il giornalismo italiano usa spesso due pesi e due misure quando racconta fatti che creano insicurezza sociale e tensione nei quartieri. E' noto, innanzi tutto, che nei quartieri periferici e nelle aree degradate vivono soprattutto le fasce più deboli della società: anziani, famiglie a basso reddito, poveri. La media e alta borghesia sa ritagliarsi spazi protetti e comunque lontani dal degrado.
Nelle fasce più deboli sono collocabili anche moltissimi cittadini di origine straniera che sono immigrati in Italia: tant’è che ci troviamo talvolta ad assistere ad una guerra fra poveri, ad uno scontro fra persone e gruppi che hanno da difendere solo la loro sicurezza personale e che lottano ogni giorno per restare sopra la soglia di povertà o per non abbassarsi troppo sotto quella soglia. Vivono una vita "low cost" - al risparmio - per usare un'espressione oggi di moda.
Ebbene, come si muove la stampa italiana nel rappresentare le esplosioni di tensioni sociali covate da mesi e da anni; come si muove nel narrare fatti di cronaca nera? Una serie di risposte possono venirci dalla “fonte delle notizie”: l'agenzia Ansa. L'Ansa è una delle fonti principali dei giornali, assieme alle istituzioni (si veda il libro di S. Lepri, “Professione giornalista”, Etas Libri). Essa svolge una funzione di "agenda setting" - detta l'agenda e la gerarchia dei temi - rispetto alle redazioni dei mass media (si veda M.Corte, “Comunicazione e giornalismo interculturale”, Cedam). Basta confrontare la nota dei servizi che l'Ansa invia ogni pomeriggio alle redazioni con gli argomenti trattati dai giornali quotidiani, dalle radio e dalle Tv per rendersi conto di quale influenza l'agenzia abbia sui media italiani.
Se leggiamo con attenzione i tre dispacci che seguono - due sul "bar dei romeni" e uno sui "bulli di Milano" - possiamo osservare quanto segue:
1. Il dispaccio (un vero e proprio servizio giornalistico) sulla spedizione punitiva "in stile Alabama" contro il "bar dei romeni" presenta un quadro di violenza che inquieta, nel quale l'agente che produce paura e insicurezza non è rappresentato dalla trentina di giovani italiani, ma dagli "extracomunitari".
2. Gli stranieri sono presentati, al solito, come "extracomunitari" (fuori della comunità, estranei alla città) e come "romeni" (con il carico di significati negativi che il sostantivo di nazionalità porta con sé). Essi sono un qualche cosa di insidioso che viene da fuori, che attenta alla nostra comunità, la cui presenza è fonte di pericolo.
3. I giovani italiani violenti sono "ragazzi". Non vi è una connotazione sociale, etnica, politica o di altro genere che li possa caratterizzare. Mentre nel caso degli “stranieri”, l’essere “romeno” viene enfatizzato, anzi diventa l’unico aspetto meritevole dell’attenzione dei lettori; nel caso degli italiani ci si ferma ad una generica collocazione intragenerazionale (“ragazzi”).
4. Dopo l'elenco dei loro atti criminali, il servizio giornalistico sul “bar dei romeni” passa a delineare il luogo dello scontro (la birreria, il bar) e chi lo frequenta. Assistiamo in quel momento a un ribaltamento di ruoli, a un'inversione di polarità: il bar è definito come il luogo dell'incubo; chi lo frequenta beve troppo, provoca risse, causa gravi disturbi ai vicini. Chi sono gli avventori? Sono gli stranieri. Ad una prima lettura, verrebbe da pensare che la stessa gestione sia in mano “extracomunitaria”, mentre se si legge attentamente ci si accorge che i proprietari sono italianissimi.
4. Altro aspetto importante: la voce degli abitanti del Trullo diventa lo strumento per inverare, per confermare la versione dei fatti, il quadro di pericolo e di degrado che l’articolo mette in scena. L’uso dell’intervista-di-strada, come possiamo chiamare la raccolta “al volo” delle dichiarazioni di persone che assistono a un evento o che sono coinvolte in una situazione, è una costante del giornalismo. La si usava un tempo; la si usa oggi con maggior frequenza. Il problema è che di quell’intervista-di-strada si è fatto un abuso: anziché essere uno degli strumenti per capire, per completare un’inchiesta o un approfondimento, essa è diventata l’inchiesta, l’approfondimento. Essa, soprattutto, è diventata la voce della verità: nel far parlare quattro-cinque persone io racconto e rappresento un quartiere, un fenomeno sociale; così come nell’intervistare un esperto io spiego un certo accadimento. Il giornalismo, in questo modo, cessa di essere mediatore tra i fatti e il lettore, e diventa cassa di risonanza delle opinioni: si deresponsabilizza e delega ad altri – il pubblico immaginato e tradotto nelle figure di passanti e di cittadini raccolti a caso per strada – il compito di raccontare gli eventi.
