IL PRESIDENTE NAPOLITANO E I CANTIERI "EXTRACOMUNITARI"

a cura di Maurizio Corte - Verona, 27 giugno 2006
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C'è un modo per ricordare la nostra uguaglianza come persone: il fatto che la morte ci rende uguali e si presenta puntuale a tutti. Peccato che nel morire - e nel parlarne e nello scriverne dopo morti - ci siano persone che sono considerate "extracomunitarie", fuori della comunità. Stiamo parlando delle vittime e degli incidenti sul lavoro di cui i mass media hanno parlato il 22, 23, 24 e 25 giugno. Il primo incidente accade a Buttapietra, paesino a pochi chilometri da Verona: giovedì 22 giugno, al mattino, Ovidiu Manole Heisu, 34 anni, di nazionalità romena, residente a Verona e l'amico e connazionale Ioan Petrisor, 29 anni, anche lui residente in città, stanno lavorando al campanile della chiesa di Buttapietra. La ditta per la quale lavorano ha terminato i lavori, ma deve sistemare alcune chiazze lasciate da infiltrazioni al tetto del campanile della chiesa. Alle 8.15, i due operai salgono sulla piattaforma aerea di un sollevatore e si portano a 30 metri di altezza. A causa del mancato inserimento del sistema di bloccaggio del carrello, quest'ultimo si impenna e fa scivolare i due operai. Ovidiu vola a terra e muore sul colpo. Ioan resta agganciato nel vuoto, urla, prova ad alzarsi ma non ce la fa e precipita a terra, morendo come l'amico. Una tragedia che per la sua stessa dinamica avrebbe dovuto riempire le prime pagine di cronaca dei giornali per giorni, e che probabilmente le avrebbe riempite se i due operai morti non fossero stati cittadini stranieri; e - soprattutto - se la "logica economica" e l'omertà dei poteri forti non avesse messo un filtro silenziatore al dibattito sulla sicurezza sui posti di lavoro. Per meno, infatti, per molto meno, gli "extracomunitari" hanno riempito e riempiono i giornali quando sono identificati come soggetti e autori di azioni devianti, illegali; quando sono la spia di “emergenze sicurezza”.
Sabato 24 giugno, al mattino, l'operaio Antonio Veneziano, 25 anni, di Messina, muore in un incidente sul lavoro nel cantiere dell'autostrada Catania-Siracusa, dove il ponteggio e parte di un ponte sono crollati travolgendo gli operai al lavoro. I feriti sono 14, due in gravi condizioni. La vittima, hanno fatto sapere i sindacalisti, lavorava in quel cantiere da appena tre giorni. E' un incidente che colpisce per il significato in qualche modo simbolico che riveste: nell'Italia fanfaronara che vorrebbe il Ponte sullo Stretto e non ha neppure i soldi per completare i cantieri aperti, un crollo provoca la morte di un operaio e tanti altri ferimenti nella Sicilia delle infrastrutture spesso mancate e dei guadagni mafiosi invece regolarmente assicurati.
Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, appresa la notizia del tragico crollo del pilone sul cantiere dell’autostrada Catania-Siracusa, si mette immediatamente in contatto con il prefetto di Siracusa chiedendogli di rappresentare i suoi sentimenti di profonda commozione e di partecipazione al dolore della famiglia della giovane vittima Antonio Veneziano, di solidarietà a tutti i lavoratori feriti e di vicinanza all’intera comunità. Nell'occasione, rileva una nota del Quirinale, Napolitano esprime il suo apprezzamento per la tempestività e l’efficacia dei soccorsi. Nel rilevare come il drammatico bilancio dell’incidente metta in evidenza situazioni inaccettabili sotto il profilo della sicurezza sul lavoro e richiami alla necessità di una più costante e forte vigilanza per il rispetto delle norme e delle condizioni di lavoro, il Presidente Napolitano sollecita un attento accertamento delle cause e delle relative responsabilità.
