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Documentazione

Gruppo di lavoro "Politiche abitative"


Presidenza del Consiglio dei Ministri
Dipartimento degli Affari Sociali

 

STATI GENERALI SULL’IMMIGRAZIONE :

                 politiche locali e percorsi di integrazione

Vicenza, 12.1.2001

 

“Le politiche abitative”

 

Rosangela Comini

Assessore alla Casa del Comune di Brescia

 

 

Chi da anni , ed è sicuramente il caso delle persone qui presenti, segue con attenzione, razionalità e passione insieme, il fenomeno dell’immigrazione extracomunitaria sa che quattro sono i bisogni la cui soddisfazione  può costruire le condizioni per una vita dignitosa  per chi ha attraversato in situazione di disagio interi continenti  : il lavoro, la casa, la salute, il saper comunicare.

E non a caso è intorno a questi, che sono bisogni universali ,che si sono articolate le riflessioni dei gruppi di lavoro che qui oggi portano il loro contributo.

 

“ La questione abitativa”

 

Lo studio, l’approfondimento, l’analisi  della questione abitativa , per quanto riguarda gli immigrati, soprattutto la ricerca di possibili soluzioni impone la considerazione di vari aspetti.

Primo fra tutti l’assunzione della categoria della complessità quale criterio per la comprensione delle diverse dinamiche riconducibili all’abitare , ma in particolare la consapevolezza che la problematica del cittadino straniero nella ricerca della casa si incontra, spesso si scontra, con i bisogni di quei cittadini italiani che vivono nuovi processi di impoverimento e nuove forme di esclusione sociale.

Quindi l’azione politica deve farsi carico immediatamente del “ disagio abitativo”  per introdurre, non solo correttivi nella politica della casa, ma avvii  una progettualità  alta che, in prima analisi impedisca,  permettete una esemplificazione, una conflittualità forte tra cittadini italiani e stranieri su tale problema, una sorta di competizione tra le fasce più deboli della popolazione che  può provocare allarme sociale legato al timore di invasione e di soprusi da parte del “nuovo”  del“diverso” dello “sconosciuto”.

Chi  affronta  come me, permettete una nota personale, ogni giorno i mille casi di chi con basso reddito, o comunque  con un reddito che non permette l’accesso ad un mercato degli affitti sempre più incontrollabile nonostante il tentativo della L.431/98 di offrire strumenti di regolazione ( ma su questo tornerò), sa quanto di sofferenza, di paura, di insicurezza, di rabbia deve mediare e con quali difficoltà arrivare a trovare soluzioni.

 

E ancora, se in passato il “disagio abitativo” poteva essere ricondotto alla povertà economica, oggi è ritrovabile tra diverse categorie di persone che investono sulla casa un diversa qualità della vita: e qui faccio riferimento ad anziani soli con esigenze di assistenza e sicurezza, ai portatori di handicap che per essere autonomi  necessitano di accorgimenti edilizi come l’abbattimento delle barriere architettoniche,  alle famiglie monogenitoriali (con la separazione spesso cambia il livello di vita e che paga di più di solito sono i bambini e le donne),alle giovani coppie …

Oltre a ciò per i cittadini stranieri, caratterizzati da uno scarso riconoscimento giuridico e da un debole  legame sociale l’accesso alle abitazioni è condizionato,  anche da  barriere di tipo etnico , culturale e razziale. E  con ciò assistiamo a forme di sfruttamento, sovraffollamento, convivenze difficili, precarietà che portano ad un duplice modello di esclusione che da un lato impedisce l’avvio di un reale processo di integrazione e dall’altro impedisce un riconoscimento di piena cittadinanza sociale , pur in presenza di un positivo inserimento nel mondo del lavoro e quindi dell’acquisizione di un cittadinanza economica.

Se vogliamo fare sintesi sul tema  del “disagio abitativo” si può affermare quindi che tale problema nella sua dimensione più grave ,intercetta problemi di povertà economica, ma anche problemi di qualità della vita e problemi di esclusione sociale.

 

Un altro punto sul quale porre attenzione , proprio perché prima ho parlato del diverso modo di vivere l’abitare, è quello dell’evoluzione del concetto di casa: da casa come spazio fisico in cui

 gestire  la  sopravvivenza , alla casa come spazio affettivo – relazionale , luogo della sicurezza e della progettualità esistenziale: e per il processo migratorio si deve uscire dall’emergenza, passare da abitazioni pensate in termini quantitativi (vedi centri di prima accoglienza)  ad abitazioni pensate in termini qualitativi.