5. Il servizio giornalistico sul “bar dei romeni” non scava nei trenta “ragazzi” violenti che a mazzate feriscono e distruggono. L'attenzione viene invece spostata sull'estraneo, sullo “straniero” e lì rimane. Anche in questo caso, di un fenomeno si coglie solo un aspetto, come se in un processo si ascoltasse solo la voce di una delle parti in gioco.
6. Alla fine del dispaccio dell’Ansa sul “bar dei romeni”, il quadro drammatico e di violenza viene alleggerito dalla sottolineatura di come gli "extracomunitari" che lavorano e vivono nel quartiere - con "regolare permesso di soggiorno", per usare un'espressione abusata sui giornali italiani - sostengano l'economia della zona. Insomma, dopo aver criminalizzato il "diverso" presentandolo solo sotto la veste dell'estraneità e del crimine, si tenta di presentarne anche un tratto rassicurante. Il problema ò è che diventa difficile, per il pubblico disorientato, distinguere tra l’extracomunitario buono e l’extracomunitario cattivo. Nell’uno e nell’altro caso, comunque, la persona “extracomunitaria” è qualche cosa di estraneo, che sta fuori del quartiere, che è avulso dal tessuto sociale “vero”, quello della gente perbene.
7. Nel dispaccio sui “bulli violenti” che hanno quasi ammazzato un uomo a Milano, colpevole di essersi lamentato del loro comportamento arrogante, non vi è la criminalizzazione del gruppo. Gli autori di un crimine così grave – un tentato omicidio in piena regola, visto che la vita del 52enne
è stata per giorni in pericolo – non sono presentati come pericolosi per la sicurezza dei cittadini e del quartiere. La stampa sembra avere le armi della condanna spuntate quando i protagonisti di un fatto di cronaca nera sono cittadini italiani.
8. Il gruppo dei “bulli” viene smontato della sua pericolosità per la comunità nel momento in cui si fanno nomi e cognomi dei leader del gruppo: non siamo in presenza di un corpo “estraneo”, “straniero” che attenta alla nostra sicurezza, ma di ragazzi violenti, di “teppisti”, di “balordi”. Sarebbe interessante fare un’indagine sulla paura dei cittadini dei quartieri periferici e chiedere loro qual è il sostantivo che più fa paura: “romeno” o “teppista”, “extracomunitario” o “bullo”. Eppure i “romeni” romani si limitano a sporcare, a fare schiamazzi e ad avviare qualche rissa; mentre i bulli e i teppisti riducono in fin di vita una persona.
Non vogliamo, con queste osservazioni, negare che vi siano problemi di convivenza e di degrado là dove si creano dei ghetti, dove l’illegalità è la regola, dove l’immigrazione è solo un problema. Un approccio interculturale, come rileva Portera (si veda il suo “Tesori sommersi. Emigrazione, identità, bisogni educativi interculturali”, FrancoAngeli editore), accanto all’accoglienza, al dialogo e al rispetto della diversità, ha come pilastro il rispetto della legalità, delle regole e delle leggi. Nessuna appartenenza culturale o religiosa – va ricordato – giustifica il ricorso alla violenza, lo spregio delle leggi e dei diritti fondamentali della persona.
Quello che vogliamo sottolineare è la “criminalizzazione del diverso” che la stampa attua, ricorrendo a riti ripetitivi che sono ormai parte delle routines redazionali; e l’incapacità di comprendere e rappresentare un’Italia diversa, complessa, più ricca di sfumature di quanto i media lascino intendere. Non è esorcizzando la “diversità”, con processi di criminalizzazione della persona immigrata, che si aiuta ad affrontare il problema – serio – della convivenza, della sicurezza nei quartieri.
La stampa, come la politica, guarda al breve periodo, al presente e all’immediato futuro, con la presunzione però di darne una lettura di lungo respiro. Proprio nell’esercizio di un mestiere che è proprio del giornalismo – la rappresentazione del presente, di quanto accade – i mass media mostrano la corda della loro impreparazione a raccontare un’Italia che non sta cambiando in senso multiculturale ma che è già multiculturale.
