Immigrazione e cittadinanza in Europa

Fondazione Nord Est

 

Immigrazione e cittadinanza in Europa: una questione "sociale"

L’immigrazione costituisce, per l’Europa, una sfida importante e difficile, sotto diversi profili, che richiamano altrettante questioni: l’identità, l’occupazione, l’ordine pubblico, la cittadinanza nazionale e quella europea.

Le regole di accoglienza, i diritti di cittadinanza, i modelli di integrazione nei confronti degli immigrati sono perlopiù definiti su base nazionale. È, quindi, difficile trattare questo problema senza misurarsi con la sfera degli atteggiamenti sociali che emergono nei diversi paesi, con le paure e le chiusure, con le disponibilità e le preclusioni che il fenomeno genera nelle comunità locali e fra le persone. In altri termini: è necessario tenere conto del clima di opinione, dei mutamenti e delle fluttuazioni che lo contrassegnano, perché esso contribuisce, inevitabilmente, a condizionare le scelte dei governi e i comportamenti degli attori politici.

Ovunque in Europa, soprattutto negli ultimi anni, i flussi migratori sollevano preoccupazioni crescenti sul piano dell’identità, dell’occupazione, dell’ordine pubblico. Al punto da essere diventati fonte di malessere sociale e, per questo, motivo di aggregazione e di mobilitazione politica. Le forze politiche che, negli ultimi anni, hanno fatto di questo tema una bandiera, un tema importante della loro proposta sono diverse, in Europa. Si pensi alla Fpo, in Austria, al Cud in Svizzera, al Fn in Francia, alla Lega Nord in Italia. Ma l’argomento ha acquisito rilievo anche per altri soggetti politici, che occupano un posto importante sulla scena del loro paese: la Csu in Germania, An in Italia.

I diversi paesi tendono a gestire e a regolare in modo autonomo e specifico questi problemi. Anche se molte ragioni, molti fenomeni spingono in direzione diversa, verso l’integrazione e l’internazionalizzazione del problema. L’apertura delle frontiere tra i paesi della Ue, i flussi migratori che premono da differenti direzioni, la crescente globalizzazione delle economie e dei mercati, hanno, infatti, accentuato le interdipendenze tra i paesi. Risolvere la questione dell’immigrazione e al contempo quella della cittadinanza "in un paese solo" o "paese per paese", quindi, appare di giorno in giorno più improbabile.

L’inchiesta che viene presentata in questo dossier è una rilevazione sugli atteggiamenti nei confronti dell’immigrazione e dei diritti di cittadinanza politica e sociale, realizzata attraverso un sondaggio svolto da alcune fra le più autorevoli agenzie demoscopiche, su un campione rappresentativo della popolazione dei cinque paesi europei più rilevanti, sul piano politico e demografico: Francia, Germania, Gran Bretagna, Spagna e Italia.

 

Gli atteggiamenti verso gli immigrati

L’indagine parte dalla "reazione sociale" di fronte al fenomeno dell’immigrazione. Per questo si sono rilevati i sentimenti di preoccupazione e di "paura" che accompagnano l’immigrazione in ambito sociale, in quanto possibile minaccia alla cultura e all’identità; all’occupazione; all’ordine e alla sicurezza. Il sondaggio proponeva, a questo fine, quesiti che richiamano alcuni stereotipi, fra i più diffusi nel senso comune ma anche nel dibattito pubblico.

A una lettura per quanto superficiale, dai dati si coglie una duplice tendenza: l’incidenza (in generale) e la discontinuità (tra i paesi) del fenomeno riguardo alla sensibilità e agli atteggiamenti dei cittadini in Europa.

Nel complesso, più di un quarto della popolazione in Europa percepisce il fenomeno con preoccupazione oppure con paura. In primo luogo per motivi di ordine pubblico (28%), poi perché considerato un rischio per l’occupazione (27%, senza contare la Gran Bretagna, dove il quesito, per motivi tecnici, non è stato analizzato). Infine, perché è vissuto come sfida all’identità culturale (25%). Anche se la grande maggioranza delle persone intervistate dichiarano di guardare senza angoscia la crescita dell’immigrazione, quindi, i motivi di inquietudine non mancano.

Al di là della dimensione assoluta, questi sentimenti rivelano differenze profonde, per profilo e dimensione, fra i cinque paesi considerati.

