Commissione per le politiche di integrazione degli immigrati

SECONDO RAPPORTO SULL'INTEGRAZIONE DEGLI IMMIGRATI IN ITALIA

 

APPENDICE GIURIDICA

 

Questa appendice aggiorna la precedente pubblicata nel Primo Rapporto sull'Integrazione degli immigrati in Italia (pp. 489‑571), anche consultabile sul sito: www.affarisociali.it/integrazione

 

Normativa italiana

 

- DECRETO DEL MINISTRO PER LE PARI OPPORTUNITA. Istituzione del Comitato di Coordinamento delle azioni di governo contro la tratta di donne e di minori a fini di sfruttamento sessuale, 24 febbraio 1998. Presieduto dal Ministro Pari opportunità o per la Solidarietà sociale. Compiti di analisi del fenomeno, definizione dei criteri per la raccolta dati e la formulazione di stime, revisione della normativa interna, proposte per l'attuazione delle linee guida europee per misure efficaci di prevenzione e lotta contro la tratta delle donne a scopo di sfruttamento sessuale contenute nella dichiarazione dell'Aja, del 26 aprile 1997 e degli altri atti internazionali sottoscritti dall'Italia, formulazione di proposte per l'emanazione di direttive agli operatori del settore e di iniziative da assumere a livello internazionale.

 

‑ D.P.C.M., Misure di protezione temporanea da adottarsi per rilevanti esigenze umanitarie a favore delle persone provenienti dall'area balcanica, 12 maggio 1999.

 

‑ Contratto nazionale per il comparto scuola 1998/2001, siglato il 20 maggio 1999 e la relativa contrattazione integrativa, 31 agosto 1999. Art. 19, promozione di attività formative per gli insegnanti delle scuole collocate nelle aree a forte processo immigratorio, in particolare per il sostegno linguistico, l'insegnamento dell'italiano come seconda lingua, l'approfondimento delle tematiche dell'educazione interculturale. Il contratto individua inoltre, come obiettivo primario, quanto previsto dall'art. 37‑ 38 T.U., in materia di diritto allo studio degli stranieri immigrati, di accoglienza delle differenze e di tutela delle culture e delle lingue d'origine.

 

‑ CIRCOLARE DEL MINISTERO DELLE PUBBLICA ISTRUZIONE, 21 ottobre 1999, n. 249, definisce la ripartizione del finanziamento di circa 10 miliardi, tra le province in cui si trovano le scuole collocate in zone a forte processo migratorio.

 

- DECRETO DEL MINISTRO PER LE PARI OPPORTUNITA. Costituzione della Commissione interministeriale per l'attuazione dell'art. 18 T. U. (Soggiorno per motivi di protezione sociale), 11 novembre 1999. Istituita presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, Dipartimento Pari Opportunità. Compiti di indirizzo, controllo e programmazione delle risorse per i programmi di assistenza e integrazione sociale.

 

‑ DECRETO DEL MINISTRO PER LE PARI OPPORTUNITA, di concerto con i ministri per la Solidarietà sociale, dell'Interno e di Grazia e Giustizia, criteri per selezionare i programmi di assistenza e di integrazione sociale da finanziare, 23 novembre 1999. Sono ammissibili al finanziamento pubblico due tipologie di programmi:

‑ azioni di sistema (campagne di sensibilizzazione, ricerca, ... ) e

‑ programmi di protezione sociale per assicurare protezione e assistenza allo straniero che intende sottrarsi alla violenza e ai condizionamenti dei soggetti dediti al traffico di persone, in particolare donne e minori. 1 progetti per tali programmi possono essere presentati da regioni, enti locali, soggetti privati convenzionati iscritti nell'apposita sezione del Registro e vengono valutati dalla Commissione.

 

‑ DECRETO DEL MINISTRO PER LA SOLIDARIETA SOCIALE. Linee guida per la predisposizione dei programmi regionali e del modello uniforme, 6 dicembre 1999. Un'efficace gestione del Fondo per le politiche di integrazione degli immigrati presuppone un forte collegamento centro‑realtà locali. Per il 1999 sono previsti 68 miliardi, per l'80% a regioni (sulla base del numero di immigrati presenti e in rapporto alla popolazione, e della condizione socio‑economica), province e comuni. Le risorse del fondo possono co‑finanziare fino all'80% i costi del programma. I programmi devono tenere conto delle priorità individuate nel documento programmatico: dare continuità ai progetti avviati nel 1998, privilegiare la fornitura di servizi rispetto ad interventi assistenziali, valorizzare sinergie tra fondi nazionali, locali e comunitari. Devono inoltre evidenziare l'apporto positivo dell'immigrazione all'economia del nostro paese, promuovere un.immagine positiva dell'immigrazione, facilitare l'inserimento degli immigrati, favorire relazioni positive tra italiani e immigrati. Le regioni dovranno presentare il loro programma al Dipartimento Affari Sociali seguendo il modello uniforme allegato.

 

‑ D.P.C.M. Istituzione in ciascuna provincia di un Consiglio territoriale per l'immigrazione, (ai sensi dell' art. 57 del D.P.R. 31 agosto 1999, n. 394), 18 dicembre 1999. Il Consiglio opera anche in raccordo con gli organi già costituiti con analoghe finalità presso i comuni della provincia. E' presieduto dal prefetto, che assicura il raccordo con questi organi e con la Consulta per i problemi degli stranieri immigrati e delle loro famiglie.

