il manifesto - 21 Aprile 2005
BOSSI-FINI
Al via i nuovi campi per richedenti asilo
Si chiamano Centri di identificazione e tratterranno profughi in attesa di giudizio
CINZIA GUBBINI
ROMA
Da oggi si volta pagina in Italia sul diritto d'asilo. Entra ufficialmente in vigore il regolamento d'attuazione della legge Bossi-Fini che riscrive le procedure per accedere al riconoscimento dello status di rifugiato: una questione che riguarda ogni anno tra le dieci e le ventimila persone. Le novità principale è che, per la prima volta, i richiedenti asilo potranno essere trattenuti in centri chiusi - nonostante sia il Consiglio di stato che la Conferenza Stato-regioni abbiano dato un parere contrario su questo punto. Inoltre le domande non verranno più esaminate dalla commissione nazionale - che ha sede a Roma - ma da sette Commissioni territoriali che si insedieranno a Gorizia, Milano, Roma, Foggia, Siracusa, Crotone e Trapani. A farne parte saranno un rappresentante della Prefettura, unoi della questura e uno della conferenza Stato-città e un rappresentante dell'Alto commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati (unico dato positivo). La Commissione nazionale rimane in piedi e avrà un compito di coordinamento.

Ed eccoci arrivati ai centri di identificazione e al loro funzionamento, su cui già aleggiano profili di incostituzionalità. Saranno sette, in prima battuta, e sorgeranno perlopiù nelle città in cui sarà insediata la Commissione. In alcuni casi, come a Roma e a Milano, sorgeranno all'interno del centro di permanenza. Ma chi sarà trattenuto, e per quanto tempo? Sicuramente, saranno trattenuti - per un massimo di venti giorni - tutti i richiedenti asilo che verranno fermati dalla polizia per avere «eluso o tentato di eludere il controllo di frontiera». Poi ci sono quelli che «possono» essere trattenuti «per il tempo strettamente necessario», ad esempio chi deve essere identificato perché non ha documenti con sé. Queste due categorie di persone vivranno in un centro a tutti gli effetti chiuso, molto simile ai centri di permanenza temporanea, con la sola eccezione che non ci sarà nemmeno la convalida del trattenimento da parte del giudice di pace. Inoltre, non avranno in mano un permesso di soggiorno, ma un mero attestato nominativo. E se un richiedente asilo entra irregolarmente ma si presenta spontaneamente in questura - come spesso avviene - sarà rinchiuso in un centro di identificazione? Teoricamente no, ma questa è una partita tutta da giocare.

La domanda di asilo di chi viene trettenuto obbligatoriamente nei centri avverrà attraverso una «procedura semplificata», che dovrebbe durare in media diciotto giorni. Per tutti gli altri la procedura sarà ordinaria, tempo previsto: trenta giorni. Per il resto, le due procedure sono identiche, a partire dal fatto che in caso di rigetto si può chiedere un riesame entro cinque giorni (tempo brevissimo) che abbia per oggetto «elementi sopravvenuti o preesistenti non adeguatamente valutati». A decidere è la stessa Commissione territoriale, con l'aggiunta di un membro della Commissione nazionale. Oppure, entro quindici giorni, si può ricorrere al tribunale. In questo caso l'espulsione non è spospesa - un punto che le Nazioni unite hanno molto criticato - ma il prefetto può concedere di restare sul territorio. Al richiedente asilo non è concesso il gratuito patrocinio. Le assocazioni che si occupano di immigrazione esprimono perplessità. La Caritas ha parlato di «un regolamento in cui prevale la versione restrittiva della legge». Il Cir adombra profili di incostituzionalità. L'Arci parla di «criminalizzazione». L'Ics fa notare che l'Italia sarà l'unico paese europeo in cui i potenziali rifugiati verranno privati della loro libertà personale.