Tra i paesi europei considerati, le paure più diffuse si colgono in Italia, dove una persona su tre vede l’immigrazione come una minaccia all’occupazione. Poco meno di quanti la ritengono un pericolo per l’identità e per la cultura nazionale e/o territoriale. Mentre una componente sociale elevatissima, quasi una persona su due, infine, la considera un problema di ordine pubblico. Sul versante opposto si colloca la Spagna, dove gli immigrati generano preoccupano settori di popolazione più limitati: fra il 10% (sul piano dell’identità) e il 20% (in termini di occupazione). Il fenomeno genera, invece, maggior timore negli altri paesi, avvicinandoli, per questo, all’Italia piuttosto che alla Spagna. In Francia, Germania, Gran Bretagna, infatti, la preoccupazione suscitata dagli immigrati pervade settori compresi fra il 25 e il 30% dei cittadini. Diverso è, comunque, il tipo di sentimento sollevato dagli immigrati nei diversi contesti. Essi vengono percepiti, prioritariamente, come una minaccia all’occupazione in Germania e in Spagna; all’identità in Gran Bretagna; all’ordine pubblico in Italia e in Francia. Emerge, quindi, una pluralità di modelli nazionali, che è difficile riassumere attraverso singole chiavi di lettura o specifiche variabili demografiche, politiche, identitarie.

 

Sud, Est, "dentro": geografia dei sentimenti verso l’immigrazione

L’indagine ha articolato la rappresentazione degli immigrati secondo l’area di provenienza. Oltre il 70% degli intervistati, su base europea, dichiarano un atteggiamento di piena fiducia nei confronti degli "immigrati" che provengono dagli altri paesi dell’Unione Europea. I quali, com’è noto, godono di diritti sempre più estesi e coerenti. In effetti, questo dato, più che per il prevalere (previsto) della fiducia, sorprende per la consistenza (inattesa) del sentimento di diffidenza. Quasi un terzo dei cittadini europei considerano, infatti, "lontani" anche coloro che provengono dall’interno dell’Unione. Un atteggiamento che raggiunge gli indici più elevati in Gran Bretagna, dove la domanda di integrazione europea, peraltro, è sempre risultata più limitata che altrove. Al contrario, la fiducia verso i cittadini della Ue risulta più diffusa in Germania e in Francia, dove raggiunge la soglia dell’80% degli intervistati. Com’era largamente prevedibile, la diffidenza cresce nei confronti degli immigrati che provengono da altre aree. Quelle più vicine: l’Europa dell’Est. Quelle più lontane: il Terzo mondo. Tuttavia, la fiducia nei confronti di questi gruppi resta comunque maggioritaria. E soprattutto, ciò che era meno prevedibile, la sfiducia investe maggiormente le persone che vengono da aree più vicine: i paesi dell’Est europeo. Che incutono più distacco di quelli del Terzo Mondo. Ciò suggerisce che la sfiducia suscitata dagli immigrati sottenda, in Europa, altre paure. L’inquietudine prodotta dai flussi aperti dalla caduta del muro di Berlino e dall’esodo di massa causato dalle guerre balcaniche. In prospettiva, la paura suscitata dal prossimo allargamento dell’Unione ai paesi dell’Est. All’ulteriore "flusso" che ne seguirà. Non è un caso che il maggior grado di ostilità, a questo proposito, si registri in Germania e in Italia. I paesi che confinano con l’Est europeo e con i Balcani.

Per contro, l’indagine segnala come in Francia e in Spagna i timori più forti siano suscitati dall’immigrazione dal Terzo Mondo.

 

I diritti di cittadinanza politica e sociale

Al tema dell’immigrazione si collega, direttamente, quello della cittadinanza. Per sondare l’opinione degli intervistati su questi aspetti è stata sottolineata, quale premessa alla concessione dei "diritti" agli immigrati, l’adeguatezza ai "doveri" sostanziali richiesti ai cittadini: la "regolarità" della presenza sul territorio nazionale e della posizione di fronte al fisco, oltre al rispetto delle leggi e dei principi che contrassegnano la vita sociale. Questo, probabilmente, contribuisce a spiegare perché, per ampiezza, l’apertura nei confronti della cittadinanza superi ampiamente la soglia della "paura" degli immigrati. La quota di coloro che esprimono una chiusura totale verso la concessione dei diritti risulta, infatti, molto bassa: il 2% per quel che riguarda l’assistenza sociale, il 12% per il voto amministrativo, infine, il 18% per il voto alle elezioni politiche. Le resistenze più forti caratterizzano, ancora, l’Italia e, inoltre, la Germania. I paesi, lo ricordiamo, che hanno visto crescere maggiormente l’immigrazione negli ultimi anni, soprattutto dai paesi dell’Est. E che, come dimostra l’indagine, "temono" in primo luogo, questa componente del fenomeno. L’Italia, tuttavia, manifesta, in generale, un atteggiamento aperto e disponibile, a questo riguardo.