 

‑ D.P.C.M. Proroga le misure di protezione temporanea a fini umanitari fino a 30 giugno 2000, 30 dicembre 1999. Dovranno essere rinnovati, a richiesta, i permessi di soggiorno per protezione temporanea precedentemente concessi. Il Ministro dell'Interno con le amministrazioni interessate, Acnur e OIM e altre associazioni umanitarie promuove una campagna di informazione e sensibilizzazione finalizzata a un programma di rimpatrio dei profughi presenti sul territorio. Vengono assicurati gli interventi di assistenza dei profughi che vogliono rimpatriare volontariamente entro il 30 giugno 2000.

 

- Legge Costituzionale, 17 gennaio 2000, n. 1. Modifica l'art. 48 della Costituzione, concernente l'istituzione della circoscrizione Estero per l'esercizio del diritto di voto dei cittadini italiani residenti all'estero. La legge stabilisce requisiti e modalità per l'esercizio del diritto di voto dei cittadini residenti all'estero e ne assicura l'effettività.

 

‑ D.P.C.M. Programmazione dei flussi di ingresso dei lavoratori extra­comunitari nel territorio dello stato per l'anno 2000, 8 febbraio 2000. Per l'anno 2000, sono ammessi in Italia per motivi di lavoro subordinato, anche stagionale, e lavoro autonomo cittadini stranieri non comunitari residenti all'estero, entro una quota massima di 63.000 persone. All'interno di questa quota, sono autorizzati all'ingresso: 28.000 per lavoro subordinato e 2.000 per lavoro autonomo; 6.000 albanesi, 3.000 tunisini, 3.000 marocchini, 6.000 cittadini di altri paesi non Ue che sottoscrivano intese di cooperazione; 15.000 tramite prestazione di garanzia (art. 23, commi 1,2,3 T.U). Se le richieste di sponsorizzazione sono inferiori alle 15.000 entro i termini stabiliti, possono essere rilasciati permessi di soggiorno per ricerca di lavoro (art. 23, comma 4 T.U) a cittadini stranieri residenti all'estero iscritti nelle liste presso le rappresentanze diplomatiche e consolari italiane.

Il Ministero del Lavoro ha in seguito aggiunto alla iniziale quota di 28.000 unità, 3000 autorizzazioni, attingendo alla riserva prevista per gli altri paesi che possono avere una quota privilegiata sottoscrivendo le intese.

 

‑ DIRETTIVA DEL MINISTERO DELL'INTERNO. Definizione dei mezzi di sussistenza per l'ingresso e il soggiorno degli stranieri nel territorio dello Stato, 1 marzo 2000. Definisce i criteri per quantificare i mezzi di sussistenza da dimostrare per l'ingresso degli stranieri in Italia. Per motivi di lavoro subordinato è necessaria la richiesta del datore di lavoro e idonea documentazione indicante le modalità della

sistemazione alloggiativa per il lavoratore straniero (art. 22 T. U). La disponibilità di mezzi di sussistenza può essere comprovata mediante esibizione di valuta, fideiussioni bancarie, polizze fideiussorie o assicurative o titoli di credito equivalenti, o titoli di servizi prepagati, o atti comprovanti la disponibilità di fonti di reddito nel territorio nazionale. Lo straniero deve indicare l'esistenza di idoneo alloggio e la

disponibilità della somma occorrente per il rimpatrio, anche mediante esibizione del biglietto di ritorno. Per l'ingresso per inserimento nel mercato del lavoro (art. 23, comma 4) si richiede una somma non inferiore all'importo annuo dell'assegno sociale (circa 10 milioni di lire) e la disponibilità delle somme necessarie al pagamento del contributo previsto per l'iscrizione al Ssn (£. 750.000), ovvero la polizza as­sicurativa. Per l'ingresso per motivo di studio (art. 39, comma 3 T.U) lo studente o il garante, oltre ai parametri previsti dal regolamento (art. 34), deve dimostrare la disponibilità della somma necessaria al pagamento del contributo per l'iscrizione al Ssn o la polizza assicurativa e i mezzi di sussistenza minimi.

 

‑ CIRCOLARE DEL MINISTERO DELL'INTERNO relativa al Regolamento concernente i compiti del Comitato per i minori stranieri (D.P.R 9/12/1999, n. 5 3 5), 16 marzo 2000. I pubblici ufficiali, gli incaricati di pubblico servizio e gli enti che vengono a conoscenza dell'ingresso o della presenza sul territorio dello stato di un minore straniero non accompagnato sono tenuti a darne immediata notizia al Comitato.

 

‑ CIRCOLARE DEL MINISTERO DELLA SANITA, 24 marzo 2000. Chiarimento delle disposizioni in materia di assistenza sanitaria del Testo Unico, identificando tre distinte categorie di beneficiari:

Stranieri iscritti al Servizio Sanitario Nazionale.

Vi può essere una proroga del permesso per motivi di salute nei casi in cui il cittadino straniero abbia contratto una malattia o subito un infortunio o malattia professionale che non consentano di lasciare il territorio nazionale in caso di scadenza del permesso. L'assistenza spetta anche ai familiari a carico regolarmente soggiornanti e fin dalla nascita ai figli minori. In presenza di tali requisiti si deve provvedere non solo all'iscrizione al Ssn, ma anche ad erogare direttamente le prestazioni sanitarie necessarie. Il rilascio del permesso di soggiorno fa retroagire il diritto all'assistenza sanitaria degli stranieri alla data di ingresso in Italia, le prestazioni urgenti ed essenziali possono essere rimborsate. Lo straniero è iscritto all'Usl nel territorio dove ha residenza anagrafica o l' «effettiva dirnora», cioè il domicilio indicato nel permesso di soggiorno.

Stranieri non iscritti al Servizio Sanitario nazionale.

