da " La Repubblica"

Lunedì 26 Marzo 2001

IMMIGRAZIONE ZERO? UN SUICIDIO

di ANTONIO GOLINI FINALMENTE

un po’ di ragionevolezza. Nel nostro paese le polemiche e le contrapposizioni sui problemi dell’immigrazione non hanno più il carattere virulento e scomposto che avevano fino a pochissimo tempo fa e che rischiavano di lacerarlo in una misura ben maggiore di quanto possa fare la satira televisiva. In Europa hanno smesso di considerare le nostre frontiere colabrodo, quando si sono accorti anche sulla loro pelle che le pressioni migratorie sono fortissime e in larga misura incontenibili, specie senza strategie e interventi comuni. Alcune novità meritano quindi di essere sottolineate. Innanzitutto un diverso atteggiamento della popolazione italiana e quindi dei partiti. Quasi tutti hanno ormai capito, e qualche volta toccato con mano, che gli stranieri sono essenziali per la nostra economia. Le imprese e le famiglie hanno assolutamente bisogno di manodopera per lavori che soltanto gli stranieri accettano di svolgere e quindi si va pienamente percependo il vantaggio economico che loro costituiscono. Da questo punto di vista l’esperienza della Svizzera — un paese assai chiuso e geloso delle proprie prerogative e quindi largamente xenofobo — è esemplare. Lungo vari decenni sono stati proposti decine di referendum contro gli stranieri, ma nessuno è passato perché nelle campagne elettorali è sempre stato sottolineato come, senza di essi, l’industria delle costruzioni (case e infrastrutture, specie autostradali) e l’industria del turismo in particolare sarebbero crollate. Anche in Italia una piena e completa accettazione si avrà quando sarà largamente diffuso e percepibile il vantaggio che gli stranieri apportano dal punto di vista economico. In secondo luogo bisogna riconoscere che l’azione del governo e dell’amministrazione è stata negli ultimi tempi molto più efficace che nel passato nel contrastare l’immigrazione clandestina. Sono state decisive le misure di rafforzamento nel sorvegliare le frontiere, anche quelle marine, ma soprattutto i costosi accordi bilaterali con alcuni paesi di partenza delle navi di disperati e in particolare con Albania, Tunisia e Marocco, cui fra l’altro come forma di compensazione vengono riservate quote di immigrati regolari. Si è quindi riusciti a limitare l’arrivo di clandestini e si sono cominciati a rendere effettivi i loro rimpatri. Le cronache dei giornali sono perciò meno affollate di navi e di disperati che arrivano. E anche questa minore pressione sull’opinione pubblica contribuisce a modificare il suo atteggiamento di paura o addirittura di repulsione. La conclusione è che non si è avuta nessuna violenta manifestazione di critica quando, valutate le necessità e le pressioni dei datori di lavoro, il governo ha deciso nei giorni scorsi di aumentare da 63 mila a 83 mila la quota di stranieri da immettere in Italia nel 2001. Non solo, ma si è cominciata a impostare una politica selettiva dei lavoratori: 2 mila visti sono riservati agli infermieri e 3 mila agli informatici. E’ illusorio credere però che una politica più valida ed efficace possa completamente annullare l’arrivo di clandestini. Neppure gli Stati Uniti vi riescono nonostante che ammettano legalmente circa 1 milione di immigrati l’anno e che il dipartimento dell’immigrazione sia severissimo. Il Regno Unito è rimasto sotto shock quando è sbarcato dall’Olanda un furgone con 58 immigrati cinesi, tutti morti. La Francia sbalordita quando nelle scorse settimane è arrivata nei pressi di Marsiglia una nave di curdi e non ha potuto fare a meno di farli sbarcare e di accoglierli. Hanno visto così che una cosa è parlare, altra è avere a che fare in forma diretta con disperati che davvero rischiano la vita, e in molti casi la perdono, pur di sperare in un futuro migliore. Di fronte a casi di questo genere l’etica dei fondamenti delle democrazie europee non può essere messa a tacere per “piccole" ragioni politiche. Si è capito però che bisogna muoversi anche sotto il profilo operativo. E così finalmente dall’Europa è stata accolta la proposta italiana di avere una polizia di frontiera europea (e all’Italia è affidata la predisposizione del progetto di fattibilità). Blair e Amato hanno firmato e pubblicato su un quotidiano inglese e su uno italiano un vero e proprio manifesto contro i trafficanti di manodopera e a favore di un controllo comune delle frontiere. Blair e Jospin hanno concordato di far salire la polizia britannica sull’Eurostar in partenza da Parigi per Londra, in maniera da bloccare all’origine gli irregolari. Ma contemporaneamente, in presenza di una grave carenza di figli e di manodopera, resta la assoluta necessità dell’Europa di avere immigrati. E’ veramente scioccante la campagna che Svezia e Unione europea hanno lanciato due giorni fa con grandi manifesti che mostrano reparti di maternità vuoti e Bjorn Borg, il famoso tennista preso come testimonial, che dice: «Fate l’amore (in verità è più diretto e dice sco...) per l’Europa». Incredibile, si riassocia la sessualità con la procreazione, dopo che per decenni si era lottato per dissociarla. Ma ammesso che l’invito di Borg venga accolto, occorreranno venticinque anni circa perché un neonato diventi un lavoratore. E intanto quindi molti paesi europei, come Germania e Regno Unito, che finora dicevano “immigrazione zero", ci hanno ripensato. E anzi è proprio la Commissione che da Bruxelles in un documento ufficiale dice che «vi è una crescente consapevolezza che la politica di immigrazione "zero" degli ultimi 30 anni non è più adeguata». Certo, resta della schizofrenia, che si ritrova all’Onu, a New York, perché quando i paesi poveri chiedono di parlare di immigrazione, quelli ricchi, soprattutto gli europei, si chiudono a riccio, oppure si ritrova in Germania che, per paura di una “invasione", chiede di bloccare per qualche anno la libera circolazione dei lavoratori dei paesi dell’Est europeo che stanno per essere ammessi all’Unione. L’immigrazione resta, né potrebbe essere diversamente, una questione complessa e difficile, ma deve essere affrontata. Finalmente lo si sta cominciando a fare con lucidità e pragmatismo.