 
 
ROMENI FERITI A ROMA: AL TRULLO COME IN ALABAMA /ANSA
   (ANSA) - ROMA, 2 OTT - Una spedizione punitiva in stile
Alabama: una trentina di ragazzi, di cui solo alcuni si prendono
la briga di coprirsi il volto, arrivano a piedi con mazze e
spranghe, assaltano il bar dei romeni mettendolo «a ferro e
fuoco», feriscono un paio di extracomunitari e si allontanano
spaccando qualche vetrina e gettando le mazze insanguinate nei
contenitori porta rifiuti. È la cronaca di questo pomeriggio di
un quartiere difficile della periferia di Roma, il Trullo.
   Ieri sera, nello stesso posto, la Birreria dei portici, di
fronte a una scuola elementare, sparatoria e altri tre romeni
feriti; stamani tre italiani sono stati arrestati per
quell’episodio.
   La Birreria non è un luogo qualunque. Se il proprietario e
il gestore sono italiani, la frequentazione è esclusivamente
composta da extracomunitari, in particolare romeni e polacchi.
Il luogo ha sostituito un altro bar a pochi metri di distanza,
chiuso dopo alcuni avvertimenti. La Birreria da circa tre anni
era l’incubo di molti residenti, primi fra tutti i condomini del
palazzo di quattro piano alla base del quale si trovava, al
civico 34 di via Monte della Capre. Musica ad altissimo volume
fino alle 4 del mattino, forti consumi di alcolici e quindi
tanti ubriachi in giro, auto parcheggiate in mezzo alla strada,
frequenti risse, qualche volta terminate con colpi di coltello,
qualche altra di pistola. «Da tre anni non si dorme più, tutte
le sere confusione, musica e botte» descrive il proprietario
dell’abitazione danneggiata parlando a nome del condominio. Un
episodio atteso quello di oggi, dopo vani esposti e denunce a
pioggia - dicono - a tutte le forze dell’ ordine e le autorità
competenti. «Qui c’è il Far-West - dice un’altra condomina -
Dopo le 21 non usciamo di casa, sembra di non essere a Roma,
sono tutti extracomunitari e senza permesso di soggiorno».
«Qui gli stranieri siamo noi - le fa eco un anziano residente
del posto - Questa zona è diventata un porcile»
   Anche Lamy, della Guyana francese, da anni al Trullo dove
sono nati i suoi tre figli, in regola e apprezzato dai vicini,
concorda sulla pericolosità sociale: «Passavo davanti al bar
sempre con una certa inquietudine, spesso ti provocavano e
poteva finire male».
   Eppure la zona del Trullo non è sempre stata così, anzi. A
lungo è stata presa ad esempio di integrazione tra italiani e
le tante comunità straniere venute ad abitarci. Ma da una
decina d’anni la situazione è cambiata radicalmente. Va
sottolineato tutta via che molti sono gli extracomunitari in
regola e seri lavoratori. È a loro che sono affittati molti
appartamenti, spesso a prezzi più alti di quelli di mercato;
analogamente, sono ben accolti gli immigrati avventori dei bar,
forti consumatori di alcolici. L’economia del quartiere,
insomma, è in parte retta proprio dagli extracomunitari. Al
mattino presto nella parte superiore di via Monte delle Capre si
assiste a una sorta di caporalato, con decine di romeni e
polacchi che attendono l’arrivo dei furgoni che ne porterà
alcuni in cantiere edili o in altri impieghi.
 
 
RAID IN BAR ROMA:NEL QUARTIERE,DEI ROMENI NON SE NE PUÒ PIÙ
ABITANTI ED EXTRACOMUNITARI,HANNO RIDOTTO LA ZONA IN UNA LATRINA
   (ANSA) - ROMA, 3 ott - Non giustificano la violenza ma
precisano che «dei romeni non se ne può proprio più ». Il
giorno dopo il raid punitivo contro il bar frequentato da romeni
sono in molti gli abitanti del Trullo, quartiere popolare di
Roma, che continuano a raccontare le storie di «esasperazione e
degrado» che negli ultimi due anni hanno trasformato la zona.
Storie che hanno come protagonisti sempre e solo «i romeni».
«Prima si poteva tranquillamente passare davanti a  quel bar -
spiega una ragazza che ha con sè i due figli piccoli - da un
paio di anni sono costretta ad evitare il passaggio e ad
aggirare i bar per i commenti volgari anche in presenza dei miei
figli».
  «La mattina presto - racconta un commerciante - ci troviamo
con i romeni che fanno i bisogni in mezzo alla strada, riducendo
tutto ad una latrina. Non è un bello spettacolo e poi questo
dove viviamo è il nostro quartiere e lo vorremo pulito,
vivibile, sicuro».