Per «cure urgenti» si intendono cure che non possono essere differite senza pericolo per la vita o danno per la salute della persona; per «cure essenziali», prestazioni sanitarie, diagnostiche e terapetitiche, relative a patologie non pericolose nell'immediato e nel breve termine, ma che nel tempo potrebbero determinare un maggiore danno alla salute o rischi per la vita (complicanze, cronicizzazioni o aggravamenti). Principio della continuità delle cure urgenti ed essenziali: assicurare all'infermo il ciclo terapeutico e riabilitativo completo. Le prestazioni sono erogate senza oneri a carico degli stranieri irregolarmente presenti qualora privi di risorse economiche sufficienti, fatte salve le quote di partecipazione alla spesa a parità di condizioni con il cittadino italiano. Gli oneri sono a carico dell'Usl nel cui territorio vengono assistiti.

Stranieri che entrano in Italia per motivi di cura.

Dichiarazione di attestazione della struttura sanitaria, deposito di cauzione pari al 30% del costo delle prestazioni, prova, anche attraverso garante, della disponibilità di risorse sufficienti.

 

‑ CIRCOLARE DEL MINISTERO DELLA SANITA', 12 aprile 2000. Riconoscimento titoli professionali dell'area sanitaria conseguiti all'estero. Tutti i cittadini stranieri non comunitari che si trasferiscono in Italia per brevi o lunghi periodi, allo scopo di esercitare una professione sanitaria devono essere in possesso di un titolo abilitante all'esercizio professionale riconosciuto dal Ministero della Sanità e devono iscriversi all'albo professionale dell'Ordine del Collegio professionale o all'elenco speciale tenuto dal Ministero della Sanità. Il riconoscimento del titolo da parte del Ministro della sanità costituisce il presupposto per ottenere il «Visto» per motivi di lavoro da parte delle rappresentanze diplomatiche italiane territorialmente competenti.

 

‑ DECRETO del Ministro del Lavoro, 8 giugno 2000, autorizza l'ingresso di 20. 000 lavoratori stagionali.

 

‑ CORTE COSTITUZIONALE, Sentenza n. 376, 12 luglio 2000. Dichiara la parziale illegittimità costituzionale dell'art. 19, comma 2, nella parte in cui non prevede che il divieto di espulsione previsto per le donne in stato di gravidanza o nei sei mesi successivi alla nascita del figlio, venga esteso anche al marito convivente, salvo motivi di ordine pubblico o sicurezza dello stato. Al marito convivente deve essere rilasciato il permesso di soggiorno per cure mediche (a condizione che sia coniugato e effettivamente convivente con la donna in stato di inespellibilità).

 

‑ CIRCOLARE DEL MINISTERO DELL'INTERNO, 13 luglio 2000. La possibilità di rilasciare permessi di soggiorno per motivi di giustizia è solo genericamente elencata all'art. 5, comma 2 del T.U e non ripresa dal Regolamento. Tra le conseguenze che derivano dalla proposizione del ricorso avverso un decreto di espulsione oppure avverso al diniego di permesso di soggiorno: può essere rilasciato un per ingresso per motivi di giustizia, di breve durata solo in via residuale, in caso di istanza sospensiva, non più opponibile o/e confermata dal Consiglio di Stato, e in caso non sussistano condizioni per rilasciare un permesso di soggiorno per i motivi espressamente previsti dalla legge.

 

‑ CIRCOLARE DEL MINISTERO DELL'INTERNO, circolare 24 luglio 2000, Il turbante, il «chador», o anche il velo come nel caso delle religiose, sono parte integrante degli indumenti abituali e concorrono ad identificare chi li indossa, purché mantenga il volto scoperto. Sono quindi ammesse, anche in base alla norma costituzionale che tutela la libertà di culto e di religione, le fotografie da inserire nei documenti di identità (e sul permesso di soggiorno), in cui la persona è ritratta con il capo coperto, purché i tratti del viso siano ben visibili.

 

‑ CIRCOLARE n. 55/2000 DEL MINISTERO DEL LAVORO, 28 luglio 2000. Autorizzazioni al lavoro domestico per ingresso dall'estero, 28 luglio 2000. Il datore di lavoro che intende instaurare un rapporto di lavoro con uno straniero residente all'estero deve presentare la domanda di autorizzazione al lavoro alla Direzione provinciale del Lavoro competente per il luogo in cui l'attività dovrà effettuarsi. La domanda consiste in una richiesta nominativa o, nel caso in cui il datore di lavoro non abbia una conoscenza diretta dello straniero, attingendo dalle liste. L'autorizzazione può riguardare il lavoro subordinato a tempo indeterminato, determinato, di cui una particolare specificazione è rappresentata dal lavoro stagionale.

 

‑ MINISTERO DELL'INTERNO, circolare, 28 luglio 2000, introduzione del modello di « carta di soggiorno per stranieri»

 

‑ MINISTERO DELL'INTERNO, CIRCOLARE, 31 luglio 2000, attivazione del «numero verde» a disposizione delle vittime della tratta di donne e minori alfine dello sfruttamento sessuale: 800 290 290

 

‑ DECRETO DEL MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI, 1 agosto 2000. Individuate, ripartite e rivisitate le tipologie di visti di ingresso (per adozione, affari, cure mediche, diplomatico, famigliare al seguito, inserimento nel mercato del lavoro, invito, lavoro autonomo, lavoro subordinato, missione, motivi religiosi, reingresso, residenza elettiva, ricongiungimento famigliare, studio, transito aeroportuale, transito, trasporto, turismo e vacanze lavoro)

 

‑ DECRETO PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, 2 agosto 2000. Istituisce un Comitato per il coordinamento ed il monitoraggio dell'attuazione del Testo Unico. Presieduto dal Presidente del Consiglio o, per sua delega, dal Ministro dell'Interno; composto dai ministri di esteri, tesoro, bilancio, programmazione economica, lavoro e previdenza sociale, sanità, industria, giustizia, pubblica istruzione, università, ricerca scientifica, affari regionali, e affari sociali. Ha il compito di coordinare e monitorare lo stato di attuazione degli adempimenti previsti dal Testo Unico e di svolgere il lavoro preparatorio per l'elaborazione del documento programmatico, dei decreti sui flussi migratori (con parere della conferenza Unificata) e proporre iniziative utili a migliorare le disposizioni del Testo Unico. Verifica inoltre l'efficienza, economicità ed efficacia dell'azione amministrativa e formula proposte per la modifica della legislazione vigente.

