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LE MONDE diplomatique - Aprile 2001

Milioni di rifugiati, un fardello per il Sud del mondo

Gli scontri in Macedonia stanno provocando un esodo massiccio verso l'esterno. La guerra civile in Sierra Leone si sta estendendo al sud della Guinea e colpisce gli esiliati, che già dovevano far fronte all'ostilità della popolazione, diventano un bersaglio. Le fiammate di violenza in Indonesia hanno causato lo sfollamento di milioni di persone. Tutti questi drammi mettono in evidenza una cosa sola: benché dimenticata dai media, quella dei rifugiati è una questione di stridente attualità.

Philippe Rekacewicz

 

Chi sono questi milioni di esseri umani, cacciati dalle loro case da guerre, violenze, massacri, o ancora dalla fame, dalla povertà, dai disastri ecologici? Semplici signor nessuno che, diventati vittime, cambiano status: si trasformano quindi in rifugiati, sfollati, migranti forzati... Hanno perso quasi tutto fuggendo verso territori o paesi vicini ritenuti più ospitali, dove spesso sono tuttavia tutt'altro che benvenuti. Da un giorno all'altro, vengono sbattuti loro malgrado in luoghi dove, privati dei diritti fondamentali, non possono né nutrirsi, né lavorare. E per sopravvivere - almeno nei primi tempi dell'esilio - possono contare solo sulla generosità degli stati che li accolgono e della comunità internazionale. Ad ogni grande crisi entra in azione l'enorme macchina umanitaria: le organizzazioni non governative (Ong) e i grandi organismi internazionali, fra cui in primo piano l'Alto commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati (Acnur), avviano il loro lungo e spossante lavoro: recensire, curare, nutrire, proteggere, rassicurare... L'Acnur, fondato nel 1950 per contribuire al reinsediamento del milione di rifugiati europei causati dalla seconda guerra mondiale, aveva ricevuto un mandato di soli tre anni. Ma i numerosi movimenti di popolazione del dopo-guerra - in particolare a seguito della crisi ungherese del 1956 - hanno spinto le Nazioni unite a riconfermare il suo mandato per periodi successivi di 5 anni. Il suo raggio di azione si è progressivamente esteso all'assistenza e alla protezione non soltanto dei rifugiati, ma anche di altre categorie a rischio: richiedenti asilo, popolazioni sfollate e persone rimpatriate. La Convenzione di Ginevra del 1951 definisce rifugiato «chiunque sia fuggito dal proprio paese e non può o non vuole ritornarvi, temendo a giusto titolo di poter essere perseguitato a causa della sua razza, della sua religione, della sua nazionalità, delle sue opinioni politiche o della sua appartenenza ad un particolare gruppo sociale». Nel 2000, l'Acnur ha posto sotto la propria protezione 21,3 milioni di persone, tra cui 1,2 milioni di richiedenti asilo, 2,5 milioni di rimpatriati e 6,9 milioni di sfollati. I rifugiati recensiti come tali non rappresentano che la metà di queste cifre statistiche, ossia 11,6 milioni di persone. Queste cifre, spesso citate, non danno che un'immagine incompleta della realtà. Bisognerebbe aggiungervi i 20-25 milioni di profughi interni, persone cioè trasferite all'interno del proprio paese (1) - 30 milioni secondo altre fonti - che vivono in condizioni penose, tanto più che non ricevono praticamente né aiuto né protezione. Due milioni in Congo-Kinshasa, quattro milioni in Sudan, più di un milione in Indonesia, 1,5-2 milioni in Colombia, in ex Jugoslavia, in Burundi, in Ruanda, in Angola, ecc.: sono dati che fanno venire le vertigini. L'Acnur si occupa soltanto di un quarto di questa popolazione (un po' meno di 7 milioni di persone nel 1999 nel Caucaso, in ex Jugoslavia, in Africa occidentale e nello Sri Lanka) e, per poterlo fare, deve ogni volta ricevere un mandato specifico. Queste cifre sono semplici stime. Sapremo mai quanti abitanti di Timor est in fuga dai massacri sono passati nella parte occidentale dell'isola? Quanti sudanesi sono fuggiti dalla guerra o dalla carestia? Quanti congolesi si sono impantanati nella foresta tropicale? Tutti i giorni, al corteo si aggiungono nuovi rifugiati, mentre altri (molti di meno) tornano a casa. Ma quanti sono davvero: 20 o 50 milioni? Nessuno può dirlo con certezza. La questione dei profughi interni è oggetto di aspre discussioni all'interno dell'Organizzazione delle Nazioni unite (Onu). La loro protezione, per il momento, dipende solo marginalmente dall'Acnur: lo status di rifugiato implica infatti l'attraversamento di almeno una frontiera internazionale. Bisogna riunire gli sfollati e i rifugiati in una stessa categoria giuridica e proteggerli allo stesso modo, come propone il rappresentante speciale del segretario generale delle Nazioni