E questo è un passaggio che gli immigrati stanno vivendo con i ricongiungimenti familiari, con un progetto di immigrazione che sempre più si dilata nel tempo , che vede i figli sempre più restii al ritorno e quindi  un allontanarsi della data del  rientro al paese d’origine.

E per questo è necessario sottrarre questo problema all’emergenza : uscire dall’emergenza , spazio in cui fino ad oggi, ieri? , è stato confinato, significa prima di tutto assumere il problema dell’immigrazione come fenomeno strutturale, significa evitare soluzioni a breve termine, sottrarre il problema al semplice assistenzialismo, leggerlo , aiutare a leggerlo, in tutta la sua complessità sociale , culturale ed economica.

Ciò significa anche avviare una revisione delle politiche abitative ricollocando il problema nell’ambito della politica urbanistica di una città.

E qui parlo di politiche urbanistiche  perché voglio fare un cenno ad un fenomeno che appartiene alle nostre città : quello dei centri storici in cui edifici fatiscenti abbandonati da anni si sono ripopolati creando da una parte allarme sociale legato all’alta concentrazione di stranieri , abbassando quindi quella che chiamiamo soglia di tolleranza, dall’altra innescando un processo di forte sfruttamento degli stranieri sottoposti a condizioni capestro di affittanza ,e dall’altra ancora creando un mercato parallelo  della casa che va a danno di tutti i cittadini che ricercano una casa in affitto.

 

Emerge la necessità di una progettualità forte da parte dei politici e degli amministratori ,un piano regolatore che  innanzitutto dica quale immagine della città si vuole costruire : una città-comunità in cui il sistema dell’abitare sia concertato e quindi condiviso dai suoi abitanti ( le politiche attive), una città in cui abitazioni, reti di servizi, arredo urbano corrispondano ai bisogni di tutti i cittadini, un territorio in cui i processi di vicinanza e di integrazione siano parte del progetto urbanistico, una città nella quale gli amministratori sappiano interpretare anche i bisogni di chi non ha voce, sappiano mediare le diverse esigenze, una città  bella che sappia trasmettere sicurezza e quindi sappia contrastare le paure.

Può sembrare questa una visione utopica, ma è la strada che con intelligenza, coerenza e coraggio alcune città stanno intraprendendo , “utilizzando “ la presenza inquietante degli stranieri per promuovere azioni positive , per rivedere l’uso del territorio , per pensare in termini di integrazione e non di esclusione, ragionando sui timori dei nostri concittadini che spesso chiedono di far “sparire di rendere invisibili gli immigrati” la cui presenza massiccia è considerata fonte di conflitti.

Spesso per il solo fatto di esistere tra noi gli immigrati rendono visibili, fanno emergere, alcune delle     disfunzioni del sistema socioeconomico locale.

Si può quindi assumere la loro presenza  come occasione per attivare processi di riuso e di rinnovo urbano,  di nuova organizzazione del territorio, di politiche attive della casa che diano a tutti i cittadini di ogni provenienza e razza l’opportunità di accedere ad un mercato della casa  spesso inavvicinabile.

 

Lo scenario appena tratteggiato sta ad indicare  che per la sua complessità  il  problema “CASA” va rivisitato attraverso un progetto  integrato di politiche sociali, culturali , urbanistiche e va affrontato in termini innovativi utilizzando tutti gli strumenti normativi a disposizione sia a livello italiano che europeo.

 E per la forte localizzazione del fenomeno immigrazione, per alcune specificità i primi ad essere investiti dal problema e  quindi ad essere obbligati a trovare soluzioni  sono gli ENTI LOCALI anche se la questione casa deve essere assunta come priorità da tutti i livelli istituzionali.

 

Privilegiare l’offerta in AFFITTO.

 

L’offerta in Italia di alloggi privati in affitto a canoni accessibili a redditi bassi è così scarsa ed inadeguata rispetto alle esigenze da non agire nemmeno da calmiere.

Anche la L.431/98 che ha introdotto il concetto di canone concertato ,  ha visto molti comuni farsi protagonisti nel definire i criteri per la gestione  di tale percorso definendo zone censuarie, fasce di oscillazione dei fitti, abbattimento della tassa Ici ecc ., facendo accordi con le associazioni dei proprietari, non ha ancora visto risultati significativi. Il punto della legge che oggi si presenta come positivo è quello del Fondo Sociale che aiuta a pagare l’affitto e che  sta , a mio avviso, cominciando a dare sollievo alle fasce più deboli, ma anche e soprattutto sta creando le condizioni per agevolare la lotta all’evasione fiscale ed incentivare la registrazione dei contratti d’affitto, oltre che rendere i cittadini consapevoli dei loro diritti.