 

‑ Le CIRCOLARI DEL MINISTERO DELL'INTERNO relative all' art. 18 dei Testo Unico, del 17 aprile 2000, 22 maggio 2000, 4 agosto 2000, chiariscono che la proposta per il rilascio del permesso per motivi di protezione sociale deve venire dal Procuratore della Repubblica solo nel caso in cui sia iniziato un procedimento penale relativamente a fatti di violenza o di grave sfruttamento nel corso del quale lo straniero abbia reso dichiarazioni. Tali situazioni possono emergere anche nel corso di attività svolte dai servizi sociali degli enti locali. Qualora la richiesta provenga dai servizi sociali degli enti locali, non sussiste la necessità che all'origine della richiesta sia intervenuta una denuncia. In questo caso il questore può rilasciare, anche senza parere obbligatorio del Procuratore, un permesso per motivi umanitari. Deve tenersi conto anche dei rischi all'incolumità personale ai quali potrebbero essere esposti nei paesi d'origine gli stranieri interessati e i loro famigliari a seguito del rimpatrio.

 

‑ DECRETO INTERMINISTERIALE ESTERI, TESORO E LAVORO, 1 settembre 2000. Prevede il rinnovo annuale del permesso di soggiorno dei cittadini somali per attesa occupazione, in sostituzione dei permessi di soggiorno per motivi umanitari rilasciati dal 1991 (caduta di Siad Barre e delle istituzioni dello stato somalo) fino all'agosto 1998. Definiti i documenti validi per il rilascio del visto per l'ingresso in Italia emessi dal governo sornalo con data anteriore al 31 gennaio 1991; quelli rilasciati da organismi internazionali; quelli rilasciati dal costituente governo somalo, previa verifica idoneità da parte del Ministero degli Esteri.

 

‑ D.P.C.M., 1 settembre 2000. Misure relative alla conclusione degli interventi di protezione temporanea assicurati agli stranieri presenti sul territorio nazionale con permesso di soggiorno rilasciato ai sensi del DPCM 12/5/99 prorogato con DPCM 30/12/99. Dal lo luglio cessano le misure di protezione temporanea a favore delle persone provenienti dall'area balcanica, le quali dovranno lasciare il territorio, potendosi avvalere di programmi di rimpatrio assistito. Dal rimpatrio vengono però esclusi i titolari del permesso di protezione temporanea che:

- hanno i requisiti per ottenere un altro valido titolo di soggiorno, inclusa la possibilità di presentare domanda per ottenere lo status di rifugiato ai sensi della Convenzione di Ginevra;

‑ per un grave motivo che impedisce il ritorno, possono avvalersi di un permesso per motivi umanitari (art. 5, comma 6 del Testo Unico);

‑ possano convertire il loro permesso in permesso per lavoro (dimostrando oltre all'attività lavorativa, un alloggio, un'autosufficienza economica e «un adeguato grado di integrazione nel tessuto economico e, sociale», la valutazione è affidata alla prefettura). E' prevista la proroga della validità del permesso fino alla decisione dell'istanza sulla relativa conversione e la facoltà di aderire, fino al 30 settembre 2000, al programma di rimpatrio assistito.

 

‑ DECRETO DEL MINISTERO DEL LAVORO E DELLA PREVIDENZA SOCIALE, di concerto con il Ministero degli Affari Esteri e il Ministro dell'Interno, 4 settembre 2000. Approvazione del modello di scheda di iscrizione che gli stranieri residenti all'estero dovranno compilare per essere iscritti nelle liste e di conseguenza nell'anagrafe annuale informatizzata delle offerte e delle richieste di lavoro subordinato straniero. L'ingresso sul territorio italiano per lavoro subordinato può avvenire solo nell'ambito delle quote stabilite dal decreto‑flussi (art. 21, T.U).

Possono essere attribuite quote d'ingresso preferenziali ai cittadini di stati non appartenenti all'U.E. con cui si siano conclusi accordi bilaterali, che regolamentano i flussi di ingresso e le procedure di riammissione (fino a oggi le quote sono riservate a Albania, Tunisia e Marocco). Tali accordi possono prevedere la possibilità che i lavoratori stranieri che intendano entrare in Italia per motivi di lavoro si iscrivano in apposite liste compilate presso le nostre rappresentanze consolari all'estero. Viene compilata una lista per lavoro a tempo determinato, una per quello a tempo indeterminato e una per lavoro stagionale. La scelta dei lavoratori, nelle quote previste dal decreto flussi, nell'ambito delle liste, avviene prima in base alla qualifica richiesta dal datore di lavoro e, in seconda battuta, sulla base dell'ordine cronologico di iscrizione nelle liste. Il lavoratore stagionale che sia rientrato nel paese d'origine al termine di scadenza del permesso ha diritto di precedenza in Italia rispetto ai cittadini mai entrati in Italia regolarmente.