  Parole che descrivono una situazione al limite: anche perchè.
riflettono in molti, «quelli là, i romeni sono dei disperati
disposti a lavorare per i caporali anche per 30-40 euro al
giorno». Ad aggiungersi al coro delle lamentele anche alcuni
extracomunitari, quelli inseriti ed integrati. Come una signora
polacca che taglia corto: «bevono, si ubriacano, creano
disordini. Gli abitanti hanno ragione».
   C’è qualcuno che una parola spende anche per gli autori
dell’ assalto. «Potrebbe essere stato un atto di bullismo
legato alla delinquenza italiana che nel quartiere non manca»
spiega un signore della zona. Altri, pochi, fanno intendere di
conoscere i componenti della spedizione. «La violenza non va
giustificata ma neanche i romeni che hanno ridotto il nostro
quartiere ad una latrina», concludono due ragazzi. 
 

BULLISMO: PESTANO A SANGUE 52ENNE, 4 FERMATI A MILANO /ANSA
TENTATO OMICIDIO. BANDA VIOLENTI SI ÈVENDICATA PER SUE PROTESTE
   (ANSA) - MILANO, 9 OTT - Hanno ridotto in condizioni
gravissime, pestandolo selvaggiamente, un uomo che aveva osato
protestare per le loro rumorose e pericolose scorribande in
motorino per le vie della periferia di Milano. Con l’accusa di
tentato omicidio quattro giovani, tra cui un  minorenne,
definiti dagli investigatori ’bulli di quartiere', sono stati
fermati a Milano dalla polizia perchè ritenuti responsabili
della brutale aggressione, avvenuta una mese fa.
   La vittima del pestaggio, Renzo A., 52 anni, è stato
percosso con una tale violenza da rischiare la vita, è tuttora
ricoverato e ci sono volute settimane perchè fosse dichiarato
fuori pericolo.
   Nel quartiere periferico in cui i giovani vivono, in zona
Corvetto, l’uomo aveva protestato per la loro condotta
spericolata in sella ai motorini per le strade e sui
marciapiedi. Ne era nata una lite sfociata subito in una prima
aggressione: alcuni giorni più tardi l’uomo è poi stato
aggredito nuovamente dal gruppo nei pressi di piazzale Gabrio
Rosa: i bulli lo hanno circondato e picchiato con ferocia
procurandogli lesioni gravi: Renzo A., che si trova al
Policlinico, ora ha ripreso conoscenza ma continua ad avere
gravissimi problemi alla vista.
   I quattro fermati sono Emanuele Rinaldi, 20 anni, Antonino
Penna, di 21, Michele Manieri, di 19, e un diciassettenne le cui
generalità non sono state fornite perchè minorenne. Tutti sono
residenti nel quartiere Corvetto, e per tutti l’accusa, che
dovrà essere ora convalidata dal gip, è di tentato omicidio.  
  Al quartetto la polizia è arrivata partendo dai fotogrammi
delle telecamere di una banca vicina, che ha ripreso la brutale
aggressione. Dal loro esame tra l’altro è emerso che uno degli
assalitori avrebbe avuto uno scooter con un adesivo particolare
sul parabrezza. Era proprio il motorino del minorenne, dal quale
poi gli investigatori sono arrivati agli altre tre, che nel
frattempo avevano deciso di allontanarsi e si erano nascosti in
provincia di Roma, presso parenti.
   I quattro del branco, assieme ad altri giovani, si sarebbero
resi responsabili, di recente, di diversi altri episodi
violenti, e sempre per motivi futili. Secondo quanto si è
appreso dagli investigatori, in un’ occasione, ad esempio,
avevano procurato gravi lesioni a un passante preso di mira, in
un’altra avevano investito e ucciso il cane di un abitante del
quartiere, in un’altra avevano tamponato più volte un’auto per
uno screzio di viabilità; in un’altra ancora avevano aggredito
fuori dal carcere di San Vittore un fotografo, incontrato mentre
erano andati a prendere un amico.
   Penna e Rinaldi, in particolare, erano stati rispettivamente
arrestato e denunciato, il 3 maggio scorso, per un’aggressione
ad alcuni agenti della Polizia municipale che volevano
sequestrare i loro motorini.
   Lo stesso quartiere, il 2 maggio scorso, era stato teatro di
una guerriglia tra Polizia Municipale e una banda di balordi,
sempre per questioni riguardanti la viabilità: in quell’
occasione le indagini della Polizia Municipale avevano portato
all’individuazione di 14 presunti responsabili (che però
avevano beneficiato dell’indulto), e di una rete molto estesa di
balordi, teppisti e pregiudicati che vivono tutti nella stessa
zona.

Verona, 10 ottobre 2006

 

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