Il Comune di Brescia, tramite il SETTORE CASA ha fatto una forte campagna  informativa su questo punto, potenziando un servizio interno di consulenza e raccolta domande già  molto attivo, coinvolgendo le Circoscrizioni e tutti i servizi sociali territoriali riuscendo a raggiungere , sul piano dell’informazione anche gli immigrati,

(anche i supermercati sono stati utilizzati come luoghi di diffusione  dell’informazione) così che il 15% delle domande accolte è di cittadini stranieri.

Inoltre tale mobilitazione  ha fatto sentire il Comune  vicino al problema casa.

 

Gli ENTI LOCALI

Il conferimento alle Regioni e agli Enti Locali delle funzioni amministrative inerenti la programmazione delle risorse finanziarie destinate al settore dell’edilizia residenziale pubblica, se da un lato apre più possibilità di azione, dall’altro deve misurarsi con  la tendenza al calo delle risorse pubbliche disponibili.

Il problema quindi diventa quello di individuare modelli di intervento in cui l’obiettivo è quello di abbassare i costi degli interventi e quindi del canone d’affitto, dall’altra quello di trovare partner (tra questi anche le fondazioni bancarie) che aiutino gli enti pubblici a realizzare queste imprese.

 

Ma sicuramente  sono le REGIONI che hanno tutti i poteri necessari per definire le politiche abitative di cui c’è bisogno. A loro va chiesto di favorire fortemente l’offerta abitativa in affitto a canoni calmierati, a loro va chiesto di pensare a tutto campo ai bisogni emergenti in questo campo, senza pregiudizi, senza esclusioni ideologiche, dimostrando capacità di indirizzo anche innovativo.

I COMUNI singoli o consorziati devono svolgere il ruolo principale che è quello di individuare aree ed edifici da recuperare, di promuovere e coordinare gli interventi scegliendo gli strumenti più idonei aggregando, nelle operazioni, imprese private e del privato sociale.

Un altro problema che poi il Comune dovrebbe affrontare anche  per contrastare  le paure diffuse  per cui  l’immigrato non sa tenere la casa, non paga regolarmente l’affitto, non conosce i meccanismi di funzionamento  di una casa  è quello di individuare  soggetti operatori che siano in grado di aiutare nella gestione degli alloggi.

Questo funzione di accompagnamento può essere utile anche perché può diventare un’attività sociale di mediazione fra tutti i protagonisti ( inquilini, proprietari, vicini di casa, quartiere, ecc.)

 

Passerei ora ad illustrare alcuni progetti avviati in realtà diverse e generalizzabili , progetti promossi da enti locali, cooperative sociali, associazioni imprenditoriali, associazioni di volontariato con un’attenzione : che all’ente pubblico deve rimanere il governo del fenomeno ( che può voler dire soprattutto programmazione ,coordinamento e indirizzo) perché l’ente pubblico, se vuole, è in grado di leggere i fenomeni emergenti e può garantire la continuità, l’equità, la trasparenza.

 

Garantire l’offerta di affitto equo è sicuramente prioritario, ma oggi assistiamo, soprattutto nelle zone di immigrazione “stabile “ e a forte garanzia lavorativa,  alla richiesta di acquisto di una casa  e non mi sottrarrò dall’affrontare anche questo complesso problema le cui regole vanno ancora scritte, soprattutto con gli istituti di credito.

 

 

GLI ALLOGGI PER GLI IMMIGRATI

 

Non tratterò  in questo breve excursus di soluzioni abitative a bassa soglia di accoglienza ( centri di prima accoglienza, dormitori), ma  prima di soluzioni abitative intermedie e poi di accesso all’affitto con alcuni presidi

Comma.4 art.40 T.U.286/98

Alloggi sociali collettivi, privati e strutture alloggiative  per famiglie italiane e straniere in attesa di un alloggio ordinario

Si tratta di  forme alloggiative organizzate sotto forma di pensionati, già presenti prima del fenomeno migratorio, ma che vanno potenziate e realizzate in tempi brevi.

E’ evidente che tali soluzioni potranno rispondere ad un bisogno temporaneo, di dimensioni medio piccole, che naturalmente devono avere caratteristiche qualitative di buon livello anche per dare un’immagine verso l’esterno, verso i residenti della zona di una situazione di normalità.

La realizzazione di tali progetti che può vedere il concorso di Fondazioni, Organizzazioni del Terzo Settore, Cooperative sociali, Associazioni di Categoria ecc.  necessita di una forte presenza dell’Ente Locale che può intervenire mettendo a disposizione terreni a basso costo o in comodato in modo da calmierare i costi , oppure la Regione può mettere a disposizione finanziamenti a fondo perduto .