 

‑ MINISTERO DELL'INTERNO, CARTA DEI DIRITTI E DOVERI PER IL TRATTAMENTO DELLA PERSONA OSPITATA NEI CENTRI DI PERMANENZA TEMPORANEA, 7 settembre 2000. Durante il trattenimento dello straniero nel centro sono tutelati i suoi diritti efatti rispettare i suoi doveri. In particolare: l'esigenza di essere informato al suo ingresso nel centro in lingua a lui comprensibile sui motivi del trattenimento, sull'allontanamento dal territorio nazionale, sulle possibilità di impugnazione dei provvedimenti assunti a suo carico e sull'assistenza di un difensore di fiducia, con ammissione al gratuito patrocino, o di un difensore civico; tutela della salute psico‑fisica, dell'unità familiare e del minore, della libertà di culto, del rispetto delle diversità, dal rischio di pregiudizio, della libertà di colloquio e della possibilità di ricevere visite. Enti, associazioni e cooperative che offrono servizi di interpretariato, informazione legale, mediazione culturale, supporto psicologico, assistenza sociale, potranno collaborare, su  base convenzionale e dovranno avere la possibilità di effettuare colloqui con lo straniero preferibilmente prima o mentre viene trasmessa al giudice la richiesta di convalida del provvedimento di trattenimento. L'indicazione di circostanze rilevanti o di particolari esigenze personali emerse e ogni elemento utile che possa risultare ostativo alla presenza dello straniero nel centro (diritto di chiedere asilo, artt. 18, 19, 30, 31 T.U), possono essere sottoposti all'attenzione della questura e del difensore. Le donne dovranno potersi avvalere dell'assistenza di personale del proprio sesso. La permanenza del minore nel centro è consentita solo a tutela dell'unità familiare e comunque su esplicita richiesta di uno dei genitori. Può anche essere consentita su decisione del competente Tribunale dei Minorenni. Al nucleo famigliare trattenuto deve essere garantita la permanenza all'interno di un medesimo centro e dovrà poter godere di spazi propri.

 

CIRCOLARE DEL MINISTERO DEL LAVORO, 2 ottobre 2000. Per predisporre il decreto di programmazione dei flussi migratori per l'anno 2001, si ritiene necessario quantificare le esigenze del lavoro subordinato, anche a carattere stagionale, con un monitoraggio approfondito a livello regionale del fabbisogno lavorativo. Si invitano quindi le Direzioni regionali del lavoro a predisporre piani regionali di rilevazione segnalando per ogni provincia le esigenze presumibili di nuovi ingressi, specificando oltre che la consistenza numerica, anche le qualifiche.

 

CIRCOLARE DEL MINISTERO DEL LAVORO, 10 ottobre 2000. Sulla base delle pressanti richieste manifestate, si attribuisce un ulteriore quantitativo residuo di 500 unità da destinare alla regione Veneto, per esigenze di carattere esclusivamente stagionale.

 

‑ CIRCOLARE DEL MINISTERO DEL LAVORO, 27 ottobre 2000. Considerato che la quota prevista nel decreto flussi 2000 destinata ai paesi che sottoscrivano intese di cooperazione in materia migratoria non risulta completamente assegnata, dispone che la residua parte di 3.000 ingressi sia destinata ad autorizzazioni al lavoro a tempo determinato, anche stagionale, a tempo indeterminato, nonché alla conversione di permessi di soggiorno per motivi di studio e formazione in permessi di soggiorno per motivi di lavoro subordinato e autonomo esclusivamente per lavoratori di nazionalità rumena.

 

‑ SENTENZA DELLA CORTE COSTITUZIONALE, 3/7.2.2000 n. 31. Dichiara inammissibile il Referendum che intendeva abrogare l'intero Testo unico. Tale abrogazione renderebbe l'Italia inadempiente agli obblighi derivanti dalla convenzione di applicazione dell'accordo di Schengen e dal trattato di Amsterdam. Non si può infatti svolgere referendum abrogativo sulle leggi di autorizzazione alla ratifica dei trattati né su disposizioni normative che producono effetti collegati in modo cosi stretto all'ambito dell'operatività di tali leggi.

 

Normativa europea

 

‑ CARTA DEI DIRITTI FONDAMENTALI DELL'UNIONE EUROPEA. Il Consiglio europeo di Colonia (3,4 giugno 1999) ha istituito un organo, la «convenzione» (composto da rappresentanti dei governi e dei parlamenti degli stati membri, della Commissione e del Parlamento europeo) incaricato di elaborare un progetto di Carta dei diritti. La «convenzione» ha approvato il 28 settembre 2000 il progetto, poi presentato al Consiglio europeo di Biarritz (13, 14 ottobre 2000) e sarà proclamata al Consiglio europeo di Nizza, previo accordo di tutte le parti interessate. I popoli europei, nel creare tra loro un'Unione sempre più stretta hanno deciso di condividere un futuro di pace fondato su valori comuni, indivisibili e universali di dignità umana, libertà, uguaglianza e solidarietà. L'Unione contribuisce al mantenimento di questi valori comuni, nel rispetto della diversità delle culture e delle tradizioni dei popoli europei.

Art. 14, comma 3, libertà di creare istituti di insegnamento e diritto dei genitori di provvedere all'educazione e istruzione dei loro figli secondo le loro convinzioni religiose, secondo le leggi nazionali.

Art. 15, comma 3, i cittadini di stati terzi che sono autorizzati a lavorare nel territorio degli stati membri, hanno diritto a lavorare a condizioni di lavoro equivalenti a quelle di cui godono i cittadini dell'Unione.

Art. 18, il diritto d'asilo è garantito nel rispetto delle norme della convenzione di Ginevra del 1951 e a norma del trattato che istituisce la Comunità europea.