unite per gli sfollati? All'Acnur alcuni sono contrari: secondo loro, lo status dei rifugiati sarebbe reso ancora più a rischio; in più, l'Acnur, che ha già difficoltà a mettere insieme i fondi necessari per assicurare la protezione dei 21,3 milioni di persone di cui deve occuparsi, non dispone delle strutture necessarie. L'Acnur è principalmente finanziato dai contributi volontari dei governi. Nel 2000 il bilancio complessivo era di 1 miliardo di dollari, destinato sia alle operazioni di emergenza che alle operazioni a lungo termine. «Per coprire i bisogni complessivi calcolati dai nostri agenti sul campo manca un quinto di questa somma», si rammarica Ron Redmond del servizio informazione. Gli stati, stanchi di dover dare sempre di più, sono sempre più restii a mettere mano al portafoglio, e l'organizzazione, anno dopo anno, prova sempre maggiori difficoltà a far quadrare i bilanci. Nel 1980, disponeva di 60 dollari per rifugiato l'anno; nel 2001 ne ha appena 40. «Diventa impossibile portare avanti certi progetti di assistenza che miravano a dare ai rifugiati maggiore autosufficienza (casa, sanità e scuola) - spiega Michel Gabaudan, del servizio relazioni con i donatori - centinaia di migliaia di bambini non possono più andare a scuola, i programmi di nutrizione vengono abbandonati». In uno schema ideale, le donazioni dovrebbero essere destinate alle diverse operazioni in funzione dell'urgenza o dei bisogni di assistenza. In realtà i governi chiedono di destinare i fondi a certe regioni del mondo, che vengono giudicate prioritarie, privando così l'Acnur della possibilità di ripartire i fondi là dove i bisogni si fanno maggiormente sentire. Nel 1999, un rifugiato del Kosovo ha avuto diritto in media a 120 dollari, a fronte dei 30 dollari destinati ad un rifugiato dell'Africa occidentale... Inoltre, le statistiche rivelano che i paesi ricchi, che elevano ai loro confini muri sempre più alti, non sono quelli che si fanno maggiormente carico del fardello. I richiedenti asilo e i rifugiati che tentano la sorte in Europa e in America del nord rappresentano appena il 5% del totale dei rifugiati e degli sfollati del mondo. Soltanto lo 0,2% di questi finiscono per insediarsi nei paesi ricchi, per il 95% in America del nord, regione che - contrariamente a quanto ha fatto l'Europa - non ha dimenticato il suo debito nei confronti dell'immigrazione. Secondo Ruud Lubbers, neo-eletto Alto commissario per i rifugiati, l'attitudine dei governi dei paesi ricchi è aberrante: «da un lato, non finanziano i programmi che potrebbero aiutare i rifugiati a tornare a casa propria o a vivere meglio là dove l'esilio e il caso li hanno fatti sbarcare (2) e, dall'altro, restringono ogni anno un po' di più l'accesso legittimo - per i popoli minacciati - all'asilo e alla sicurezza sul loro territorio». Bisognerà pure che un giorno facciano una scelta. . Repressione dei curdi in Turchia e in Iraq. È calcolato tra 500mila e 2 milioni il numero di curdi sfollati all'interno della Turchia. Dall'inizio degli anni '80 hanno trovato rifugio in Iran, per sfuggire alla violenza politica, più di 500mila iracheni - tra cui circa 150mila curdi. Le guerre nel Caucaso. Dal 1988, tra 1 e 2 milioni di persone sono state sfollate nella regione, sia all'interno del paese che nei paesi vicini. Il 1° gennaio 2000, c'erano circa 300mila rifugiati e profughi in Armenia, 800mila in Azerbaigian e 280mila in Georgia. Centinaia di migliaia di persone sono state cacciate dall'offensiva russa del 1998 in Cecenia e vivono ancora in condizioni precarie nel Daghestan, in Inguscezia e nell'Ossezia del nord. La questione palestinese. I rifugiati palestinesi erano più di 3,7 milioni il 1° giugno 2000, ripartiti principalmente tra Giordania, Libano, Siria e Palestina (Cisgiordania e Gaza). A questa cifra bisogna aggiungere varie centinaia di migliaia di persone sfollate nel 1967 in Israele e in Libano. Guerra nel Corno d'Africa e nella regione dei Grandi Laghi. Addizionando le popolazioni rifugiate e gli sfollati in queste due regioni contingue, otteniamo la cifra di 12 milioni di persone... La moltiplicazione e la persistenza di conflitti armati e di violenze etniche provoca dagli anni '70 notevoli flussi di popolazione. Le strade dell'esodo si incrociano: 470mila sudanesi sono fuggiti dalla guerra verso i paesi vicini, mentre 350mila etiopi ed eritrei trovavano rifugio in Sudan. Inoltre, più di 300mila somali si trovano ancora in Etiopia e in Kenya, 500mila burundesi e 100mila congolesi in Tanzania. Restano ancora 2 milioni di rifugiati nella Repubblica democratica del Congo (Rdc), 1,4 milioni in Burundi e in Ruanda, e soprattutto 4 milioni in Sudan. La guerra civile