Interviene a anche il presidente della Camera dei Deputati, Fausto Bertinotti, con un messaggio inviato all'operaio morto a Catania: "Siamo colpiti da una ennesima tragedia sul lavoro. Un nuovo lutto, altri feriti. Ancora dolore per la perdita di una vita umana. Siamo di fronte a una tragedia che chiede alle istituzioni tutte da un lato di esprimere solidarietà e vicinanza piena per la morte di un lavoratore e per il ferimento di molti altri, dall'altro di non rassegnarsi di fronte alla terribile sequenza di morti sul lavoro". Sugli incidenti sul lavoro interviene a ruota anche il presidente del Senato, Franco Marini; mentre il Papa, Benedetto XVI, la domenica successiva alza la tua voce autorevole sul dramma del lavoro.
Le conclusioni che possiamo trarre sono due. La prima carica dello Stato, Giorgio Napolitano, e le altre due alte cariche, Franco Marini e Fausto Bertinotti, dimostrano una forte sensibilità verso il tema - mai denunciato abbastanza - della sicurezza sui luoghi di lavoro. La custodia e la difesa della Costituzione, del resto, passa anche attraverso la difesa dei suoi principi. Peccato che il presidente Napolitano e i presidenti Marini e Bertinotti si siano dimenticati di allargare la loro solidarietà a tutti i lavoratori e alle molte persone di nazionalità straniera che lasciano la loro vita nei cantieri delle "nostre" strade, delle "nostre" case, delle "nostre" infrastrutture.
Quale ampio dibattito avrebbe sollevato un richiamo anche ai due operai "extracomunitari"? Operai che sono morti certamente "per una loro dimenticanza" (un carrello non agganciato), ma che sono la spia di come molta strada resti da fare per la salute (psicologica, oltre che fisica) sui luoghi di lavoro. Il silenzio assordante delle alte cariche dello Stato (bastava un cenno a tutti coloro che muiono nei cantieri, non occorreva il pietismo per i "poveri romeni"), l'extraterritorialità della morte della morte dei due uomini di nazionalità romena, l'extracomunitarietà del dolore dei loro parenti la dicono lunga sul livello di civiltà e sul tasso di coscienza civile del nostro Paese. La dicono lunga anche le "assenze", la mancanza di coraggio solidale, di vicinanza amorosa di altre figure importanti della comunità veronese, che a vario titolo - religioso, civile, sociale - dovrebbero testimoniare l'attenzione ai più deboli, il senso della cittadinanza allargata anche a chi per la legge italiana resta un "extracomunitario". Certo, come ai funerali delle stragi degli anni settanta, di certe figure istituzionali si può anche fare meno; ma a noi interessa cogliere la prospettiva breve, la chiusura mentale e dell’anima di chi non ha compreso quanto la nostra comunità sia cambiata e come non vi siano “stranieri” nelle tragedie, ma persone, esseri umani, “frammenti divini” uguali e non diversi.
Sull’attenzione alle “morti bianche” che vedono protagonisti i lavoratori di origine straniera, la dicono lunga anche i resoconti dei giornali (nazionali e non), i loro silenzi, il loro "fatalismo", la loro rinuncia all'approfondimento, alla denuncia sociale, alla sensibilizzazione. Di queste dimenticanze giornalistiche gli operatori dell'informazione - dall'occhio spesso strabico, dall'anima spesso assente e dal servilismo strisciante verso gli interessi economici - dovranno un giorno rendere conto. Di sicuro, adesso, possiamo affermare che oltre agli stranieri "extracomunitari", vi sono anche i cantieri "extracomunitari"; e vi è anche una stampa "extracomunitaria", quella stampa e quei giornalisti che non sanno (non vogliono, non possono) interpretare i segni di una comunità e dare loro voce per fare crescere la coscienza civile e la sensibilità umana e sociale per gli altri, per le persone, siano essi cittadini italiani o di altra nazionalità. Sulla “stampa extracomunitaria” avremo modo di tornare. Qui possiamo definirla: non è la stampa “straniera” perché fatta da cittadini di nazionalità straniera e in una lingua diversa dall’italiano; è la stampa italiana che si pone fuori della comunità e della città nel momento in cui non sa rappresentarla, interpretarla e farla conoscere in tutte le sue articolazioni.

Verona, 27 giugno 2006

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