Art. 19, le espulsioni collettive sono vietate. Nessuno può essere allontanato, espulso o estradato verso uno stato in cui esiste un serio rischio di essere sottoposto alla pena di morte, alla tortura o a altre pene o trattamenti inumani o degradanti.

Art. 21, è vietata qualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare, sulla razza, il colore della pelle o l'origine etnica e sociale, le caratteristiche genetiche e la lingua, la religione, l'appartenenza a una minoranza nazionale.

Art. 22, l'Unione rispetta la diversità culturale, religiosa e linguistica

Art. 34, comma 2, ogni individuo che risieda o si sposti legalmente all'interno dell'Unione ha diritto alla prestazioni di sicurezza sociale e ai benefici sociali conformemente al diritto comunitario e alle legislazioni e prassi nazionali.

Art. 45, la libertà di circolazione e soggiorno può essere accordata, conformemente al Trattato che istituisce la Comunità europea, ai cittadini di paesi terzi che risiedono legalmente nel territorio di uno stato membro.

 

‑ CONCLUSIONI DELLA PRESIDENZA AL CONSIGLIO EUROPEO DI TAMPERE, 15‑16 ottobre 1999. Relazione conclusiva della prima fase dell'attività del «Gruppo ad Alto livello sull'asilo e l'immigrazione». Necessità di un «approccio integrato» al governo dei fenomeni migratori, che comprenda le questioni connesse alla politica, ai diritti umani, e allo sviluppo dei paesi e delle regioni di origine e di transito. Necessità di combattere la povertà, migliorare le condizioni di vita e le opportunità di lavoro, prevenire i conflitti e stabilizzare gli stati democratici, garantendo il rispetto dei diritti umani, delle minoranze, delle donne e dei bambini. Gli stati membri sono invitati a contribuire a una maggiore coerenza delle politiche interne ed esterne dell'Unione ed al partenariato con i paesi terzi. Necessità di un ravvicinamento delle legislazioni nazionali relative alle condizioni di ammissione e soggiorno dei cittadini di paesi terzi, in base ad una valutazione comune, sia degli sviluppi economici e demografici all'interno dell'Unione, sia della situazione dei paesi d'origine. Per «regime europeo comune in materia di asilo», il Consiglio europeo intende un sistema che si fonda sull'applicazione integrata e globale della convenzione di Ginevra e sul mantenimento del principio di non refoulement (non respingimento). Tale sistema deve comprendere, a breve termine, un metodo chiaro e operativo di determinazione dello stato responsabile per l'esame di una domanda di asilo, norme comuni per una procedura di asilo cqua ed efficace, condizioni minime comuni di accoglienza dei richiedenti asilo e il ravvicinamento delle norme sul riconoscimento e sugli elementi sostanziali dello status di rifugiato. Esso va altresi completato da forme sussidiarie di protezione che offrano uno status adeguato a qualsiasi persona che necessiti di protezione. Le norme comunitarie dovrebbero sfociare in una procedura comune di asilo e in uno status uniforme valido, sull'intero territorio dell'Unione, per le persone cui viene concesso l'asilo. Questo aspetto dovrebbe essere oggetto di una comunicazione della Commissione entro la fine del 2000. Gli stati riconoscono inoltre la necessità di trovare rapidamente un accordo sulla protezione temporanea in caso di afflusso massiccio di sfollati, fondata sulla solidarietà tra gli stati membri.

 

‑ COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL CONSIGLIO E AL PARLAMENTO EUROPEO su un «QUADRO DI CONTROLLO PER L'ESAME DEI PROGRESSI COMPIUTI NELLA CREAZIONE DI UNO SPAZIO DI LIBERTA, SICUREZZA E GIUSTIZIA NELL'UNIONE EUROPEA», approvata dal Consiglio il 27 marzo 2000, per valutare i progressi realizzati nella creazione di uno spazio di «libertà, sicurezza, giustizia,» dell'Unione europea, «Tabella di marcia» «Scoreboard». Esamina puntualmente i progressi compiuti per attuare le misure necessarie e rispettare le scadenze fissate dal Trattato di Amsterdam, dal Piano d'azione di Vienna e dalle conclusioni di Tampere. Per la prima volta vengono dati dei precisi limiti temporali e delle scadenze che le istituzioni dell'Unione sono tenute a rispettare. Gli aspetti separati ma strettamente connessi dell'asilo e della immigrazione richiedono la definizione di una politica comune dell'U.E che comprenda: il partenariato con i paesi di origine e transito al fine di promuovere uno sviluppo comune; un ravvicinamento delle condizioni di ammissione e soggiorno dei cittadini dei paesi terzi; una politica di integrazione che garantisca ai cittadini dei paesi terzi che soggiornano legalmente in uno stato membro diritti e obblighi analoghi a quelli dei cittadini dell'U.E e a rafforzare la non discriminazione e la lotta contro il razzismo e la xenofobia. La lotta all'immigrazione illegale dovrà essere intensificata combattendo le organizzazioni criminali e garantendo i diritti delle vittime. Per quanto riguarda il regime comune in materia di asilo l'obiettivo è di assicurare l'applicazione della convenzione di Ginevra in ogni sua componente, garantendo che nessuno venga esposto nuovamente alla persecuzione, mantenendo il principio di non refoulement. Per quanto riguarda l'obiettivo di arrivare ad uno status uniforme valido in tutta l'Unione per coloro che hanno ottenuto l'asilo, attraverso il ravvicinamento delle normative relative al riconoscimento e agli elementi sostanziali dello status di rifugiato, il calendario di adozione prevede come termine aprile 2004. Devono essere adottate, secondo lo Scoreboard, misure relative ai rifugiati e sfollati volte a offrire uno status adeguato a persone che necessitano di protezione internazionale. In particolare offrire protezione temporanea nelle situazioni di afflusso massiccio di sfollati («con la massima rapidità») e altre forme complementari di protezione per coloro che non rientrerebbero nella definizione di rifugiato de jure, ma che non possono per altri motivi essere respinti nel loro paese (entro aprile 2004). Per promuovere l'equilibrio degli sforzi tra gli stati membri che ricevono i rifugiati e gli sfollati e che subiscono conseguenze dell'accoglienza degli stessi, deve essere istituito, «con la massima rapidità», un fondo europeo per i rifugiati e deve essere garantita una riserva finanziaria disponibile nelle situazioni di afflusso massiccio di profughi.