in Angola. Dura da più di 25 anni e impedisce il ritorno a casa propria a 2 milioni di persone, che continuano ad errare per il paese. Più di 300mila angolani sono rifugiati nei paesi vicini, principalmente nella Repubblica democratica del Congo e in Zambia. Guerra civile in Liberia e disordini in Sierra Leone. Il proseguimento degli scontri nella regione costringe ancora più di 500mila persone all'esilio in Costa d'Avorio e in Guinea. Inoltre, l'Acnur valuta su 500mila unità i profughi interni della Sierra Leone, e a circa 100mila quelli della Liberia. L'estensione recente della guerra nel sud della Guinea ha provocato la fuga - verso il nord del paese - di decine di migliaia di rifugiati sia della Sierra Leone che delle popolazioni della Guinea situate nelle zone di combattimento. Il Sahara occidentale e la guerra in Algeria. L'Acnur ritiene che 165mila rifugiati (80mila secondo il Comitato degli Stati uniti per i rifugiati) del Sahara occidentale si troverebbero ancora, al 10 gennaio 2000, nei campi nel deserto della regione di Tindouf, nell'Algeria occidentale. Inoltre, si calcola che tra 100mila e 200mila persone siano state sfollate dopo lo scoppio della guerra civile all'inizio degli anni '90. La guerra in Afghanistan. I combattimenti, che riprendono regolarmente da vari anni - a cui si aggiunge oggi la carestia - , hanno provocato lo sfollamento di più di un milione di persone all'interno del paese. Negli anni '90, c'erano fino a 6 milioni di rifugiati afghani in Iran e in Pakistan. Oggi ce ne sono ancora 2,5 milioni, ripartiti in varie centinaia di campi, alcuni dei quali costruiti in cemento. Il conflitto nello Sri Lanka. In quindici anni, la guerra che portano avanti i separatisti dell'Eeleam tamil contro le forze regolari ha gettato sulle strade più di un milione di persone. 560mila persone sono profughi interni, mentre più di 60mila hanno trovato rifugio in India. Le guerre in ex Jugoslavia. Dal 1991, hanno provocato lo sfollamento di vari milioni di persone. Oggi, si sono circa un milione di profughi in Bosnia Erzegovina e in Jugoslavia, mentre altri 300mila sono - malgrado le operazioni di rimpatrio - ancora rifugiati in altri paesi d'Europa, in particolare in Germania, Svizzera, Belgio e Italia. La guerra in Colombia. Dal 1985 ha spinto sulle strade dell'esodo circa 1,5 milioni di persone, che fuggono dai combattimenti tra guerriglie, esercito regolare e forze paramilitari. Le popolazioni cacciate si sono raggruppate per lo più nei campi e nelle bidonville alla periferia dei grandi agglomerati urbani. Conseguenze del conflitto a Timor Est e violenze in Indonesia. Nel settembre 1999, in seguito alla vittoria degli indipendentisti al referendum, varie centinaia di migliaia di persone si sono rifugiate sulle montagne per sfuggire alla feroce repressione delle milizie filo-indonesiane. 280mila persone sono poi state trasferite nella parte occidentale dell'isola, e solo circa 120mila da allora sono state rimpatriate. Restano ancora a Timor ovest più di 160mila persone di cui non si hanno più notizie dirette. Esse non sono più assistite dall'Acnur, perché l'organizzazione ha sospeso le operazioni nel settembre 2000, in seguito all'assassinio di tre dei suoi membri. Inoltre, in un rapporto pubblicato nel gennaio 2001, il Comitato degli Stati uniti per i rifugiati ritiene che un milione di persone siano state sfollate nel paese in seguito a violenze politiche e religiose (Molucche, Sulawesi, Borneo, Irian Jaya e provincia d'Aceh). Gli Stati uniti e la Germania, due gradi paesi di accoglienza del mondo ricco. Nel 1999, il governo tedesco calcolava che il numero complessivo di rifugiati e di richiedenti asilo che si trovavano in Germania superava il milione (il Comitato degli Stati uniti per i rifugiati forniva invece una stima di appena 285mila). In America del Nord sono 1,2 milioni, 1,1 milioni dei quali negli Stati uniti. I richiedenti asilo nei paesi dell'Europa occidentale sono essenzialmente cittadini di paesi europei o asiatici (ex Jugoslavia, Romania, Bulgaria, Turchia, ex Unione sovietica, Sri Lanka, Iraq, Afghanistan e Iran). note:

(1) Stime del Comitato degli Stati uniti per i rifugiati (Uscr), sulla base di numerose fonti non governative.

(2) L'Acnur stima che nel 2000 i paesi ricchi hanno destinato appena lo 0,01% del Pil alla causa dei rifugiati. Testi e cartografia a cura di Philippe Rekacewicz . Selezione di siti Internet: Alto commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati : http://www.unhcr.ch . Comitato degli Stati uniti per i rifugiati (Uscr): http://www.refugees.org . Consiglio norvegese per i rifugiati (banca dati sugli sfollati): http://www.idpproject.org .