Queste peculiarità nazionali si confermano quando valutiamo l’atteggiamento verso la cittadinanza plurima. Circa i due terzi degli intervistati (il 63%, per la precisione) a livello europeo, dimostrano al proposito un atteggiamento aperto. Si dicono, cioè, d’accordo di non chiedere, come condizione per concedere la cittadinanza a un immigrato, la rinuncia a quella originaria. Ma, anche in questo caso, le rigidità più ampie si registrano in Francia e soprattutto in Germania, dove il 43% degli intervistati si dice contrario alla doppia cittadinanza. D’altronde, proprio attorno a questo argomento la discussione sulla riforma della cittadinanza in Germania si è accesa con particolare intensità, nell’ultimo anno. Più ridotte appaiono le resistenze sulla doppia cittadinanza in Gran Bretagna, dove il cumulo di nazionalità non costituisce un problema, in quanto è tradizionalmente previsto per legge. Ma l’apertura, in questo senso, appare ampia anche in Italia e soprattutto in Spagna, dove invece i limiti di legge in questo senso appaiono molto forti.

 

Il ruolo dell’Europa

Nonostante l’importanza e la specificità del retroterra nazionale in merito alla questione della cittadinanza politica, il sondaggio mette in luce fra gli intervistati un notevole favore ad affrontare questa materia nel quadro europeo.

Il 60% degli intervistati, un’ampia maggioranza, quindi, vedono nell’Unione Europea la sede più adeguata in cui definire regole e comportamenti comuni in materia di cittadinanza e immigrazione. Tuttavia, questo dato riflette, di nuovo, notevoli differenze su base nazionale. In Gran Bretagna, da un lato, la quota di popolazione che attribuisce all’Europa il compita di affrontare la questione della cittadinanza agli immigrati è minoritario. Poco superiore al 40% degli intervistati. Al contrario, in Italia più del 70% degli intervistati "contano" sull’Europa per risolvere il problema. Ma si tratta di atteggiamenti coerenti. Con la fiducia e la voglia di integrazione nell’Unione Europea: alta in Italia, molto più ridotta in Gran Bretagna. E, in parallelo, con la fiducia nello Stato e nelle sue istituzioni. In Italia, cioè, la sfiducia nello Stato induce i cittadini a ritenere conveniente spostare in sede comunitaria la soluzione del problema. Mentre in Gran Bretagna questa eventualità è vissuta come cessione di sovranità da parte di uno stato che, tra i cittadini, continua a godere di un elevato riconoscimento.

 

I modelli nazionali di rapporto fra cittadinanza e immigrazione

Paura degli immigrati e apertura verso i diritti di cittadinanza politica e sociale, quindi, non procedono in modo coerente, nei diversi paesi. Questi atteggiamenti, peraltro, non dimostrano relazioni strette neppure con il ruolo dell’Europa. Si combinano, invece, in modo differente. Possiamo, in particolare, individuare e indicare, prendendo a riferimento l’orientamento sociale verso gli immigrati e la cittadinanza, tre diverse situazioni.

Gran Bretagna e Spagna presentano un basso indice di timore verso gli immigrati e un elevato grado di apertura verso i diritti di cittadinanza. Ma, quanto alla valutazione sul ruolo da attribuire all’Europa, i due paesi appaiono divisi: forte in Spagna; debole in Gran Bretagna.

In Germania, invece, si rilevano indici di paura dell’immigrazione relativamente bassi, ma un grado di apertura verso la cittadinanza relativamente elevato.

Speculare è la posizione dell’Italia, che associa i più alti livelli di paura dell’immigrazione con un grado di apertura ai diritti di cittadinanza fra i più elevati. E una disponibilità elevatissima ad affrontare il problema in chiave europea.

La Francia, infine, si situa in una posizione intermedia e trasversale. Si pone, cioè, alla confluenza fra i tre modelli di atteggiamento che connotano gli altri paesi.

 

Da dove nasce la "chiusura" sociale: differenze nazionali e coerenze europee

La percezione dell’immigrazione come minaccia per l’ordine pubblico, in tutti i paesi considerati, appare condizionata da alcuni tratti ricorrenti: il titolo di studio, la posizione sociale, la posizione politica. Si attenua progressivamente quando le persone si spostano a sinistra, quando crescono l’istruzione, ma anche il reddito e la classe sociale. In Spagna e in Germania conta anche la dimensione urbana. Ma in senso opposto. La paura degli immigrati cresce nei grandi centri, in Germania. Nei piccoli, in Spagna. Infine, questo sentimento è influenzato anche dall’età. Visto che la paura dell’immigrazione cresce via via che ci si avvicina all’anzianità. Questa tendenza risulta più chiara e marcata che altrove in Germania e in Francia.