 

‑ PROPOSTA DI DIRETTIVA DELLA COMMISSIONE AL CONSIGLIO SULLE NORME MINIME PER LA CONCESSIONE DELLA PROTEZIONE TEMPORANEA IN CASO DI AFFLUSSO MASSICCIO DI SFOLLATI E SULLA PROMOZIONE DELL'EQUILIBRIO DEGLI SFORZI TRA GLI STATI MEMBRI CHE RICEVONO I RIFUGIATI E GLI SFOLLATI E SUBISCONO LE CONSEGUENZE DELL'ACCOGLIENZA DEGLI STESSI. Atti preparatori comunitari. Doc. 500PC0303, maggio 2000. La protezione temporanea in caso di afflusso massiccio, secondo la Commissione, non deve costituire una «terza» forma di protezione, accanto allo status di rifugiato basato sulla Convenzione di Ginevra e alla protezione sussidiaria (La protezione sussidiaria si può accordare in caso di afflusso di massa, nel quale un esame individuale bloccherebbe il sistema di accoglienza; la protezione complementare, nel caso in cui la persona, pur non rientrando strettamente nei criteri previsti dalla Convenzione di Ginevra, necessiti di una forma di protezione non potendo rientrare nel suo paese), ma una misura per far fronte a situazioni di grande afflusso, che non permettono in tempi brevi un esame individuale delle domande e dunque un.adeguata protezione. La protezione temporanea non vuole mettere in discussione gli obblighi internazionali conclusi dagli stati membri o pregiudicare gli sforzi di armonizzazione di consolidamento delle forme di protezione sussidiaria in Europa. Le norme minime per la concessione di una protezione temporanea, accompagnate da misure di riequilibrio degli sforzi tra gli stati membri su basi solidali, costituiscono uno dei meccanismi del sistema, uno strumento che permette al sistema di non entrare in crisi e funzionare correttamente qualora si verifichi un afflusso massiccio.

 

‑ DIRETTIVA 2000/43/ CE DEL CONSIGLIO dell'UNIONE EUROPEA, 29 giugno 2000. Attua il principio della parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla razza e dall'origine etnica. Il principio della parità di trattamento comporta che non sia praticata alcuna discriminazione diretta (quando una persona è trattata meno favorevolmente) o indiretta (quando una disposizione, criterio, prassi apparentemente neutri possono mettere la persona in una posizione di svantaggio) a causa della razza o dell'origine etnica. Si applica a tutte le persone sia nel settore pubblico che privato (per quanto riguarda le condizioni di lavoro, la protezione sociale, le prestazioni sociali, l'istruzione, l'accesso ai beni e servizi, incluso l'alloggio). E' consentita la discriminazione positiva, ovvero ogni pratica volta a compensare un eventuale squilibrio o subita discriminazione negativa. Gli stati provvedono affinché le persone che si considerano lese possano accedere a procedure giurisdizionali e/o amministrative. Procedimento attivabile anche da associazioni e organizzazioni o altre persone giuridiche. L'onere della prova incombe sull'accusato, che deve provare che non vi è stata violazione dei principio di parità di trattamento. Gli stati determinano le sanzioni e prendono i provvedimenti necessari per l'applicazione delle disposizioni nazionali di attuazione della direttiva.

 

- DECISIONE DEL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA PER L'ISTITUZIONE DI UN FONDO EUROPEO PER I RIFUGIATI, 28 settembre 2000 (su proposta della Commissione dell'Unione europea, 14 dicembre 1999). il Fondo mira a riequilibrare gli sforzi attualmente cosi diseguali (per la diversa posizione geografica e quantità di richiedenti una protezione inteinazionale) degli stati membri, con una ripartizione delle risorse proporzionata all'onere dell'accoglienza ed inoltre intende dare risposta a situazioni di emergenza dovute ad afflussi di massa e mettere gli stati membri, che abbiano infrastrutture e servizi più carenti, in condizione di assumere l'impegno dell'accoglienza di profughi e sfollati. I movimenti secondari di richiedenti asilo, giustificati anche dalle diverse condizioni di accoglienza dei paesi, rischiano infatti di aggravare ulteriormente l'onere dei paesi più generosi. Il Fondo finanzia azioni di prima accoglienza per le persone ammesse a qualsiasi forma di protezione, misure di integrazione nella società ospitante e misure volte a promuovere l'autonomia e l'indipendenza del rifugiato (inclusi programmi di ritorno volontario). Senza influenzare questi interventi a lungo termine, costituisce un budget separato sul quale ricadono i finanziamenti per le misure di emergenza. Il Fondo ha durata quinquennale e consente quindi una programmazione pluriennale. Dati criteri comuni sulla ripartizione dei Fondo (65% in proporzione alla media dei richiedenti protezione internazionale negli ultimi tre anni, 35% in proporzione al numero di persone cui è stato concesso lo status di rifugiato o una forma di protezione temporanea negli ultimi tre anni), l'applicazione rimane decentrata: la selezione, responsabilità e il controllo dell'attuazione dei progranuni rimane agli stati membri, secondo i principi di sussidiarietà e proporzionalità. Gli stati concertano la loro richiesta di co‑finanziamento con la Commissione (per gli interventi più strutturali non può superare il 50% e per gli interventi di emergenza il Fondo può finanziare fino all'80% del costo di ogni misura).