Il successo di tali iniziative si valuta anche sulla capacità di gestirle perciò sarebbe importante la presenza di un ente gestore, anche senza scopo di lucro, che curi i rapporti con i finanziatori pubblici e privati del progetto, stabilisca le modalità di accesso, curi il rispetto delle regole  e la massima utilizzazione dell'immobile.

 (Per Brescia un progetto simile è in via di realizzazione a cura della Fondazione Marcolini)

 

Contributi regionali per opere di risanamento igienico-sanitario degli alloggi

 

Questo tipo di contributo può risultare particolarmente efficace per la realizzazione di progetti finalizzati ad utilizzare il patrimonio esistente con interventi leggeri, poco costosi e di rapida realizzazione. Si potrebbero individuare anche alloggi di proprietà privata, concordando con il proprietario le condizioni necessarie per poterli destinare, per un determinato numero di anni, agli stranieri immigrati, ottenendone successivamente la restituzione in alcuni anni riscuotendo anche una parte del canone attraverso un operatore che garantisce le parti.

( Per Brescia un progetto simile è realizzato con l’associazione “Il Tetto”)

 

 

 

 

Il concorso dei datori di lavoro

 

Nella migliore tradizione degli imprenditori illuminati (basta ricordare le case costruite per gli operai delle imprese agli inizi del secolo, o anche dopo) sarebbe importante che anche gli imprenditori, che tanto hanno bisogno di mano d’opera straniera, si  partecipassero alla ricerca di soluzioni abitative e non lasciassero gli enti pubblici o le associazioni  soli . Infatti la presenza congiunta di diversi soggetti , oltre a costituire una sinergia, può creare l’immagine di una situazione di normalità e far calare le tensioni e l’allarme sociale.

In alcuni luoghi ciò sta già avvenendo attraverso accordi tra Associazione Industriali, ALER e enti locali, in cui ognuno contribuisce, per la costruzione di alloggi-pensionati (è  il caso anche di Brescia), oppure attraverso un’opera di intermediazione,  con l’acquisizione di appartamenti, con il contributo del datore di lavoro per il pagamento dell’affitto. Ma sono casi troppo isolati : è necessaria su questo versante l’acquisizione di una responsabilità più diffusa così che le istituzioni pubbliche non rimangono sole a gestire questo complesso problema.

E su questo versante appare evidente come sia necessario agire sulla leva fiscale per incrementare questi progetti.

 

La locazione

Su questo versante è d’obbligo il coinvolgimento delle Regioni perché nella loro programmazione promuovano la realizzazione di alloggi  per l’affitto attraverso concertazioni con le cooperative gli ALER ex IACP.

Ma anche sul privato è possibile muoversi attraverso un’attività di concertazione con agenzie immobiliari in cui i Comuni attraverso il sistema della fidejussione e altre garanzie possono farsi da tramite con le proprietà, per i pagamenti e la tenuta degli appartamenti.

 

Alcune positive esperienze locali.

VERONA: Cooperativa La Casa per gli Extracomunitari. Soggetti: Comitato cittadino per la casa, CESTIM,MAG Servizi società di consulenza

 Finalità :acquisto di appartamenti da assegnare  ai soci extracomunitari.

Principio importante la collaborazione delle realtà straniere e la presenza attiva nel cons. di amm.

Anche se con molte difficoltà.

Trasformazione in Fondazione

 

BERGAMO: Associazione CASA AMICA

Soci fondatori Comune, Provincia, Associaz. Immigrati, CGIL – CISL - UIL, Ass. Costruttori, Caritas.

Acquisisce appartamenti da dare in affitto, o da ristrutturare, agevola i contratti con gli istituti bancari.

Oggi gestisce 75 alloggi, di cui 40 di proprietà

 

 

CESENA: Società Cesenate per l’Affitto

Si pone come punto do incontro tra i proprietari e gli inquilini a salvaguardia degli interessi delle parti.

Per garantire questo prende direttamente in affitto gli immobili e garantisce il pagamento del canone.

 

PADOVA: Cooperativa Nuovo Villaggio

Sorta nel 1993 per impulso delle ACLI- e di Assoc. Di Volontariato locale gestisce  215 posti letto per donne bambini, famiglie, stranieri soli

I servizi sono la ricerca, contrattazione ed assegnazione di nuovi alloggi ai doci in lista di attesa, l’accompagnamento ai servizi del territorio ecc.

 



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