Il modello delineato nei diversi paesi non cambia molto se passiamo a considerare il timore che suscita l’immigrazione come minaccia all’identità culturale. Ma propone qualche variante significativa e interessante. Anzitutto, oltre e talora più dell’identità di sinistra, risulta importante quella di destra. In Italia e in Francia, soprattutto. Ciò significa che, in questi paesi, il tema dell’immigrazione partecipa direttamente al messaggio e all’immagine della destra. Che contribuisce in modo deciso a imporlo nell’agenda politica e in ambito sociale.

In secondo luogo, in questi stessi paesi acquista rilevanza la variabile del "genere". Ma con esiti opposti, nei due contesti. Perché l’immigrazione preoccupa maggiormente gli uomini in Italia e, al contrario, le donne in Francia.

Età, titolo di studio, identità politica, classe sociale ripropongono la loro influenza anche in rapporto alla cittadinanza politica degli immigrati. Il favore per la concessione del diritto di voto agli immigrati alle elezioni politiche, infatti, cresce dovunque tra le persone più giovani, più istruite, di classe sociale più elevata. In Italia, in Spagna e, con meno forza, in Francia, questo orientamento si rafforza anche tra coloro che esprimono un orientamento politico di sinistra.

Tuttavia, nell’assieme, questi aspetti contribuiscono a spiegare solo una parte dell’atteggiamento verso la cittadinanza e verso gli immigrati. E, inoltre, agiscono in modo diverso, da un paese all’altro. Mentre emergono alcuni tratti specifici, che distinguono i singoli casi nazionali.

 

Quante "Europe"? Le regioni della società europea di fronte alla cittadinanza

Per fare sintesi, in questo quadro complesso, abbiamo cercato di cogliere, all’interno degli atteggiamenti analizzati, l’esistenza e l’incidenza di linee di collegamento e di distinzione, in grado di riassumere le tensioni e gli orientamenti che contrassegnano i rapporti fra i cittadini, l’immigrazione e la cittadinanza in Europa. Dietro agli atteggiamenti verso gli immigrati e la cittadinanza si colgono due dimensioni principali.

Il primo fattore è definito dalla tensione fra chiusura e apertura sociale. Associa la tendenza a considerare l’immigrazione un rischio sociale e una minaccia alla cultura, l’ostilità a concedere il diritto di voto agli immigrati e, in minor misura, la gelosa attribuzione ai singoli Stati della prerogativa di decidere in materia di cittadinanza.

Il secondo fattore, la seconda frattura, segna la distinzione dello spazio europeo come contesto esclusivo, al cui interno solamente è legittimo attribuire i diritti di cittadinanza politica. Il che delimita l’Europa e i suoi confini come una sorta di "difesa" dal mondo esterno.

L’importanza del contesto nazionale sugli atteggiamenti e sull’opinione pubblica, quando entrano in gioco la questione della cittadinanza e dell’immigrazione, quindi, si ripropone, in modo evidente. E viene ribadita se i cittadini europei vengono raggruppati in classi omogenee, per valori e orientamento. Il dato più interessante da sottolineare è che la variabile che concorre maggiormente a specificare questi tipi di soggetti è il paese in cui risiedono. Gli atteggiamenti verso l’immigrazione e la cittadinanza, cioè, trovano ancora un denominatore comune importante nell’appartenenza allo Stato nazionale. In particolar modo, se consideriamo con maggiore attenzione la tipologia in questa prospettiva, emerge come due "tipi sociali" coincidano quasi del tutto con i campioni di due paesi: Spagna e Gran Bretagna. Tre dei rimanenti tipi sociali, invece, aggregano individui omogenei per nazionalità: tutti francesi, italiani o tedeschi. Anche se di ciascun campione nazionale, essi rappresentano solo una parte, per quanto ampia. Dei due tipi rimanenti, infine, il primo comprende, per i due terzi, cittadini italiani (la componente più "reattiva" dei cittadini italiani) e, per il resto, frazioni di cittadini di tutti gli altri paesi; l’altro combina i settori residui di cittadini francesi e tedeschi (nel segno dell’apertura "esclusiva" dei diritti all’Europa comunitaria).

Al di là di altre considerazione, questo aspetto serve a confermare, una volta di più, l’importanza dei valori, del retroterra sociale, storico istituzionale degli Stati nazionali, come fattori che condizionano l’opinione pubblica e le percezioni soggettive, di fronte al tema dell’immigrazione e della cittadinanza. Ciò significa che è difficile, per ora, individuare uno "spazio europeo", relativamente a questi problemi. Il che non può indurre a contraddire la ricerca di comuni percorsi in sede di Ue. In questa direzione, d’altra parte, si orientano settori molto estesi di opinione pubblica, in tutti i paesi. Tuttavia, l’eredità nazionale, le tradizioni culturale, i vincoli istituzionali contano e sono destinati a contare molto. Vanno presi sul serio. Come base per qualsiasi progetto europeo.