 

- DIRETTIVA DEL CONSIGLIO RELATIVA AL DIRITTO AL RICONGIUNGIMENTO FAMIGLIARE, 10 ottobre 2000 (su proposta della Commissione europea, 1 settembre 1999). Hanno diritto a chiedere il ricongiungimento gli stranieri che risiedono legalmente in uno stato membro da almeno 1 anno; per coloro che hanno ottenuto lo status di rifugiato, vale indipendentemente dalla durata del soggiorno (il diritto non viene invece riconosciuto né a coloro che hanno diritto alla protezione temporanea né sussidiaria). Possono essere ricongiunti il coniuge o il convivente (qualora riconosciuto dal paese come unioni di fatto); il figlio minore, i parenti di primo grado dipendenti dal richiedente, i figli anche se maggiorenni se non autosufficienti in ragione del loro stato di salute. In caso di matrimonio poligamico, se già una moglie risiede nel paese, non può aversi il ricongiungimento delle seconde mogli né dei loro figli (il ricongiungimento dei figli può essere autorizzato solo nel miglior interesse del minore). La richiesta deve essere avanzata quando il parente da ricongiungere è ancora nel paese di origine, fatta eccezione per motivi umanitari. La risposta deve essere data entro sei mesi e motivata in caso di rifiuto. Nel caso di rifugiati l'assenza di documenti non è sufficiente al diniego, devono essere cercate altre prove dell'esistenza di un legame familiare. Lo stato può richiedere (ma non per i rifugiati) come requisito, la disponibilità di alloggio idoneo, assicurazione sulla salute, risorse sufficienti. Il permesso della/e persone/e ricongiunta/e ha durata pari a quello del richiedente, ma non più lungo di un anno, rinnovabile. I ricongiunti hanno diritto a istruzione, lavoro subordinato e autonomo. Diritto di ricorso contro il diniego.

 

‑ COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL CONSIGLIO E AL PARLAMENTO EUROPEO, Verso una procedura comune in materia di asilo e uno status uniforme e valido in tutta l'Unione europea per le persone cui è stato riconosciuto il diritto d'asilo, 22 novembre 2000, COM (2000) 755. Un unico sistema di asilo valido in tutta l'Unione può essere istituito in due stadi successivi: nel breve termine viene stabilito un minimo livello di annonizzazione procedurale; nel lungo termine si diminuiscono le possibilità degli stati membri di derogare alle regole comuni di armonizzazione sostanziale del riconoscimento, del contenuto e della revoca dello status di rifugiato. Tale normativa comune comprende la definizione di rifugiato contenuta nella convenzione di Ginevra e può prevedere più status di protezione sussidiaria o un unico status di rifugiato. La Commissione sottolinea l'importanza dell'integrazione dei rifugiati nei paesi di accoglienza, qualora non sia possibile un loro ritorno sicuro nel paese d'origine; in particolare si devono prevedere: l'accesso al lavoro (anche attraverso programmi di formazione ed educazione speciali per integrazione nel mercato del lavoro), il diritto alla salute, all'istruzione e al ricongiungimenti famigliare, la libertà di circolazione e residenza (salvo richiedere determinati requisiti) equivalente a quella dei cittadini comunitari, misure contro il razzismo e la xenofobia.

 

‑ COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL CONSIGLIO E AL PARLAMENTO EUROPEO, Una politica comune in materia di immigrazione, 22 novembre 2000, COM (2000) 757

La Commissione spiega le ragioni di un «nuovo approccio» all'immigrazione, in seguito alle disposizioni del Trattato di Amsterdam (art. 63), con il quale le materie di immigrazione e asilo diventano di competenza comunitaria, di Tampere e dello «Scorboard». Riconosce che la «politica immigrazione 0» ha comportato immigrazione illegale e sfruttamento del traffico di esseri umani e non ha tenuto in considerazione la domanda di manodopera dei paesi dell'Unione. Una nuova politica comune in materia di immigrazione deve prevedere canali di immigrazione legale, la lotta al traffico degli esseri umani e all'immigrazione illegale, il rafforzamento delle politiche di integrazione e lotta al razzismo e alla xenofobia, la cooperazione con paesi di origine e transito, l'incoraggiamento agli immigrati a non perdere i legami con i loro paesi di origine (rendendo più flessibili i rientri e, più nel lungo termine, coinvolgendoli in programmi comunitari di commercio e sviluppo). Per quanto riguarda ammissione e soggiorno, la Commissione propone un sistema non più di quote rigide, ma di «target» indicativi basati su Rapporti che i paesi si impegneranno a stilare, in collaborazione con regioni, enti locali, organizzazioni, governative e non, coinvolte nell'integrazione degli immigrati, in base ai quali la Commissione produrrà una sintesi, che servirà al Consiglio come base per definire i principi per l'approccio comune da applicare nel periodo successivo. Questa cornice legale all'interno della quale ogni stato potrà legiferare deve essere caratterizzata da trasparenza, razionalità e flessibilità. Ai cittadini di paesi terzi dovranno essere attribuiti diritti il più possibile eguali ai nazionali, ma differenziati a seconda della lunghezza del soggiorno e prevedendo una progressione verso uno status permanente, fino all'offerta di una «forma di cittadinanza civica».

 

Note: